Un patrimonio senza confini crea nuovi equilibri giuridici
Le famiglie imprenditoriali e i private clients si muovono oggi in uno scenario profondamente diverso rispetto al passato. Figli che studiano e lavorano all’estero, residenze distribuite tra più Paesi, partecipazioni societarie internazionali, immobili in diverse giurisdizioni: la ricchezza è ormai globale, mentre la normativa in tema di successione resta ancorata a principi nazionali, spesso molto differenti tra loro.
In questo contesto, il trust è diventato uno degli strumenti più utilizzati per la pianificazione del passaggio generazionale. Ma proprio il suo carattere internazionale solleva interrogativi delicati, soprattutto quando entra in gioco la successione necessaria prevista dall’ordinamento italiano.
Il ruolo del Regolamento UE 650/2012 e il “vuoto” sui trust
Il Regolamento europeo 650/2012 ha rappresentato un grande passo avanti nella disciplina delle successioni transfrontaliere. Stabilisce criteri uniformi per individuare la legge applicabile alla successione, ma non interviene sui trust, lasciando un’area grigia in cui si intrecciano la legge regolatrice del trust, la legge della successione e i principi inderogabili sulla legittima.
Questo crea un dialogo complesso tra ordinamenti diversi, soprattutto quando il trust incide su beni situati in Italia o quando gli eredi legittimari sono cittadini o residenti italiani.
La giurisprudenza italiana: apertura verso i trust, protezione della legittima
La giurisprudenza più recente mostra un orientamento sempre più maturo. I tribunali italiani riconoscono la validità dei trust regolati da leggi straniere, ne rispettano la struttura e valorizzano la funzione di pianificazione patrimoniale.
Allo stesso tempo, però, garantiscono una tutela rigorosa dei legittimari.
Il punto chiave è la ricostruzione economica dell’atto di conferimento: se il disponente, attraverso il trust, priva i legittimari della propria quota di riserva, il conferimento può essere aggredito mediante azione di riduzione, indipendentemente dalla veste formale dello strumento utilizzato.
In altre parole, ciò che conta non è il contenitore giuridico, ma l’effetto sostanziale.
Poteri del disponente e trust autodichiarato: dove nascono i rischi
Una delle situazioni più delicate riguarda i trust in cui il disponente mantiene un controllo eccessivo: poteri di revoca, ampia discrezionalità, gestione unilaterale dei beni e ruolo di beneficiario unico.
Questi elementi possono indurre i giudici a ritenere il trust non sufficientemente autonomo, esponendolo a contestazioni.
Il trust autodichiarato, in particolare, è spesso più vulnerabile perché manca la separazione “fisica” tra disponente e trustee.
Come costruire un trust sostenibile nel tempo e inattaccabile
La soluzione consiste in una progettazione accurata.
Un trust solido deve essere integrato nel sistema successorio e non deve presentarsi come uno strumento elusivo. Occorre quindi:
– limitare i poteri del disponente,
– rendere chiara la volontà di pianificazione,
– coordinare testamento, trust e patti successori,
– valutare in anticipo l’impatto sui legittimari secondo la legge applicabile alla successione.
Questo approccio consente di costruire un trust solido, rispettoso delle diverse normative e capace di durare nel tempo.
Il vero obiettivo: armonizzare, non aggirare
La pianificazione internazionale non è un gioco di incastri formali, ma un percorso strategico che deve rispettare i principi fondamentali degli ordinamenti coinvolti.
Un trust ben progettato può diventare uno strumento straordinario per garantire protezione, continuità e trasparenza.
Non serve a eludere la legittima, ma a armonizzare esigenze familiari, equilibri patrimoniali e norme transnazionali, evitando conflitti futuri e costruendo un progetto successorio coerente.
© Riproduzione riservata