di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23095 depositata ieri 14 giugno, è tornata ad occuparsi delle circostanze del reato e, in particolare, della circostanza aggravante prevista dall’articolo 13-bis, comma 3, D.Lgs. 74/2000 relativa all’ipotesi in cui il delitto di dichiarazione fraudolenta sia «commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario».
La vicenda in esame trae origine dalla frode fiscale operata da un gruppo societario, da cui è poi scaturita la contestazione, a carico dell’indagato, di essere il “commercialista” delle società operative del gruppo e, quindi, di aver preso parte, in tale qualità, al meccanismo fraudolento posto in essere dai rappresentanti legali delle varie società coinvolte, con l’aggravante di cui al citato articolo 13-bis, comma 3.
Il riesame proposto dal prevenuto avverso l’ordinanza del GIP veniva rigettato con ordinanza del Tribunale di Milano. Questi, pertanto, proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con cui lamentava la nullità dell’ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 125, 321 e 324 cod. proc. pen., nonché articoli 2 e 13-bis D.lgs. 74/2000.
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