Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’accertamento emesso nei confronti di un lavoratore autonomo e/o professionista che si fondi solo su movimentazioni bancarie sospette è nullo, in quanto la presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. 600/1973 è valida solo per gli imprenditori e non più per i lavoratori autonomi. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 21 giugno 2016, n. 12779.
Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 228/2014, aveva dichiarato illegittima la presunzione di cui all’art. 32 citato, prevista invece per l’imprenditore, secondo cui i prelevamenti bancari operati da un libero professionista, non supportati da documentazione fiscale giustificativa, rappresentassero materiale imponibile da assoggettare a tassazione, in virtù del fatto che non può per gli stessi presumersi, posta la peculiarità delle attività autonome, che gli stessi (prelevamenti) trovino ragion d’essere nell’attività professionale svolta, come accade per l’imprenditore nella formazione del reddito d’impresa.
In altri termini, secondo la Consulta, solo nella logica d’impresa il prelievo si può ascrivere all’acquisto di fattori produttivi impiegati nella produzione di beni e servizi, non potendo affermarsi lo stesso nell’ipotesi di formazione del reddito professionale (lavoratore autonomo). E ciò, in ragione della quasi fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali.
Sulla scorta di tale principio, i Giudici di Piazza Cavour, nella pronuncia in commento, hanno precisato innanzitutto che “il mutamento normativo prodotto da una pronuncia d’illegittimità costituzionale, configurandosi come ius superveniens, impone, anche nella fase di cassazione, la disapplicazione della norma dichiarata illegittima e l’applicazione della disciplina risultante dalla decisione anzidetta“.
Successivamente, i medesimi hanno concluso affermando che il venir meno dell’equiparazione tra il professionista e l’impresa sul piano delle indagini bancarie svolte a carico dei contribuenti, è stata pienamente recepita dalla Suprema Corte che ha affermato il principio di diritto secondo cui “la presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali … sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale per gli anni anteriori”.
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