Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Articolo pubblicato su “La rivista delle operazioni straordinarie n. 1/2021”
Le società di persone sono caratterizzate dalla peculiare e frequente commistione fra il rapporto societario e il rapporto gestorio, il quale conferisce i poteri di amministrazione a un soggetto, spesso dotato anche della qualifica di socio.
Questa “fusione” trova la propria giustificazione causale nell’imperfetta autonomia patrimoniale che caratterizza le società di persone: dato che i soci sono personalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali, col solo limite del beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale, è chiaro che essi debbano avere un penetrante potere amministrativo, necessario per controbilanciare l’elevato rischio d’impresa. Pertanto, il principio generale enunciato dall’articolo 2257, cod. civ., derogabile statutariamente o per atto separato, è che l’amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente.
Questo rapporto di gestione è sussumibile nella categoria giuridica del contratto di mandato ex articolo 1703 e ss., cod. civ., così come esplicitamente previsto nell’articolo 2260, cod. civ..
Tuttavia, il rinvio non opera sic et simpliciter, poiché non tutte le norme dettate per il mandato sono applicabili al rapporto di amministrazione delle società di persone, caratterizzato da proprie specificità.
In sostanza, è d’uopo analizzare la normativa del mandato calandola ed eventualmente adeguandola al contesto delle peculiarità dei poteri gestori degli amministratori.
Questo meccanismo, tuttavia, svela tutti i suoi profili di problematicità nel momento in cui il rapporto fiduciario fra i soci si incrina, richiedendo l’applicazione di rimedi specifici, volti sia all’esclusione del socio, il cui comportamento ha pregiudicato le ragioni societarie, sia a tutelare la continuità aziendale.
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