Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Molto spesso accade che il cliente di una banca sia vittima di una truffa informatica mentre utilizza il servizio di home banking, con conseguente perdita di denaro a causa di una appropriazione indebita da parte del soggetto che perpetra la truffa.
Innanzitutto, chiariamo alcuni concetti. Per truffa informatica si intende l’alterazione del funzionamento di un sistema informatico allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Invece, il servizio di home banking è quello che consente al cliente di una banca di disporre dei servizi di pagamento attraverso il sistema informatico, senza la necessità di doversi recare personalmente presso gli sportelli della banca.
Alla luce di quanto previsto dagli articoli 10, 11 e 12 del D. Lgs. 11/2010 (c.d. PSD Payment Services Directive) e dalla più recente giurisprudenza di legittimità, in tali ipotesi sussiste una responsabilità della banca sul presupposto che quest’ultima, nei rapporti contrattuali con il correntista, risponde secondo le regole del mandato ex art. 1856 c.c. e la diligenza cui è tenuta va valutata con particolare rigore: la diligenza del buon banchiere deve essere qualificata dal maggior grado di prudenza e attenzione che la connotazione professionale dell’agente consente e richiede.
Al contrario, la responsabilità del cliente sussiste in caso di comportamento doloso o gravemente colposo e ciò rappresenta l’unico limite alla responsabilità della banca ex art. 1227 c.c.. Ad esempio, la colpa in capo al cliente può in concreto sussistere quando l’aggiramento dei sistemi di sicurezza abbia avuto luogo attraverso metodi truffaldini noti, quali false comunicazioni di scadenza o inviti all’aggiornamento di database, ricevute per email, che il cliente, utilizzando un grado di diligenza minimo, avrebbe potuto ritenere fraudolente.
In definitiva, non è esente da colpa la condotta del cliente che comunichi a malintenzionati, in risposta a email ricevute, i propri codici di accesso al servizio di home banking, consentendo in tal modo ad hacker informatici di inserirsi nel sistema e disporre ordini di pagamento illeciti.
© Riproduzione riservata