Successione Armani: la strategia che blinda il futuro della maison
di Angelo Ginex
La morte di Giorgio Armani ha aperto uno dei più importanti casi di pianificazione successoria degli ultimi anni.
Parliamo di un patrimonio stimato in diversi miliardi di euro. Un marchio simbolo del made in Italy. Un impero fatto di società, immobili, partecipazioni e opere d'arte.
Tutto è stato regolato mediante testamento ove lo stilista, con la consueta precisione, ha stabilito le regole della sua successione.
Grazie alla sapiente combinazione di più strumenti giuridici, il risultato è un caso da manuale. Una lezione per ogni famiglia imprenditoriale che desideri custodire il proprio patrimonio senza rinunciare alla crescita.
La Fondazione come garante della continuità
Il custode valoriale della pianificazione è la Fondazione Giorgio Armani, che diventa titolare del 100% della Giorgio Armani S.p.A.
La Fondazione non rappresenta un’eredità passiva ma un presidio di governance. Armani le ha affidato un ruolo attivo.
Attraverso un sistema di azioni a voto maggiorato e diritti particolari, tale ente controllerà almeno il 30% dei diritti di voto, con diritto di veto sulle decisioni più importanti: modifiche statutarie, fusioni, scissioni, distribuzione di riserve, ecc.
In parallelo, Armani ha disegnato un sistema di pesi e contrappesi, distribuendo il resto dei voti tra persone chiave:
- Pantaleo Dell’Orco, compagno e manager di fiducia, con il 40%;
- I nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana, con il 15% ciascuno.
- La sorella Rosanna Armani e la nipote Roberta Armani, titolari solo di usufrutto, senza poteri di voto.
Un equilibrio studiato per evitare conflitti e garantire continuità.
Il destino della Giorgio Armani S.p.A.
La società è il cuore pulsante dell’impero lasciato da Armani, che l’ha costruita e difesa per decenni, chiudendo la porta a qualsiasi azionista esterno.
Invece, nel testamento la direzione muta e si ha l’apertura del capitale a terzi. Entro 18 mesi la Fondazione dovrà cedere il 15% delle azioni a un partner industriale. Armani ha persino indicato i possibili nomi: LVMH, EssilorLuxottica e L'Oréal.
Non è una vendita, ma una scelta strategica. Evidentemente, l’intento di Armani è quello di attrarre un alleato di peso, capace di rafforzare la crescita internazionale del gruppo.
Ad ogni modo, la governance resta salda. La Fondazione non potrà mai scendere sotto il 30,1%. Anche in caso di quotazione in Borsa, prevista solo sul mercato italiano o su mercati equivalenti, la Giorgio Armani S.p.A. resterà fedele ai capisaldi del fondatore.
I principi fondanti indicati da Armani sono chiari:
- gestione etica delle attività;
- priorità allo sviluppo globale del marchio;
- diversificazione;
- innovazione costante;
- equilibrio finanziario.
In altre parole, Armani ha trasformato la sua filosofia in norme giuridiche. E ha reso obbligatoria la coerenza con i valori che hanno reso unico il brand.
I beni privati ai legami affettivi
Dopo avere delineato una complessa architettura di governance aziendale, Armani ha regolato con la stessa attenzione la parte più intima del suo patrimonio.
- Immobili: residenze a Milano, St. Moritz, Saint-Tropez, New York, Pantelleria, Antigua. Tutte in una società immobiliare le cui quote sono state divise tra familiari e Dell’Orco, spesso con il meccanismo della nuda proprietà e dell’usufrutto.
- Partecipazioni finanziarie: quasi il 2% di EssilorLuxottica, pari a circa 2,4 miliardi di euro. Il 40% va a Dell’Orco, il resto alla sorella Rosanna ed ai nipoti.
- Opere d'arte: Matisse, Warhol, Man Ray, arredi di Sottsass e pezzi giapponesi. Anche tali beni suddivisi tra sorella e Dell’Orco.
Ogni bene ha un destino preciso, finanche le suppellettili di casa così come le settimane di utilizzo dello yacht.
Osservazioni conclusive
Le disposizioni impartite da Armani sembrano dirette a soddisfare due obiettivi principali.
Il primo è blindare il futuro dell’impresa. Con la Fondazione al centro e un sistema di poteri bilanciati, Armani ha assicurato che la società resti italiana, indipendente e fedele alla sua filosofia imprenditoriale. Ma, al tempo stesso, ha previsto l’apertura del capitale a terzi. Nessuna lotta ereditaria potrà scalfirla, né tantomeno una qualche pressione speculativa potrà snaturarla.
Il secondo è lasciare i beni privati in famiglia in modo da valorizzare i legami affettivi. Ai familiari e alle persone più care ha lasciato ville, partecipazioni finanziarie e opere d’arte. Ha combinato sapientemente più strumenti giuridici come l’usufrutto e la nuda proprietà. Ad essi si aggiunge poi una regolamentazione puntuale per il godimento dei beni.
Ancora una volta, il messaggio è chiaro. La successione non può essere lasciata al caso. Senza regole, i conflitti sono inevitabili. Con una pianificazione, invece, si costruisce continuità e si trasmettono non solo beni, ma anche valori.
Giorgio Armani ha mostrato che la Fondazione può essere lo strumento per custodire un'eredità valoriale oltre che economica.
Ed è questo il senso più profondo della sua pianificazione successoria, ovvero trasformare il patrimonio in un ponte tra generazioni e il marchio in un bene comune da proteggere.
Accordi pre-divorzio: la Cassazione apre una nuova era per le coppie e i patrimoni familiari
di Angelo Ginex
La decisione della Cassazione
Con ordinanza n. 20415 del 21 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della validità degli accordi stipulati tra coniugi in previsione di una crisi familiare. La pronuncia segna un punto di svolta e conferma l'evoluzione della giurisprudenza che, a partire dagli anni duemila, ha progressivamente ampliato lo spazio dell’autonomia negoziale in ambito familiare, sempre nel rispetto dei limiti posti dall’ordine pubblico e dalle norme imperative.
Il caso concreto
Nel 2011, molti anni prima della separazione, due coniugi avevano firmato una scrittura privata al fine di regolare i rapporti in caso di divorzio. In particolare, il marito riconosceva il contributo economico della moglie alla ristrutturazione di un immobile a lui intestato. Pertanto, assumeva l'impegno di versarle, in caso di separazione, la somma di 146.400 euro. In cambio, la moglie rinunciava a determinati beni mobili, tra cui un’imbarcazione e parte dell’arredamento.
Il Tribunale e la Corte d’Appello di Brescia ritenevano valido l’accordo, qualificandolo come contratto atipico con condizione sospensiva. Pertanto, condannavano il marito al pagamento della somma indicata. L'uomo proponeva ricorso per cassazione, sostenendo la nullità della pattuizione per violazione degli articoli 143 e 160 cod.civ. e per contrasto con le norme in materia di assegno divorzile.
Il ragionamento della suprema Corte
La Cassazione ha respinto il ricorso e confermato la legittimità dell’accordo. Secondo la Corte, l’articolo 1322 cod. civ. consente ai coniugi di stipulare contratti atipici, purché perseguano interessi patrimoniali leciti. Più precisamente, l’accordo tra i coniugi è stato qualificato come contratto atipico, espressione dell’autonomia contrattuale riconosciuta dall’articolo 1322 cod.civ., meritevole di tutela perché diretto a realizzare interessi patrimoniali ritenuti leciti e non in contrasto con norme imperative.
Inoltre, la separazione personale rappresenta un evento condizionale futuro e incerto, idoneo a far scattare le obbligazioni pattuite. Dunque, non costituisce una causa illecita, ma un presupposto sospensivo perfettamente compatibile con l’articolo 1354 cod.civ.
Da ultimo, l’accordo non equivale ad una rinuncia preventiva all’assegno divorzile, né ad una corresponsione “una tantum”, ma ad un riequilibrio economico volto a compensare il contributo della moglie alle spese familiari e patrimoniali.
I limiti e confini degli accordi pre-divorzio
La Cassazione ha individuato i limiti invalicabili di tali accordi. Nello specifico, essi non possono riguardare:
• l’affidamento e il mantenimento dei figli minori (articoli 337-bis ss. cod.civ.);
• l’assegno divorzile, che resta nella piena valutazione del giudice ex articolo 5 L. 898/1970;
• i diritti-doveri fondamentali dei coniugi sanciti dagli articoli 143 ss. cod.civ.
Al contrario, sono legittimi gli accordi che regolano i rapporti economici interni e mirano ad un riequilibrio proporzionale agli apporti di ciascun coniuge.
Il richiamo alla giurisprudenza
La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato:
• la Cass. n. 23713/2012 e la Cass. n. 19304/2013 avevano ammesso la validità di patti condizionati alla separazione o al divorzio, purché non incidessero sui diritti indisponibili;
• la Cass. n. 5065/2021 e la Cass. n. 11012/2021 avevano riconosciuto gli accordi prematrimoniali come rendite vitalizie sottoposte a condizione sospensiva;
• più di recente, la Cass. n. 13366/2024 ha ammesso la validità degli accordi tra coniugi sulla ripartizione delle spese familiari.
Con questa decisione la Cassazione chiude definitivamente con il vecchio orientamento (Cass. n. 8109/2000), che dichiarava nulli gli accordi prematrimoniali. In questo modo, l’Italia si avvicina a modelli già consolidati in altri Paesi.
Le implicazioni pratiche
Questa pronuncia conferma l'importanza della pianificazione patrimoniale preventiva come strumento di certezza e tutela, in particolare per le famiglie imprenditoriali e ad elevata capacità patrimoniale.
La decisione valorizza la libertà negoziale dei coniugi e riconosce gli accordi pre-divorzio come strumenti utili per prevenire conflitti, ridurre l’incertezza e garantire un riequilibrio patrimoniale equo in caso di crisi.
Per professionisti e operatori (avvocati, notai, family officer, consulenti patrimoniali), si apre un nuovo spazio di intervento, ovvero la possibilità di assistere le coppie nella redazione di accordi strutturati, formalmente corretti e giuridicamente sostenibili, capaci di reggere in sede giudiziale.