Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La recente riforma della disciplina del diritto d’interpello promette di trasformare l’interpello nello strumento chiave per definire, in via anticipata, le cause di conflittualità con l’Amministrazione finanziaria, nonché di fornire maggiori garanzie e tutele ai contribuenti, inclusi coloro che decidono di non uniformarsi all’eventuale parere sfavorevole reso dalle autorità.
La riforma è stata attuata per mezzo del D.Lgs. 156/2015 che ha integralmente riscritto l’art. 11, Legge 212/2000. Con la circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nel fornire una serie di indicazioni.

Le principali novità sono sintetizzabili come segue:
1) l’istanza di interpello può essere presentata anche da contribuenti non residenti, da sostituti di imposta e i responsabili di imposta;
2) viene abrogato «l’interpello obbligatorio», fatta eccezione per il c.d. interpello disapplicativo. Viene inoltre normativamente prevista la generale non impugnabilità delle risposte agli interpelli;
3) si applica la regola del silenzio-assenso per tutte le tipologie di interpelli;
4) le istanze devono essere presentate prima della scadenza dei termini presentazione della dichiarazione fiscale, ovvero, dell’assolvimento dell’obbligo tributario oggetto dell’interpello;
5) vengono individuate cinque tipologie di interpello, in specie:
i. L’interpello ordinario, con cui si chiede un parere all’Amministrazione finanziaria in presenza di obiettive condizioni di incertezza sull’interpretazione delle disposizioni tributarie, in relazione alla loro applicazione a casi concreti e personali;
ii. L’interpello qualificatorio, con cui si chiede un parere in ordine alla corretta qualificazione della fattispecie quando sussistono specifiche e obiettive condizioni di incertezza (ad esempio, valutazione della sussistenza di un’azienda o di una stabile organizzazione ai fini dell’esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti di cui al nuovo art. 168 TUIR) e sempre che l’istanza sia finalizzata a ottenere chiarimenti sull’applicazione di disposizioni tributarie;
iii. L’interpello probatorio, con cui si chiede un parere sulla sussistenza delle condizioni o sulla idoneità degli elementi probatori offerti dal contribuente ai fini dell’adozione di un determinato regime fiscale. In questa categoria di interpello rientrano diverse tipologie di istanze già presenti nell’ordinamento, quali, ad esempio, le istanze di interpello per le società di comodo; le istanze per il riconoscimento del beneficio ACE.
v. L’interpello anti-abuso con cui si chiede all’Amministrazione se le operazioni che si intende realizzare costituiscano fattispecie di abuso del diritto;
v. l’interpello disapplicativo (unica categoria di interpello obbligatorio rimasta) che consente al contribuente di richiedere un parere in ordine alla sussistenza delle condizioni che legittimano la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive.

L’Amministrazione finanziaria deve rispondere entro 90 giorni per gli interpelli ordinari e qualificatori, 120 giorni per tutte le altre tipologie. In assenza di risposta, si applica il silenzio-assenso. Nel caso di richiesta da parte dell’Amministrazione di documentazione integrativa –possibile una sola volta nel corso dell’istruttoria– i termini si allungano, rispettivamente, di 60 giorni e di 90 giorni.
Le risposte agli interpelli (sia quelle espresse che quelle tacite) vincolano l’Amministrazione finanziaria. In tal senso, eventuali atti emanati in difformità dai pareri (favorevoli alla tesi del contribuente) sono nulli.
Al fine di garantire una maggiore uniformità nelle risposte agli interpelli la competenza è attribuita alle Direzioni regionali, salve le ipotesi espressamente attribuite alla competenza delle Direzioni centrali dal provvedimento. All’Amministrazione finanziaria resta la facoltà di modificare il proprio parere, ma la modifica deve essere motivata (ad esempio, modifica degli orientamenti della giurisprudenza). Tale modifica, inoltre, può avere effetto solo con riferimento agli atti futuri del contribuente.
In caso di interpello disapplicativo (di norme antielusive), ove l’Amministrazione finanziaria intenda modificare il proprio orientamento, essa deve preventivamente interpellare il contribuente per chiedere chiarimenti. Nel caso in cui l’Amministrazione ritenga tali chiarimenti non adeguati e/o insufficienti, l’eventuale atto di accertamento, deve contenere una specifica motivazione in merito alle risposte rese dal contribuente.

Il Legislatore ha introdotto un obbligo di segnalazione in dichiarazione, finalizzato a consentire la “disclosure” del contribuente che non abbia presentato istanza di interpello o che, pur avendola presentata, non si sia adeguato alla risposta negativa fornita dall’Amministrazione. La segnalazione riguarda:
– la semplice circostanza della avvenuta presentazione dell’istanza o meno;
– in altri casi, più puntuali indicazioni previste direttamente dalla norma;
– in altri ancora, oltre alla circostanza che sia stata o meno presentata l’istanza di interpello, una serie di ulteriori elementi informativi individuati dal provvedimento di approvazione del Modello UNICO 2016.
Il nuovo comma 7-ter dell’articolo 11 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, prevede che la mancata presentazione dell’istanza di interpello, ove obbligatoria, sia punita con una sanzione amministrativa da Euro 2.000 ad euro 21.000. Tale sanzione è raddoppiata, sempre in caso di omessa presentazione dell’istanza di interpello, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria disconosca la disapplicazione della norma elusiva autonomamente eseguita dal contribuente.

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