Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
La presunzione di origine giurisprudenziale relativa alla imputazione ai soci degli utili extra-contabili accertati a seguito di accertamento effettuato nei confronti di società di capitali a ristretta base societaria non esclude che sia onere dell’Ufficio fornire la prova della effettiva distribuzione dei dividendi ai sensi dell’articolo 2697 c.c.. È questo il principio sancito dalla CTP di Sondrio con sentenza del 3 maggio 2016, n. 89.
Nella pronuncia in commento, i giudici lombardi hanno affermato che non esiste alcuna norma che preveda la diretta ed automatica imputazione dell’utile delle società di capitali (salvo il caso di opzione per il regime di trasparenza) ai soci, come invece previsto per le società di persone dall’art. 5 del TUIR; né esiste alcuna norma che preveda che il reddito delle società di capitali possa o debba presumersi distribuito ai soci, con la conseguenza che l’onere della prova circa il maggior reddito percepito incombe sull’Ufficio.
Infatti, è ipotizzabile, con uguale grado di probabilità e ragionevolezza, anche una diversa conclusione, come, ad esempio, la creazione di riserve occulte, la destinazione delle disponibilità ad altri usi, la possibilità di appropriazione degli utili da parte di chi amministra la società, la destinazione degli utili alla creazione di fondi neri da utilizzare per il pagamento di costi non contabilizzati.
Pertanto, deve ritenersi che è onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare che il reddito derivante dalla presunta distribuzione dei maggiori utili accertati è stato effettivamente percepito dal socio. L’onere della prova contraria della presunzione di distribuzione degli utili non può gravare sul contribuente, non vedendosi in qual modo concreto il socio possa fornire una tale prova che si concretizza nella prova di un fatto negativo.
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