L'IMPUGNAZIONE DEL DINIEGO DI AUTOTUTELA IN CASO DI ACCERTAMENTO DEFINITIVO
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Per autotutela si intende il potere-dovere dell’Amministrazione finanziaria di procedere, d’ufficio o su iniziativa del contribuente, al ritiro della pretesa fiscale, annullando propri atti riconosciuti illegittimi o infondati.
Spesso accade che, a fronte di una simile istanza da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria recapiti un provvedimento di diniego, la cui impugnazione, però, non trova unanimi consensi.
La questione si complica irrimediabilmente ove il gravame in parola interessi un avviso di accertamento divenuto definitivo.
In tal caso, infatti, è stato affermato che l’impugnazione del diniego di autotutela sarebbe preclusa dalla definitività dell’atto e dalla conseguente cristallizzazione della pretesa tributaria.
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LE INDAGINI FINANZIARIE SUI CONTI CORRENTI INTESTATI A TERZI
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
L’accertamento da indagini finanziarie è una particolare procedura che consente all'Amministrazione finanziaria di acquisire dati sui rapporti intrattenuti e sulle operazioni finanziarie poste in essere dai contribuenti con gli intermediari finanziari, al fine di individuare movimentazioni che, se non opportunamente giustificate dal contribuente, vengono contestate quali maggiori ricavi o compensi.
Più nel dettaglio, l’esame dei conti correnti bancari del contribuente consente il rinvenimento di movimentazioni che non trovano riscontro nella contabilità del contribuente, così fornendo elementi idonei a procedere ad una rettifica sia di tipo analitico che di tipo induttivo, a meno che questi non dimostri che ne ha tenuto conto per la determinazione della base imponibile o che non hanno rilevanza allo stesso fine.
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LA VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO ANTIECONOMICO DEL CONTRIBUENTE
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973 l'accertamento analitico-induttivo consiste nella contestazione dell’evasione mediante il ricorso a presunzioni “qualificate”, ovvero gravi, precise e concordanti.
In sostanza, detta censura prende le mosse dal ragionamento presuntivo dell'Amministrazione finanziaria che procede alla ricostruzione di una o più voci reddituali in modo difforme rispetto alle risultanze contabili.
Tra le diverse tipologie di accertamenti presuntivi (accertamenti basati sulle percentuali di ricarico, accertamenti basati su fattori produttivi, accertamenti basati su documentazione extracontabile, ecc.) risulta di particolare interesse quello basato sul comportamento antieconomico dell'imprenditore, ravvisabile nella ipotesi in cui, ad esempio, i prezzi praticati non superino i costi o la media del settore, in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza sul presupposto che chiunque svolga un’attività economica è indotto a generare utili.
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LA VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO ANTIECONOMICO DEL CONTRIBUENTE
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Ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973 l'accertamento analitico-induttivo consiste nella contestazione dell’evasione mediante il ricorso a presunzioni “qualificate”, ovvero gravi, precise e concordanti.
In sostanza, detta censura prende le mosse dal ragionamento presuntivo dell'Amministrazione finanziaria che procede alla ricostruzione di una o più voci reddituali in modo difforme rispetto alle risultanze contabili.
Tra le diverse tipologie di accertamenti presuntivi (accertamenti basati sulle percentuali di ricarico, accertamenti basati su fattori produttivi, accertamenti basati su documentazione extracontabile, ecc.) risulta di particolare interesse quello basato sul comportamento antieconomico dell'imprenditore, ravvisabile nella ipotesi in cui, ad esempio, i prezzi praticati non superino i costi o la media del settore, in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza sul presupposto che chiunque svolga un’attività economica è indotto a generare utili.
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IMPUGNAZIONE AL BUIO: LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA SPETTA ALL'ENTE IMPOSITORE
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di impugnazione al buio, la tardività o l’omessa notificazione della cartella non costituisce un vizio proprio di questa, con la conseguenza che la legittimazione passiva spetta all'ente impositore e non già, in via esclusiva, all'agente della riscossione. È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 20735 del 01.08.2019.
La vicenda trae origine dall'impugnazione di un atto di iscrizione ipotecaria e delle cinque prodromiche cartelle, dei quali il contribuente deduceva la nullità per omessa notifica di queste ultime.
I giudici di prime cure rigettavano il ricorso, mentre la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in accoglimento dell'appello proposto dal contribuente, rilevava che il ricorso doveva considerarsi tempestivo, giacché il termine a quo dell’impugnazione andava individuato nel giorno in cui l’agente della riscossione aveva prodotto le cartelle non notificate nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, e che non vi era prova dell’avvenuta notifica delle cartelle né della comunicazione degli atti prodromici.
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IMPUGNAZIONE AL BUIO: LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA SPETTA ALL'ENTE IMPOSITORE
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In tema di impugnazione al buio, la tardività o l’omessa notificazione della cartella non costituisce un vizio proprio di questa, con la conseguenza che la legittimazione passiva spetta all'ente impositore e non già, in via esclusiva, all'agente della riscossione. È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 20735 del 01.08.2019.
La vicenda trae origine dall'impugnazione di un atto di iscrizione ipotecaria e delle cinque prodromiche cartelle, dei quali il contribuente deduceva la nullità per omessa notifica di queste ultime.
I giudici di prime cure rigettavano il ricorso, mentre la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in accoglimento dell'appello proposto dal contribuente, rilevava che il ricorso doveva considerarsi tempestivo, giacché il termine a quo dell’impugnazione andava individuato nel giorno in cui l’agente della riscossione aveva prodotto le cartelle non notificate nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, e che non vi era prova dell’avvenuta notifica delle cartelle né della comunicazione degli atti prodromici.
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ILLEGITTIMO L'ACCERTAMENTO DA STUDI DI SETTORE SENZA UN GRAVE SCOSTAMENTO
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
L’Amministrazione finanziaria non è legittimata a procedere all'accertamento analitico-induttivo allorché si verifichi un mero scostamento non significativo tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore, ma solo quando venga ravvisata una grave incongruenza, trovando riscontro la persistenza di tale presupposto – nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva – anche dall'articolo 10, comma 1, L. 146/1998, il quale, pur non contemplando espressamente il requisito della grave incongruenza, compie un rinvio recettizio all'articolo 62-sexies, comma 3, D.L. 331/1993. È questo l’importante principio ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 23357 del 19.09.2019.
La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica alla società Alfa S.r.l. di un avviso di accertamento per maggiori Irpef, Irap ed Iva, relative all'anno di imposta 2004, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva accertato, sulla base degli studi di settore, maggiori ricavi determinati inizialmente in euro 112.620,00 e, all'esito del contraddittorio, in euro 61.941,00.
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ILLEGITTIMO L'ACCERTAMENTO DA STUDI DI SETTORE SENZA UN GRAVE SCOSTAMENTO
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L’Amministrazione finanziaria non è legittimata a procedere all'accertamento analitico-induttivo allorché si verifichi un mero scostamento non significativo tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore, ma solo quando venga ravvisata una grave incongruenza, trovando riscontro la persistenza di tale presupposto – nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva – anche dall'articolo 10, comma 1, L. 146/1998, il quale, pur non contemplando espressamente il requisito della grave incongruenza, compie un rinvio recettizio all'articolo 62-sexies, comma 3, D.L. 331/1993. È questo l’importante principio ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 23357 del 19.09.2019.
La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica alla società Alfa S.r.l. di un avviso di accertamento per maggiori Irpef, Irap ed Iva, relative all'anno di imposta 2004, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva accertato, sulla base degli studi di settore, maggiori ricavi determinati inizialmente in euro 112.620,00 e, all'esito del contraddittorio, in euro 61.941,00.
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NO ALLA NOTIFICA DIRETTA PER L'ACCERTAMENTO ESECUTIVO
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
A differenza degli atti impoesattivi c.d. secondari, per i quali è ammessa la notificazione diretta anche a mezzo del servizio postale, gli avvisi di accertamento esecutivi, in considerazione dell’attitudine ad acquisire efficacia esecutiva, possono essere notificati solo tramite un agente notificatore, che deve redigere e sottoscrivere la relativa relata. È questo l’innovativo, e sicuramente interessante, principio sancito dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza 11 giugno 2019, n. 757.
La vicenda in esame trae origine da una verifica fiscale conclusasi con la consegna del relativo processo verbale di constatazione alla Società Alfa. Seguiva l’emissione di un avviso di accertamento esecutivo spedito direttamente dall'Agenzia delle Entrate con plico raccomandato con avviso di ricevimento.
Il destinatario di tale atto proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino, eccependo, tra le altre doglianze, la giuridica inesistenza della notifica dell’accertamento esecutivo impugnato, trattandosi di atto recettizio che non si perfeziona se non in quanto notificato.
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EVENTUALI ISTANZE DEL CONTRIBUENTE NON PRECLUDONO L'IMPUGNAZIONE DELLA CARTELLA NON NOTIFICATA
Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Con sentenza n. 19704/2015 le Sezioni Unite hanno affermato che: “il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”.
Tale pronuncia ha generato una crescita esponenziale del contenzioso fondato sull’asserita omessa notifica della cartella impugnata.
In estrema sintesi, il contribuente chiede all’Agente della riscossione di conoscere la propria situazione debitoria e, sulla base degli estratti di ruolo che gli vengono consegnati, impugna eventuali cartelle non notificate e/o i relativi ruoli, contestandone la nullità per inesistenza giuridica del procedimento di notificazione, per intervenuta prescrizione, ecc.
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