IL DECRETO BANCHE È LEGGE. QUALI SONO LE NOVITÀ INTRODOTTE?

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il Decreto banche (D.L. 59/2016), approvato ieri dalla Camera in via definitiva, contiene importanti novità, quali misure di sostegno alle imprese e di accelerazione del recupero crediti, anche mediante modifiche alle procedure civilistiche di esecuzione forzata e alla legge fallimentare; interventi a favore delle banche in liquidazione; disposizioni finanziarie relative, tra l’altro, alle imposte differite attive e al personale del comparto del credito.

Con riferimento alle misure a sostegno delle imprese, si rileva innanzitutto che per gli imprenditori iscritti nel Registro Imprese viene introdotta la possibilità di garantire i crediti che vengono loro concessi per l’esercizio dell’impresa costituendo un "pegno mobiliare non possessorio", ovvero una forma di garanzia del credito che consente al debitore di non spossessarsi del bene mobile che ne è oggetto, e ciò, anche per crediti concessi a terzi, fermo restando il requisito dell’attinenza all'esercizio dell’impresa. La mancata disponibilità del bene da parte del creditore garantito è comunque compensata da forme di pubblicità consistenti nell'iscrizione della garanzia in un apposito registro informatizzato tenuto dall'Agenzia delle Entrate.

Il Decreto banche disciplina altresì il finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari, sospensivamente condizionato, introducendo il nuovo art. 48-bis al D.Lgs. 385/93 (TUB). In particolare, la norma citata prevede che, in caso di mancato pagamento del debito, il creditore potrà attivare la procedura per rivalersi sul diritto immobiliare posto a garanzia, notificando al debitore o al titolare del diritto reale immobiliare la volontà di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento e chiedendo al presidente del tribunale del luogo dove si trova l’immobile la nomina di un perito per la stima del diritto immobiliare reale oggetto del patto. Il trasferimento può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare è sottoposto a esecuzione forzata per espropriazione e, ai fini del concorso tra i creditori, il patto a scopo di garanzia è equiparato all'ipoteca.

Il decreto legge in parola prevede anche l’istituzione, al Ministero della Giustizia, di un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d’insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi, nonché misure acceleratorie della procedura di espropriazione forzata mediante modifiche al codice di procedura civile. Ad esempio, è previsto che il pignoramento debba contenere l'avvertimento che l'opposizione all'esecuzione, a norma dell’art. 615 secondo comma terzo periodo c.p.c., è inammissibile se è proposta dopo la vendita o l’assegnazione del bene pignorato.

Infine, si segnala che il provvedimento citato introduce modifiche alla legge fallimentare, al fine di velocizzare le procedure, e prevede che i soggetti che vogliano continuare ad avvalersi della trasformazione in credito d’imposta delle DTA (imposte differite attive) iscritte in bilancio dovranno esercitare l’opzione ed effettuare il versamento del canone entro il 31 luglio 2016. A tal fine, i soggetti interessati devono esercitare apposita opzione irrevocabile e pagare un canone annuo dell'1,5% entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi.

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IN ARRIVO 100 MILA COMUNICAZIONI DA PARTE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE: COSA FARE?

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L’Agenzia delle Entrate sta recapitando ai contribuenti circa 100 mila comunicazioni per segnalare possibili errori nelle dichiarazioni relative ai redditi 2012. Dopo il debutto, lo scorso anno, delle prime comunicazioni per la compliance, questa nuova tornata di invii intensifica ulteriormente la collaborazione tra Fisco e contribuenti.

I destinatari di tali comunicazioni sono i contribuenti persone fisiche, tra cui anche i titolari di partita IVA. Sulla base delle informazioni in possesso del Fisco, questi ultimi non avrebbero inserito alcuni redditi nella dichiarazione presentata nel 2013 relativamente all'anno 2012, redditi rimasti quindi esclusi dalla formazione della base imponibile. Si tratta di errori o semplici dimenticanze che, in passato, avrebbero subito fatto partire l’avviso di accertamento e che, invece, con la nuova impostazione impressa ai controlli, vengono preventivamente rimessi all'attenzione del contribuente.

Le comunicazioni saranno spedite con posta ordinaria o, per i titolari di partita IVA, agli indirizzi PEC (ovvero, di posta elettronica certificata registrati nell'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata, istituito presso il ministero dello Sviluppo economico).

Il contribuente che riceve la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate ha due possibilità:
1) se ritiene condivisibili i rilievi formulati dall'Amministrazione, può correggerli tramite il ravvedimento operoso ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/97, presentando una dichiarazione integrativa e versando le maggiori imposte dovute, i relativi interessi e le sanzioni in misura ridotta (1/6), correlate alla infedele dichiarazione;
2) laddove invece il contribuente necessiti di ulteriori informazioni o nel caso in cui non ritenga corrette le segnalazioni contenute nella comunicazione ricevuta, potrà contattare l’Agenzia delle Entrate oppure uno degli uffici territoriali della direzione provinciale dell'AE, utilizzando il canale di assistenza Civis, che consente anche di inviare in formato elettronico gli eventuali documenti utili.

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REGNO UNITO: FUTURO DA PARADISO FISCALE?

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Con il referendum del 23 giugno 2016, il Regno Unito si è espresso favorevolmente alla propria definitiva uscita dall'Unione Europea. Ma quali saranno le conseguenze fiscali di una scelta simile, soprattutto in ambito internazionale?

Innanzitutto, è facile immaginare che, alla luce del risultato referendario, una serie di agevolazioni e semplificazioni, di cui godono i Paesi aderenti alla UE, decadranno automaticamente o, quantomeno, dovranno essere gestite in modo parallelo, come già avviene per i Paesi non UE aderenti allo Spazio economico europeo.

Ad esempio, le imposte dirette, le imposte doganali e l'imposta sul valore aggiunto subiranno inevitabilmente importanti modifiche. Basti pensare che dovrebbero venir meno le agevolazioni previste dalla direttiva interessi e royalties (esonero dall'imposta italiana per interessi e canoni pagati tra società consociate all'interno della UE) e dalla direttiva "madre-figlia" (esenzione dall'imposta italiana su dividendi ed altri strumenti finanziari equiparati distribuiti da una società "figlia" italiana alla società "madre" o sua stabile organizzazione situate in un altro Stato membro della UE).

Anche le operazioni straordinarie transnazionali che coinvolgeranno soggetti UK, nonché spostamenti di sede in UK da parte di soggetti residenti UE, dovrebbero perdere il beneficio della neutralità fiscale. Dovrebbe essere nuovamente applicabile la ritenuta di cui all'art. 26, comma 1, del D.P.R. 600/1973 sugli interessi ed altri proventi corrisposti ai possessori di obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie emesse dai soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 23 del TUIR. Inoltre, gli interessi derivanti da finanziamenti a medio lungo termine alle imprese italiane erogati da banche UK dovrebbero scontare la ritenuta a titolo d’imposta di cui all'art. 26, comma 5, del D.P.R. 600/1973.

Veniamo ora all'aspetto centrale della questione. Considerata l’autonomia in termini di aliquote fiscali che il Regno Unito ha acquisito all'indomani dell'esito referendario e le già annunciate possibili riduzioni in tal senso, potrebbe accadere che lo stesso debba essere considerato in futuro un Paese a fiscalità privilegiata. Non è inverosimile pensare infatti che il Regno Unito, a seguito dell'uscita dalla UE, possa decidere di adottare politiche fiscali più favorevoli, al fine di attrarre maggiori investimenti e competere con molti governi europei, quali Olanda, Lussemburgo e Malta.

Conseguentemente, problematiche potrebbero sorgere in tema di normativa CFC. Non essendo il Regno Unito più un Paese UE, le società controllate ivi stabilite potrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della disciplina generale di cui all'art. 167, comma 1, del TUIR, che prevede la tassazione per trasparenza dei redditi conseguiti dai soggetti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al successivo comma 4, che, così come modificato dalla Legge 208/2015, sancisce definitivamente l’abbandono del sistema di elencazione tassativa dei Paesi black list, prevedendo che "I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia".

Infine, tutto ciò comporterebbe conseguenze anche in termini di tassazione di dividendi e plusvalenze. Ai sensi degli artt. 47, comma 4, e 68, comma 4, del TUIR (nonché dei corrispondenti artt. 89, comma 3, e 87, comma 1, del TUIR), infatti, gli utili e le plusvalenze derivanti da partecipazioni provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile.

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NULLO L'ACCERTAMENTO AL LAVORATORE AUTONOMO BASATO SOLO SULLE MOVIMENTAZIONI BANCARIE

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'accertamento emesso nei confronti di un lavoratore autonomo e/o professionista che si fondi solo su movimentazioni bancarie sospette è nullo, in quanto la presunzione di cui all'art. 32 del D.P.R. 600/1973 è valida solo per gli imprenditori e non più per i lavoratori autonomi. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 21 giugno 2016, n. 12779.

Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 228/2014, aveva dichiarato illegittima la presunzione di cui all'art. 32 citato, prevista invece per l’imprenditore, secondo cui i prelevamenti bancari operati da un libero professionista, non supportati da documentazione fiscale giustificativa, rappresentassero materiale imponibile da assoggettare a tassazione, in virtù del fatto che non può per gli stessi presumersi, posta la peculiarità delle attività autonome, che gli stessi (prelevamenti) trovino ragion d’essere nell'attività professionale svolta, come accade per l’imprenditore nella formazione del reddito d’impresa.

In altri termini, secondo la Consulta, solo nella logica d’impresa il prelievo si può ascrivere all'acquisto di fattori produttivi impiegati nella produzione di beni e servizi, non potendo affermarsi lo stesso nell'ipotesi di formazione del reddito professionale (lavoratore autonomo). E ciò, in ragione della quasi fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali.

Sulla scorta di tale principio, i Giudici di Piazza Cavour, nella pronuncia in commento, hanno precisato innanzitutto che "il mutamento normativo prodotto da una pronuncia d'illegittimità costituzionale, configurandosi come ius superveniens, impone, anche nella fase di cassazione, la disapplicazione della norma dichiarata illegittima e l'applicazione della disciplina risultante dalla decisione anzidetta".

Successivamente, i medesimi hanno concluso affermando che il venir meno dell’equiparazione tra il professionista e l’impresa sul piano delle indagini bancarie svolte a carico dei contribuenti, è stata pienamente recepita dalla Suprema Corte che ha affermato il principio di diritto secondo cui "la presunzione di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali … sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale per gli anni anteriori".

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FISCALITÀ INTERNAZIONALE: NUOVO CRITERIO DI INDIVIDUAZIONE PER I PAESI BLACK LIST

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Lo scorso 31 maggio la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato un interessante documento che analizza il nuovo criterio valevole ai fini dell’individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato. Come noto, l’articolo 167, comma 4, del Tuir, così come modificato dalla Legge 208/2015, dispone che "I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia".

In conseguenza di tale modifica, ne è derivato, da un lato, l’abbandono del sistema di elencazione tassativa del Paesi black list e, dall'altro, l’inserimento di un criterio "automatico" stabilito ex lege, che consiste nella presenza nello Stato di residenza o di localizzazione della società controllata o partecipata di un livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.

Premesso che tale previsione comporterà un aggravio per le imprese, poiché esse saranno tenute ad un continuo monitoraggio degli ordinamenti tributari esteri, il documento pone due ordini di questioni:

  • in primo luogo, occorre chiarire cosa si debba intendere con la locuzione "livello nominale di tassazione", atteso che il termine "nominale" non era stato mai utilizzato per regolare la fattispecie. Sul tema viene precisato che "il livello nominale di tassazione, per quanto riguarda il regime fiscale generale di uno Stato, debba farsi coincidere con l’aliquota nominale di imposizione societaria; per quanto riguarda i regimi fiscali speciali, soccorre la Circolare 207/E-237953 del 16 novembre 2000 nella quale l’Agenzia delle Entrate precisò che oltre alle aliquote nominali rilevano anche quelle "regole di formazione della base imponibile notevolmente difformi, con la conseguenza che la tassazione risulta di fatto sensibilmente inferiore". Poi bisogna capire quali siano le imposte da includere nel calcolo del livello nominale di tassazione. A parere della Fondazione, per ragioni di ordine sistematico, sarebbe preferibile il riferimento alla sola Ires, escludendo invece l’Irap.
  • in secondo luogo, bisogna individuare le discipline contenute nel Tuir - oltre a quella sulle CFC - alle quali risulta applicabile il nuovo criterio di identificazione dei Paesi a fiscalità privilegiata. Il dato può essere tratto direttamente dal disposto normativo della Legge 208/2015, che all'art. 1, comma 143, ne estende l’ambito applicativo alle seguenti fattispecie:
    1. concorso integrale alla formazione del reddito imponibile degli utili da partecipazione provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato ex articolo 47, comma 4 del Tuir;
    2. concorso integrale alla formazione del reddito imponibile delle plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni, titoli e strumenti finanziari emessi da società residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato ex articolo 68, comma 4, del Tuir;
    3. requisito della residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a fiscalità privilegiata ai fini dell’applicabilità del regime della participation exemption ex articolo 87, comma 1, lett. c), del Tuir;
    4. regime di esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti ex articolo 168, comma 3, del Tuir.

Infine, si rileva che la novella apportata dalla Legge di Stabilità 2016 produrrà i suoi effetti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 e, quindi, risulterà applicabile per la prima volta nella dichiarazione dei redditi da presentare nel 2017.

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PER LE START UP FINO A 30 MILA EURO A FONDO PERDUTO

PIN – Pugliesi Innovativi è la nuova iniziativa che intende offrire ai giovani pugliesi occasioni di apprendimento attraverso la sperimentazione di progetti imprenditoriali ad alto potenziale di sviluppo locale nei seguenti ambiti:

- Innovazione culturale (es: valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale e artistico; turismo; sviluppo sostenibile etc.);
- Innovazione tecnologica (es: innovazioni di prodotto e di processo; media e comunicazione; nuove tecnologie etc.);
- Innovazione sociale (es: servizi per favorire l'inclusione sociale, il miglioramento della qualità della vita, l'utilizzo di beni comuni etc.).

La misura è rivolta a gruppi informali di almeno due giovani residenti in Puglia, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che hanno un'idea imprenditoriale innovativa e vogliono svilupparla.

Il bando funzionerà a sportello e PIN supporta i progetti giovanili sia con un finanziamento di entità compresa tra 10.000 e 30.000 euro a fondo perduto a copertura delle spese di gestione e degli investimenti del primo anno di attività, sia con servizi di affiancamento e rafforzamento delle competenze dei partecipanti.

La presentazione delle candidature, a partire dal 1° settembre 2016, è interamente online, attraverso il sito pingiovani.regione.puglia.it.

Per ricevere maggiori informazioni contattaci e scarica la Scheda informativa PIN.


CONTRADDITTORIO OBBLIGATORIO IN TEMA DI IVA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

In tema di IVA (tributo armonizzato) sussiste un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale; tuttavia, il contribuente, per dimostrare che l’eccezione non è meramente pretestuosa, deve allegare i motivi specifici che avrebbe addotto in sede di confronto con l’Amministrazione finanziaria. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 26 maggio 2016, n. 10903, conformemente alla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 24823/2015.

Come noto, le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, previo articolato excursus, avevano affermato che, in caso di verifiche "a tavolino" aventi ad oggetto il recupero di imposte "non armonizzate", l’Amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale.

Ciò perché nell'ordinamento nazionale, a differenza del diritto dell’Unione Europea, non è previsto un obbligo generalizzato di ricorrere al contraddittorio ogni qual volta l’Agenzia delle Entrate adotti un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente che comporti, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Quindi, secondo la Suprema Corte, dal confronto tra diritto nazionale e comunitario emerge che, in tema di tributi "non armonizzati", l’instaurazione del contraddittorio costituisce un obbligo solo nel caso in cui sia espressamente prevista dalla legge.

Diversamente, in tema di tributi "armonizzati", l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale è generalizzato e la mancata instaurazione comporta - ex se - l’invalidità dell’atto, purché il contribuente dimostri, in sede giudiziale che, in mancanza di tale violazione, il procedimento avrebbe comportato un risultato diverso.

Conseguentemente, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione finanziaria comporta l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato e che l’opposizione di dette ragioni - valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio - non si riveli puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo, rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.

La sentenza in esame riveste particolare importanza laddove, in linea con l’orientamento già espresso, ribadisce che, fuori dei casi di un obbligo codificato, la presunta violazione del contraddittorio non deve essere invocata in termini generici e astratti, incombendo sul contribuente l’onere di dimostrare che, a fronte del mancato rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale, effettivamente "tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso".

Ciò vuol dire che chi eccepisce il difetto di contraddittorio ha l’onere di dimostrare che, se il contraddittorio vi fosse stato, egli avrebbe introdotto elementi che potevano potenzialmente e ragionevolmente allargare il quadro istruttorio da tener presente per la decisione.
Risulta dunque pretestuosa un'eccezione di difetto del contraddittorio che non si accompagni all'allegazione di elementi potenzialmente rilevanti in rapporto all'oggetto della contestazione, comunque da verificare nella loro fondatezza.

Con la sentenza in commento, la Cassazione affronta anche un altro aspetto, fortemente sostenuto in dottrina e ricalcato da alcuni Corti di merito, in ordine ad un supposta violazione dei principi costituzionali derivanti dalla duplicità di trattamento giuridico tra "tributi armonizzati" e "tributi non armonizzati".

Al riguardo, i giudici di legittimità sostengono che l'assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell'inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contraddittorio procedimentale.
L'affermata insussistenza, nell'ordinamento tributario nazionale, di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale non violerebbe né l’articolo 24 della Costituzione, né l’articolo 111 della Costituzione.

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LE NOVITÀ SUI BENI IN TRUST PER I DISABILI GRAVI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Legge c.d. "Dopo di noi", approvata dalla Camera lo scorso 14 giugno, introduce misure di favore volte a tutelare le persone affette da una grave disabilità, che siano prive di sostegno familiare perché mancanti di entrambi i genitori o perché questi ultimi non siano in grado di fornire un adeguato supporto genitoriale.

Nel rispetto di una pluralità di condizioni espressamente indicate dalla legge citata, le misure di assistenza e le agevolazioni fiscali previste in favore delle persone con disabilità grave sopra indicati sono molteplici:

- innanzitutto, viene introdotto un generale principio di esenzione dall'imposta sulle successioni e donazioni dei beni e dei diritti conferiti in trust, ovvero gravati da vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. o destinati a fondi speciali composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratti di affidamento fiduciario;

- è poi prevista l'applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa ai trasferimenti di beni e di diritti in favore dei trust, ovvero dei vincoli di destinazione di cui all'art. 2645-ter c.c. o dei fondi speciali;

- è prevista l'esenzione dall'imposta di bollo per gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, le copie conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni e le attestazioni posti in essere o richiesti dal trustee ovvero dal gestore del vincolo di destinazione ovvero dal fiduciario del fondo speciale;

- ancora, è prevista la possibilità per i Comuni di prevedere aliquote ridotte, franchigie o esenzioni IMU in capo ai soggetti passivi di imposta, con riguardo ai conferimenti di immobili e di diritti reali sugli stessi nei trust ovvero di loro destinazione ai fondi speciali;

- infine, è prevista la deducibilità di erogazioni liberali, donazioni e atti a titolo gratuito effettuati dai privati nei confronti dei trust o dei fondi speciali, con limiti innalzati al 20% del reddito imponibile e a 100.000 euro.

Tali misure entreranno in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2017, ad eccezione della deducibilità da ultimo citata, che potrà essere fatta valere già dal periodo di imposta 2016.

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BENI D'IMPRESA: I CHIARIMENTI DELL'AE SULLE NUOVE OPPORTUNITÀ

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'Agenzia delle Entrate, con circolare n. 26/E del 1° giugno 2016, ha fornito chiarimenti in merito al regime fiscale agevolato di carattere temporaneo introdotto dalla Legge di Stabilità 2016, volto a consentire l'assegnazione e la cessione agevolata ai soci di taluni beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri, nonché per la trasformazione in società semplici delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni.

In particolare, la disciplina individua come beni agevolabili:
- i beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione (ovvero quelli diversi dai beni utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'attività d'impresa);
- i beni mobili iscritti in pubblici registri, non utilizzati come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa.

L'agevolazione si sostanzia nella possibilità, in capo alla società, di assegnare o cedere i beni ai soci mediante l'assolvimento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap (8% ovvero 10,5%, per le società considerate non operative o in perdita sistematica), in luogo dell'imposizione ordinaria.

In sintesi, la norma prevede che l'imposta sostitutiva sia applicata su una base imponibile determinata dalla differenza tra il valore normale del bene assegnato e il suo costo fiscalmente riconosciuto. Il valore normale, in deroga all'articolo 9 del Tuir, può essere determinato anche applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto i moltiplicatori previsti dal comma 4, primo periodo, dell'articolo 52 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (D.P.R. 131/1986).

In linea con le argomentazioni contenute in precedenti documenti di prassi (cfr., Circolare n. 20/2002), il pagamento della citata imposta sostitutiva risulta definitivo e liberatorio per i soci assegnatari di qualsiasi ulteriore tassazione.
Nell'ipotesi di cessione di beni immobili della tipologia summenzionata, tuttavia, la determinazione dell'imposta sostitutiva deve avvenire con modalità peculiari. Infatti, in linea generale, l'aliquota agevolata si deve applicare alla differenza tra il corrispettivo di cessione e il costo fiscalmente riconosciuto dei predetti beni.
Qualora, però, il corrispettivo della cessione fosse inferiore al valore normale del bene (determinato ai sensi dell'articolo 9 del Tuir o al valore determinato applicando i moltiplicatori al valore catastale come sopra precisato), ai fini del calcolo dell'imposta sostitutiva deve essere considerato un "valore normale" non inferiore a una delle due modalità di calcolo previste.

In ultimo, si ricorda che la disciplina in commento ha regolamentato tra le ipotesi agevolative anche la possibilità per gli imprenditori individuali di procedere all'esclusione/estromissione dei beni immobili strumentali dal patrimonio dell'impresa mediante il pagamento di una imposta sostitutiva. In tal caso, l'agevolazione potrà riguardare la totalità degli immobili strumentali di cui all'articolo 43, comma 2, del Tuir (strumentali sia per natura che per destinazione), posseduti dall'imprenditore individuale alla data del 31 ottobre 2015.

Non sono previste, inoltre, specifiche disposizioni agevolative in materia di imposta sul valore aggiunto e, di conseguenza, le assegnazioni, le cessioni e le trasformazioni agevolate saranno assoggettate a Iva secondo le regole ordinarie dettate dal D.P.R. 633/1972, in linea con le disposizioni della direttiva 2006/112/CE.

Le principali novità interpretative rinvenibili nella circolare sono così sintetizzabili:

1) gli enti non commerciali e le società non residenti nel territorio dello Stato che hanno una stabile organizzazione in Italia non rientrano - in quanto esclusi dal tenore letterale della norma - tra i soggetti destinatari della disciplina in esame;
2) nei casi di fusione o di scissione, ai soci possono essere assegnati con la disciplina agevolata tutti i beni risultanti in capo alla nuova società (incorporante risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione), purché gli stessi siano agevolabili;
3) il cambiamento di destinazione d'uso anche se effettuato in prossimità della data di assegnazione per acquisire lo status di bene agevolabile è scelta preordinata all'esercizio di una facoltà prevista dal legislatore dalla quale origina un legittimo risparmio di imposta non sindacabile ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 212/2000;
4) nel caso in cui la società risulti titolare della nuda proprietà e abbia dato in usufrutto il bene al socio (ossia, di un diritto reale parziale sul bene) è possibile beneficiare della disciplina in esame qualora la società si liberi del suo diritto reale parziale assegnando definitivamente il bene al socio;
5) nell'ipotesi di società che si trovano in una fase in cui non è esercitata alcuna attività d'impresa, ma si è in presenza di una mera fase di chiusura dei rapporti di credito/debito verso terzi finalizzata alla cessazione dell'attività (a titolo di esempio, liquidazione), gli immobili possono, in linea generale, rientrare nell'assegnazione agevolata in esame;
6) nel caso di soggetti che affiancano all'attività di mera percezione di canoni di locazione/affitto (passive income) l'esecuzione di una serie di servizi complementari e funzionali all'utilizzazione unitaria del complesso immobiliare, l'inclusione nella disciplina agevolata è consentita a condizione che la prestazione di tali servizi sia "essenziale e determinante".

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IL FONDO PATRIMONIALE NON FERMA L'IPOTECA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L’iscrizione ipotecaria per debiti tributari, eseguita ex art. 77 del D.P.R. n. 602/73, su beni oggetto di fondo patrimoniale è legittima. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 25 maggio 2016, n. 10794, che è tornata ad occuparsi dell'annosa questione della protezione offerta dal fondo patrimoniale.

Con la pronuncia in commento, i Giudici di legittimità hanno affermato che l’iscrizione ipotecaria eseguita su beni oggetto di fondo patrimoniale è legittima sulla base della considerazione per la quale l’ipoteca esattoriale non ha natura di atto preordinato all'espropriazione, dovendo piuttosto essere considerata, come già statuito dalle Sezioni Unite (cfr., SS.UU., sentenza n. 15354/2015 e SS.UU., sentenza n. 19667/2014), un atto riferito ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria.

In altri termini, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’iscrizione ipotecaria esattoriale non possa rientrare tra gli atti esecutivi, bensì tra le misure cautelari (o meglio “deterrenti”), essendo l’ipoteca solo propedeutica ad una eventuale, e non ancora certa, fase esecutiva. Conseguentemente, se l’ipoteca non è preordinata all'espropriazione, allora può essere iscritta anche su beni del fondo patrimoniale, in merito ai quali, in costanza dei requisiti previsti dal codice civile, non può esserci esecuzione.

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