Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners – Studio Legale Tributario, da IPSOA Quotidiano, 8 marzo 2013
Contraddittorio preventivo obbligatorio anche per il “vecchio” redditometro. È questo il principio sancito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino con sentenza n. 3/4/13, conformemente al prevalente orientamento della giurisprudenza tributaria di legittimità.
Con la pronuncia in commento, la Commissione Tributaria Provinciale di Torino, intervenendo sulla nota questione della retroattività dell’obbligo del preventivo contraddittorio in caso di accertamento sintetico da parte dell’Ufficio, ha stabilito che anche per il cosiddetto “vecchio redditometro” trova applicazione la regola prevista dal nuovo art. 38, comma 7, del D.P.R. n. 600/1973 (come modificato dall’art. 22, D.L. n. 78/2010).
Secondo il Collegio torinese l’applicazione della procedura di accertamento standardizzato, mediante l’utilizzo dei parametri o degli studi di settore, costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità non è ex lege determinata in relazione agli standard in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’avviso di accertamento.
La pronuncia ha ripreso i principi sanciti dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 26635 del 18 dicembre 2009 (cfr. A.Marcheselli, “Clicca qui”, il Quotidiano IPSOA del 5 gennaio 2010), a tenore della quale gli studi di settore costituiscono una presunzione semplice che sostanzialmente diviene qualificata e, quindi, utilizzabile in sede accertativa, soltanto in esito al contradditorio tra Ufficio e contribuente.
Quindi, in analogia con quanto stabilito per gli studi di settore, lo strumento presuntivo (rectius, redditometro) diventa anch’esso qualificato e, quindi, utilizzabile ai fini accertativi, soltanto in esito alle risultanze del contraddittorio tra le parti.
Solo il preventivo contraddittorio consente infatti di vagliare l’attendibilità della ricostruzione sintetica del reddito operata dall’Ufficio e di appurare quali spese medie Istat possano, con sufficiente ragionevolezza, essere imputate al contribuente.
Secondo la CTP di Torino, sussiste pertanto la necessità di esperire il preventivo contraddittorio per adeguare l’elaborazione statistica degli standard considerati dal D.M. del 1992 alla concreta realtà economica del contribuente. In tale prospettiva, come chiarito dalla Commissione piemontese, il nuovo art. 38, comma 7, del D.P.R. n. 600/1973, che disciplina l’accertamento sintetico, dovrà trovare applicazione anche con riferimento agli accertamenti anteriori all’anno di imposta 2009, in coerenza con gli obblighi di lealtà, trasparenza e buona fede sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente.
Da ultimo, richiamando la sentenza della CTR Puglia 27 gennaio 2012, n. 9, il Collegio torinese ha chiarito che devono considerarsi nulli tutti gli accertamenti sintetici notificati dall’Ufficio senza previo esperimento della procedura di contraddittorio con il contribuente.
La sentenza del Collegio torinese si pone tuttavia in contrasto con il consolidato trend giurisprudenziale della Corte Cassazione, formatosi antecedentemente alla modifica dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, secondo il quale l’emissione di accertamento non richiederebbe una preventiva contestazione del reddito determinato sinteticamente. Secondo il richiamato orientamento, la mancata instaurazione del contraddittorio con il contribuente nella fase istruttoria non giustifica l’annullamento dell’accertamento, ben potendo il contribuente dimostrare l’inferiorità del proprio reddito effettivo rispetto a quello accertato dall’Amministrazione finanziaria in sede di
impugnazione dell’atto (Cass. n. 7485/2010; Cass. n. 27069/2006; Cass. n. 9198/1991).
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