Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Il contribuente che intenda far valere l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione in ordine al mancato riconoscimento di deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o di altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, per l’impossibilità, in concreto, del verificarsi di effetti elusivi, non è tenuto obbligatoriamente ad avanzare istanza di interpello disapplicativo, incorrendo altrimenti nella decadenza dal diritto ad ottenere la disapplicazione delle disposizioni antielusive, ma può far valere la medesima pretesa direttamente in sede giudiziale, con correlativo obbligo del giudice di pronunciarsi in merito.
È questo l’innovativo principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 5953, depositata ieri 4 marzo, la quale è intervenuta per la prima volta sul punto, richiamando gli arresti giurisprudenziali in tema di impugnabilità o meno dell’atto di diniego all’istanza di interpello disapplicativo.
La vicenda trae origine dalla notifica ad una società a responsabilità limitata di un avviso di accertamento, relativo al periodo d’imposta 2003, con cui era stata accertata una maggiore Irpeg a seguito del disconoscimento, da parte dell’amministrazione finanziaria, per difetto dei requisiti di cui all’articolo 123, comma 5, Tuir, dell’utilizzo in compensazione di perdite fiscali pregresse maturate da altre società incorporate nella citata S.r.l.
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