Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
La cartella esattoriale deve avere, a pena di nullità, una motivazione congrua, sufficiente ed intellegibile, qualora essa non sia preceduta da un atto di accertamento. È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 6 dicembre 2016, n. 24933.
Nel caso di specie, il contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento, anche per difetto di motivazione, sulla base della considerazione per la quale essa indicava solo il periodo di imposta e il totale degli interessi richiesti in relazione alla revoca di un provvedimento di sospensione (nel contesto di un giudizio su imposta di successione).
I Giudici di merito aditi, sia in primo che in secondo grado, in totale accoglimento di quanto eccepito nel ricorso dal contribuente, avevano annullato la cartella impugnata, ritenendo che essa non fosse sufficientemente motivata. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, dopo aver constatato che la cartella de qua esplicitava solo il periodo di imposta e il totale degli interessi, ma non anche il tasso e il metodo di calcolo utilizzato, ha affermato tout court che la cartella, quando non sia preceduta da un atto di accertamento, deve essere motivata, a pena di nullità, in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, in virtù di quanto disposto dagli artt. 3 della Legge n. 241/1990 e 7 della Legge n. 212/2000.
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