Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Ai fini della deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti concessi da terzi, è necessario che il contribuente esibisca il relativo contratto di finanziamento, sottoscritto in data certa, dal quale sia rilevabile il saggio degli interessi applicati. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4615 del 9 marzo 2016.
La vicenda trae origine dall’avvenuta deduzione, da parte di una srl, delle somme a titolo di interessi passivi su debiti verso società collegate, che l’Amministrazione finanziaria contestava poiché la citata srl si era limitata a documentare il rapporto di conto corrente con la sua controllante senza produrre alcunché relativamente al finanziamento contestato.
Con la pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour, accogliendo la tesi difensiva dell’Amministrazione finanziaria, hanno affermato che mancava il necessario riferimento all’esistenza di un vero e proprio contratto di finanziamento tra le due società, alla sua sottoscrizione, ad opera delle parti, in data certa e, soprattutto, ai suoi contenuti, con particolare riguardo al tasso applicato, ai fini della doverosa verifica della deducibilità degli interessi passivi.
In definitiva, quindi, la Suprema Corte ha ritenuto che, ai fini della deducibilità degli interessi passivi corrisposti in virtù di un finanziamento ricevuto, è necessario che il contribuente esibisca il contratto di finanziamento regolarmente sottoscritto dai contraenti e provvisto di data certa, dal quale si rinvenga la misura del saggio di interesse applicato, affinché l’Amministrazione finanziaria possa verificare che gli interessi passivi siano stati dedotti nella misura contrattualmente prevista.
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