Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Se l’Amministrazione finanziaria ritarda l’esecuzione del rimborso spettante al contribuente, questi può avanzare domanda di ulteriore risarcimento da svalutazione monetaria, che deve essere accordata laddove il medesimo dimostri il danno subito. A tal fine, non può opporsi l’impiego della misura compensativa dell’iscrizione in bilancio degli interessi passivi corrisposti alla Banca, a cui si è fatto ricorso per reperire quella liquidità che il Fisco ha mantenuto indisponibile con il ritardo. È questo il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 8540 del 29 aprile 2016.
La vicenda trae origine da una richiesta di rimborso IVA eseguita molti anni dopo, quando ormai l’ingente somma si era svalutata del 68%, come dimostrato dalla stessa società ricorrente. I Giudici di merito avevano negato il riconoscimento del maggior danno in considerazione del fatto che “la società aveva fatto ricorso al rimedio di iscrivere in bilancio crediti verso l’Erario”, compensando così la svalutazione monetaria.
Tuttavia, la Suprema Corte ha affermato tout court che, ai fini del riconoscimento del maggior danno, non è necessaria alcuna valutazione delle eventuali misure compensative utilizzate dal contribuente, essendo sufficiente la dimostrazione della sussistenza del danno in oggetto.
La pronuncia in commento si innesta nel solco tracciato dalla Corte di Cassazione con la precedente sentenza n. 2087/2004, che aveva già riconosciuto l’ammissibilità della richiesta del maggior danno ex art. 1224 c.c. anche ai crediti tributari, consentendo quindi al creditore di poter domandare, nel caso in cui la lentezza del procedimento di rimborso pregiudicasse l’entità del credito vantato, oltre agli interessi moratori, anche il risarcimento per il maggior danno subito.
Come chiarito dalla Suprema Corte, la liquidazione del danno da svalutazione monetaria non è però automatica. L’imprenditore che vanti un credito nei confronti dell’Amministrazione finanziaria è tenuto a provare di aver subito un maggior danno per l’indisponibilità del denaro, oltre a quello che normalmente è risarcito con il pagamento degli interessi.
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