di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di accertamento analitico-induttivo, può considerarsi attendibile la ricostruzione dei ricavi di un ristorante gourmet fondata sulla stima di un utilizzo di scarse quantità di materie prime per il confezionamento di ogni porzione, in quanto la clientela che ricerca una cucina di alto livello, attribuisce rilevanza non alle quantità di prodotto, ma alla presentazione del piatto e al gusto ricercato della pietanza.
Sono queste le conclusioni desumibili dalla lettura dell’ordinanza n. 6618, depositata ieri 1° marzo, con cui la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di accertamento a carico di un ristorante di alto livello (sono note, infatti, le metodologie ricostruttive del c.d. tovagliometro, bottigliometro, ecc.).
La vicenda in esame trae origine dalla notifica ad una S.a.s., esercente l’attività di ristorazione, e ai suoi soci di alcuni avvisi di accertamento, con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione i maggiori ricavi non dichiarati in relazione ai periodi di imposta 2004 e 2005.
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