Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

In tema di IVA (tributo armonizzato) sussiste un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale; tuttavia, il contribuente, per dimostrare che l’eccezione non è meramente pretestuosa, deve allegare i motivi specifici che avrebbe addotto in sede di confronto con l’Amministrazione finanziaria. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 26 maggio 2016, n. 10903, conformemente alla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 24823/2015.

Come noto, le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, previo articolato excursus, avevano affermato che, in caso di verifiche “a tavolino” aventi ad oggetto il recupero di imposte “non armonizzate”, l’Amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale.

Ciò perché nell’ordinamento nazionale, a differenza del diritto dell’Unione Europea, non è previsto un obbligo generalizzato di ricorrere al contraddittorio ogni qual volta l’Agenzia delle Entrate adotti un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente che comporti, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Quindi, secondo la Suprema Corte, dal confronto tra diritto nazionale e comunitario emerge che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’instaurazione del contraddittorio costituisce un obbligo solo nel caso in cui sia espressamente prevista dalla legge.

Diversamente, in tema di tributi “armonizzati”, l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale è generalizzato e la mancata instaurazione comporta – ex se – l’invalidità dell’atto, purché il contribuente dimostri, in sede giudiziale che, in mancanza di tale violazione, il procedimento avrebbe comportato un risultato diverso.

Conseguentemente, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione finanziaria comporta l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato e che l’opposizione di dette ragioni – valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio – non si riveli puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo, rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.

La sentenza in esame riveste particolare importanza laddove, in linea con l’orientamento già espresso, ribadisce che, fuori dei casi di un obbligo codificato, la presunta violazione del contraddittorio non deve essere invocata in termini generici e astratti, incombendo sul contribuente l’onere di dimostrare che, a fronte del mancato rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale, effettivamente “tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”.

Ciò vuol dire che chi eccepisce il difetto di contraddittorio ha l’onere di dimostrare che, se il contraddittorio vi fosse stato, egli avrebbe introdotto elementi che potevano potenzialmente e ragionevolmente allargare il quadro istruttorio da tener presente per la decisione.
Risulta dunque pretestuosa un’eccezione di difetto del contraddittorio che non si accompagni all’allegazione di elementi potenzialmente rilevanti in rapporto all’oggetto della contestazione, comunque da verificare nella loro fondatezza.

Con la sentenza in commento, la Cassazione affronta anche un altro aspetto, fortemente sostenuto in dottrina e ricalcato da alcuni Corti di merito, in ordine ad un supposta violazione dei principi costituzionali derivanti dalla duplicità di trattamento giuridico tra “tributi armonizzati” e “tributi non armonizzati”.

Al riguardo, i giudici di legittimità sostengono che l’assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contraddittorio procedimentale.
L’affermata insussistenza, nell’ordinamento tributario nazionale, di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale non violerebbe né l’articolo 24 della Costituzione, né l’articolo 111 della Costituzione.

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