Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Con risoluzione AdE 140/E/2017, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una interpretazione alquanto “bizzarra” in tema di accollo del debito d’imposta in compensazione, di cui all’articolo 8, comma 2, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti dei contribuenti) secondo cui “… è ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”.
Nel citato documento di prassi, infatti, viene negata la possibilità dell’utilizzo, in ambito tributario, dell’accollo del debito d’imposta in compensazione, sostenendo che l’istituto dell’accollo, ancorché praticabile in ambito tributario, non sia esperibile attraverso l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 D.Lgs. 241/1997.
In altri termini, secondo l’Amministrazione finanziaria, il contribuente che vanti un credito d’imposta verso l’Erario, nell’ipotesi in cui volesse accollarsi un debito tributario altrui, potrebbe farlo unicamente immettendo nel circuito erariale moneta contante, essendogli inibita l’utilizzazione del suo credito in compensazione.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale, secondo l’Amministrazione finanziaria, salvo alcuni casi espressamente previsti dalla legge, la compensazione troverebbe applicazione solo per i debiti (ed i relativi crediti) in essere tra i medesimi soggetti e mai tra soggetti diversi.
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