ERRORE DICHIARATIVO OPPONIBILE SOLO SENZA PAGAMENTO DI IMPOSTE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il contribuente che, nel redigere la dichiarazione fiscale, abbia riconosciuto a suo danno importi in misura superiore a quelli effettivi, senza procedere anche al pagamento della maggiore imposta, può, in sede giudiziale e senza limiti sostanziali o temporali, opporre alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria per l’omesso o insufficiente versamento che l’originaria dichiarazione era viziata da un errore di fatto o di diritto; ove, invece, all’erronea dichiarazione abbia anche fatto seguito, in tutto o in parte, il pagamento del maggior importo non dovuto, il contribuente è tenuto ad esperire le procedure di rimborso, nel rispetto delle modalità e dei termini di decadenza previsti, esclusa la possibilità di opporre, in giudizio, l’eventuale credito vantato per l’indebito pagamento. È questo il principio chiarificatore sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza 9 marzo 2018, n. 5728.
La vicenda trae origine dalla impugnazione di una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato ex articolo 36-bis D.P.R. 600/1973 in relazione a tributi dichiarati e non versati, sulla base della considerazione per la quale l’iscrizione a ruolo era stata determinata dall’erronea compilazione della dichiarazione dei redditi, poi rettificata con dichiarazione integrativa.
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L'OMESSO VERSAMENTO IVA ALL'IMPORTAZIONE CONTAGIA LA FILIERA
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il reato di evasione dell’Iva all’importazione è configurabile non soltanto nei confronti di chi ha introdotto abusivamente la merce nel territorio dello Stato, ma anche nei riguardi di tutti coloro che ne sono successivamente entrati in possesso senza assolvere il tributo dovuto, a condizione però che chi la detiene abbia precisa consapevolezza della sua origine. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza 18 dicembre 2017, n. 56264.
La vicenda trae origine dalla pronuncia da parte della Corte d’appello di Genova di una sentenza di non luogo a procedere per il reato di omesso versamento dell’Iva all’importazione di cui all’articolo 70 D.P.R. 633/1972, in quanto estinto per intervenuta prescrizione.
La Procura Generale della Repubblica proponeva, dunque, ricorso per cassazione, contestando, tra gli altri motivi, l’erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà della motivazione, sull’assunto che i giudici del gravame, nell’emanare il proprio provvedimento, avessero configurato il delitto contestato come reato istantaneo ad effetti permanenti.
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REATI TRIBUTARI: PATTEGGIAMENTO SENZA TEMPUS COMMISSI DELICTI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di reati tributari, l’ammissione all’applicazione della pena su richiesta delle parti è consentita in tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, e quindi indipendentemente dal tempus commissi delicti, in quanto disposizione di carattere processuale che prevede un’esclusione oggettiva riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza 6 febbraio 2018, n. 5448.
La fattispecie in esame aveva origine con la pronuncia da parte del g.u.p. del Tribunale di Bergamo di una sentenza di patteggiamento ex articolo 444 c.p.p. (rectius, applicazione della pena su richiesta delle parti), in relazione alla commissione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, commesso in tempi diversi, ma in esecuzione del medesimo disegno criminoso ex articolo 81 c.p..
La Procura Generale della Repubblica proponeva, dunque, ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, sull’assunto che il giudice, nell’emanare il proprio provvedimento, non avesse considerato che tale norma subordina l’accesso al patteggiamento, per tutti i reati previsti dal citato decreto, o all’estinzione totale del debito tributario o al ravvedimento operoso, circostanze che però non erano emerse dalla sentenza impugnata.
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REATI TRIBUTARI: PATTEGGIAMENTO SENZA TEMPUS COMMISSI DELICTI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di reati tributari, l’ammissione all’applicazione della pena su richiesta delle parti è consentita in tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, e quindi indipendentemente dal tempus commissi delicti, in quanto disposizione di carattere processuale che prevede un’esclusione oggettiva riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza 6 febbraio 2018, n. 5448.
La fattispecie in esame aveva origine con la pronuncia da parte del g.u.p. del Tribunale di Bergamo di una sentenza di patteggiamento ex articolo 444 c.p.p. (rectius, applicazione della pena su richiesta delle parti), in relazione alla commissione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, commesso in tempi diversi, ma in esecuzione del medesimo disegno criminoso ex articolo 81 c.p..
La Procura Generale della Repubblica proponeva, dunque, ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, sull’assunto che il giudice, nell’emanare il proprio provvedimento, non avesse considerato che tale norma subordina l’accesso al patteggiamento, per tutti i reati previsti dal citato decreto, o all’estinzione totale del debito tributario o al ravvedimento operoso, circostanze che però non erano emerse dalla sentenza impugnata.
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LE ANOMALIE SUL MATERIALE DI CONSUMO LEGITTIMANO L'ACCERTAMENTO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Fra gli elementi presuntivi semplici utilizzabili ai fini accertativi, purché gravi, precisi e concordanti, rientrano quelli relativi all’impiego di materiale di consumo, ove indicativi di rilevanti incongruenze tra costi e ricavi e, quindi, di attività non dichiarate o di passività dichiarate, secondo canoni di ragionevole probabilità. È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza 21 febbraio 2018, n. 4168, conformemente al proprio costante e pacifico orientamento in materia.
Il caso affrontato dalla Suprema Corte prende le mosse dalla notifica ad un odontoiatra di un avviso di accertamento analitico-induttivo ex articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, fondato sulla presunta esistenza di attività non dichiarate, stante la notevole discrasia fra i ricavi indicati in dichiarazione e l’entità del materiale di consumo utilizzato nell’esercizio della propria attività professionale (in particolare, il numero di guanti monouso adoperati).
La sentenza di secondo grado, impugnata dal contribuente, dichiarava legittimo l’accertamento analitico-induttivo de quo, sulla base della considerazione per la quale l’esistenza di una forte discrepanza fra i materiali di consumo utilizzati e gli introiti indicati nella dichiarazione sottoposta a rettifica si configura come un presupposto che legittima la tipologia di accertamento adoperata, essendo qualificabile come una presunzione grave, precisa e concordante.
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AUTORIZZAZIONE AEO: ATTIVO DAL 5 MARZO IL NUOVO FORMAT DELLA DOMANDA
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il Regolamento UE n. 952/2013, istituente il nuovo Codice Doganale dell’Unione (CDU) in vigore dal 1° maggio 2016, ha considerevolmente ampliato la disciplina concernente l’assunzione della qualifica di operatore economico autorizzato (AEO), già precedentemente contenuta nell’articolo 5-bis Regolamento 2913/1992(CDC).
Esso, in particolare, prevede l’accesso a due tipi di autorizzazione AEO cumulabili tra loro ex articolo 38, par. 3 CDU: AEO-semplificazioni doganali (AEO-C) e AEO-sicurezza (AEO-S).
A questo impianto normativo, si aggiungono anche le linee guida TAXUD/B2/047/2011 – Rev. 6 pubblicate dalla DG Taxud della Commissione Europea che, pur non essendo vincolanti dal punto di vista giuridico, forniscono dei chiarimenti utili ai fini delle modalità di presentazione delle domande e della gestione del procedimento di acquisizione dello status di operatore economico autorizzato.
Esse, inoltre, contengono il questionario di autovalutazione preventiva, la dichiarazione di sicurezza da utilizzare con i partner commerciali, l’automonitoraggio dell’autorizzazione ed altri documenti che possono influire sull’ottenimento della qualifica di AEO e che assicurano la compliance doganale del soggetto.
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IL PAGAMENTO DELL'IMPOSTA CONTESTUALE ALL'IMPUGNAZIONE NON È SPONTANEO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
La Corte di Cassazione, con ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2231, ha risposto alla problematica attinente alla qualificazione del pagamento di una cartella esattoriale effettuato contestualmente all’impugnazione della stessa: tale adempimento va considerato come spontaneo, sancendone quindi l’irripetibilità, o come finalizzato solo ad evitare la possibile fase esecutiva dell’imposta dovuta?
Per comprendere meglio il caso oggetto dell’esame della Suprema Corte, è d’uopo ripercorrere la vicenda che l’ha generato.
L’Agenzia delle Entrate notificava alle parti di una compravendita immobiliare gli avvisi di rettifica e liquidazione relativi alla maggiore imposta di registro dovuta: gli acquirenti impugnavano gli atti impositivi, mentre la società venditrice non proponeva alcun ricorso.
Dopo aver appreso l’esito vittorioso della controversia, la venditrice decideva di impugnare la cartella esattoriale avente ad oggetto la predetta imposta di registro, provvedendo nello stesso momento al suo pagamento onde evitare l’esecuzione forzata nelle more del processo.
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AMMISSIBILE LA DOPPIA SANZIONE AMMINISTRATIVA E PENALE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Non viola il ne bis in idem convenzionale la celebrazione di un processo penale, e l’irrogazione della relativa sanzione, nei confronti di chi sia già stato sanzionato in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, purché sussista tra i due procedimenti una connessione materiale e temporale sufficientemente stretta. È questo l’innovativo principio sancito dalla Corte Costituzionale, con sentenza 2 marzo 2018, n. 43.
La vicenda trae origine dalla ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Monza, con cui veniva sollevata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 649 c.p.p. in relazione all’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nella parte in cui non contempla l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale.
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VALORE PROBATORIO DEL PATTEGGIAMENTO NEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il patteggiamento in sede penale non sovverte il quadro probatorio in sede tributaria, in quanto il soggetto può legittimamente utilizzare autonome strategie processuali e, per tal ragione, indursi a concordare una pena per ragioni di mera opportunità, quali la riduzione dei tempi di giustizia e dei costi del procedimento. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3284.
La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento attraverso cui l’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente l’emissione di fatturazioni inesistenti, con conseguente recupero dell’Iva detratta. Unitamente all’atto impositivo veniva, altresì, presentata denuncia penale, la quale attivava di fatto un procedimento penale nei suoi confronti per violazione dell’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, conclusosi con una sentenza di patteggiamento, disciplinato dall’articolo 444 c.p.p..
In sede tributaria, per converso, i giudici di prime cure provvedevano ad annullare l’atto impositivo, ritenendo fondate le ragioni addotte dal contribuente, peraltro corroborate dalla produzione di elementi probatori attestanti l’effettività dei lavori svolti e delle spese sostenute.
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LA DOPPIA SANZIONE È LEGITTIMA
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Ok alla doppia sanzione. Non viola il ne bis in idem convenzionale la celebrazione di un processo penale, e l'irrogazione della relativa sanzione, nei confronti di chi sia già stato sanzionato in via definitiva dall'amministrazione finanziaria con una sovrattassa, purché sussista tra i due procedimenti una connessione materiale e temporale sufficientemente stretta. È questo l’innovativo principio desumibile dal percorso argomentativo tracciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 2 marzo 2018, n. 43, conformemente al recente orientamento espresso dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo con sentenza 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia.
La fattispecie affrontata dalla Consulta trae origine dalla ordinanza di rimessione del 30 giugno 2016, con cui il Tribunale ordinario di Monza sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nella parte in cui non contempla l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale.
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