Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’accertamento bancario è nullo se l’Ufficio, a seguito dell’espletamento delle indagini finanziarie, non conceda al contribuente trenta giorni di tempo, a partire dalla data di ricevimento dell’apposito invito a comparire, per fornire giustificazioni circa i movimenti finanziari contestati. È questo il principio sancito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 3677 del 22 aprile 2016.
Con la pronuncia in commento, i Giudici meneghini hanno affermato tout court che, se non è rispettato il termine di trenta giorni tra la data di ricevimento dell’invito da parte del contribuente e la data fissata per la sua presentazione in Ufficio, il conseguente avviso di accertamento è nullo.
Ciò sulla base della considerazione per la quale l’art. 32, comma 2 del D.P.R. 600/1973 dispone espressamente che gli inviti e le richieste dell’Ufficio devono essere notificati ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973 e dalla data di notifica decorre il termine fissato dall’Ufficio per l’adempimento, che non può essere inferiore a 15 giorni ovvero per il caso di cui al n. 7) a 30 giorni.
In definitiva, il mancato rispetto del predetto termine determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso, atteso che esso viene considerato termine perentorio e non ordinatorio, come sostenuto dall’Ufficio. In ogni caso, si rileva che il termine di trenta giorni considerato dai Giudici milanesi non sembra corretto poiché il caso di cui al n. 7) dovrebbe fare riferimento esclusivamente alle richieste dell’Amministrazione finanziaria agli operatori finanziari e soggetti assimilati.
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