Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Laddove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può
limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 28 giugno 2016, n. 13296.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale il processo tributario non è annoverabile tra quelli di “impugnazione-annullamento”, ma tra i processi di “impugnazione-merito”, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’Ufficio.

Nel caso di specie, invece, il giudice di appello aveva rimesso all’Ufficio l’onere, una volta verificato di essere “incorso nel grossolano materiale errore di computare anche l’IVA tra i maggiori ricavi” accertati, di “procedere al ricalcolo dei ricavi medesimi scorporando dagli stessi l’IVA erroneamente calcolata e rideterminare conseguentemente le imposte effettivamente dovute”, nonché di “procedere all’abbattimento percentuale dei maggiori costi presumibili, correlati ai maggiori ricavi presunti” e di rideterminare le sanzioni irrogate mediante applicazione del regime del cumulo giuridico anche pluriennale (art. 6, comma 5, D.Lgs. 471/1997 e art. 12, comma 5, D.Lgs. 472/1997).

Pertanto, rimettendo alla parte pubblica tali attività, secondo la Suprema Corte, la CTR è venuta meno all’obbligo di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta e delle sanzioni dovute dalla contribuente, “che è oggetto dei poteri del giudice tributario oltre che suo preciso dovere istituzionale” (cfr. Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 26157 del 2013).

In definitiva, la statuizione nella specie adottata dalla CTR si risolve sostanzialmente in una pronuncia parziale, sull’an della pretesa tributaria ma non sul quantum, in violazione del divieto, posto dall’art. 35, comma 3, del D.Lgs. 546/1992, di pronuncia da parte delle commissioni tributarie di sentenza di condanna generica, avente natura di sentenza non definitiva, come correttamente denunciato dalla contribuente nel ricorso per Cassazione.

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