REATI TRIBUTARI: PATTEGGIAMENTO SENZA TEMPUS COMMISSI DELICTI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

In tema di reati tributari, l’ammissione all’applicazione della pena su richiesta delle parti è consentita in tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, e quindi indipendentemente dal tempus commissi delicti, in quanto disposizione di carattere processuale che prevede un’esclusione oggettiva riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza 6 febbraio 2018, n. 5448.

La fattispecie in esame aveva origine con la pronuncia da parte del g.u.p. del Tribunale di Bergamo di una sentenza di patteggiamento ex articolo 444 c.p.p. (rectius, applicazione della pena su richiesta delle parti), in relazione alla commissione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, commesso in tempi diversi, ma in esecuzione del medesimo disegno criminoso ex articolo 81 c.p..

La Procura Generale della Repubblica proponeva, dunque, ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, sull’assunto che il giudice, nell’emanare il proprio provvedimento, non avesse considerato che tale norma subordina l’accesso al patteggiamento, per tutti i reati previsti dal citato decreto, o all’estinzione totale del debito tributario o al ravvedimento operoso, circostanze che però non erano emerse dalla sentenza impugnata.

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REATI TRIBUTARI: PATTEGGIAMENTO SENZA TEMPUS COMMISSI DELICTI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

In tema di reati tributari, l’ammissione all’applicazione della pena su richiesta delle parti è consentita in tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, e quindi indipendentemente dal tempus commissi delicti, in quanto disposizione di carattere processuale che prevede un’esclusione oggettiva riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza 6 febbraio 2018, n. 5448.

La fattispecie in esame aveva origine con la pronuncia da parte del g.u.p. del Tribunale di Bergamo di una sentenza di patteggiamento ex articolo 444 c.p.p. (rectius, applicazione della pena su richiesta delle parti), in relazione alla commissione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, commesso in tempi diversi, ma in esecuzione del medesimo disegno criminoso ex articolo 81 c.p..

La Procura Generale della Repubblica proponeva, dunque, ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 13-bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, sull’assunto che il giudice, nell’emanare il proprio provvedimento, non avesse considerato che tale norma subordina l’accesso al patteggiamento, per tutti i reati previsti dal citato decreto, o all’estinzione totale del debito tributario o al ravvedimento operoso, circostanze che però non erano emerse dalla sentenza impugnata.

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LE ANOMALIE SUL MATERIALE DI CONSUMO LEGITTIMANO L'ACCERTAMENTO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Fra gli elementi presuntivi semplici utilizzabili ai fini accertativi, purché graviprecisi e concordanti, rientrano quelli relativi all’impiego di materiale di consumo, ove indicativi di rilevanti incongruenze tra costi e ricavi e, quindi, di attività non dichiarate o di passività dichiarate, secondo canoni di ragionevole probabilità. È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza 21 febbraio 2018, n. 4168, conformemente al proprio costante e pacifico orientamento in materia.

Il caso affrontato dalla Suprema Corte prende le mosse dalla notifica ad un odontoiatra di un avviso di accertamento analitico-induttivo ex articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, fondato sulla presunta esistenza di attività non dichiarate, stante la notevole discrasia fra i ricavi indicati in dichiarazione e l’entità del materiale di consumo utilizzato nell’esercizio della propria attività professionale (in particolare, il numero di guanti monouso adoperati).

La sentenza di secondo grado, impugnata dal contribuente, dichiarava legittimo l’accertamento analitico-induttivo de quo, sulla base della considerazione per la quale l’esistenza di una forte discrepanza fra i materiali di consumo utilizzati e gli introiti indicati nella dichiarazione sottoposta a rettifica si configura come un presupposto che legittima la tipologia di accertamento adoperata, essendo qualificabile come una presunzione graveprecisa e concordante.

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AUTORIZZAZIONE AEO: ATTIVO DAL 5 MARZO IL NUOVO FORMAT DELLA DOMANDA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il Regolamento UE n. 952/2013, istituente il nuovo Codice Doganale dell’Unione (CDU) in vigore dal 1° maggio 2016, ha considerevolmente ampliato la disciplina concernente l’assunzione della qualifica di operatore economico autorizzato (AEO), già precedentemente contenuta nell’articolo 5-bis Regolamento 2913/1992(CDC).

Esso, in particolare, prevede l’accesso a due tipi di autorizzazione AEO cumulabili tra loro ex articolo 38, par. 3 CDU: AEO-semplificazioni doganali (AEO-C) e AEO-sicurezza (AEO-S).

A questo impianto normativo, si aggiungono anche le linee guida TAXUD/B2/047/2011 – Rev. 6 pubblicate dalla DG Taxud della Commissione Europea che, pur non essendo vincolanti dal punto di vista giuridico, forniscono dei chiarimenti utili ai fini delle modalità di presentazione delle domande e della gestione del procedimento di acquisizione dello status di operatore economico autorizzato.

Esse, inoltre, contengono il questionario di autovalutazione preventiva, la dichiarazione di sicurezza da utilizzare con i partner commerciali, l’automonitoraggio dell’autorizzazione ed altri documenti che possono influire sull’ottenimento della qualifica di AEO e che assicurano la compliance doganale del soggetto.

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IL PAGAMENTO DELL'IMPOSTA CONTESTUALE ALL'IMPUGNAZIONE NON È SPONTANEO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Corte di Cassazione, con ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2231, ha risposto alla problematica attinente alla qualificazione del pagamento di una cartella esattoriale effettuato contestualmente all’impugnazione della stessa: tale adempimento va considerato come spontaneo, sancendone quindi l’irripetibilità, o come finalizzato solo ad evitare la possibile fase esecutiva dell’imposta dovuta?

Per comprendere meglio il caso oggetto dell’esame della Suprema Corte, è d’uopo ripercorrere la vicenda che l’ha generato.

L’Agenzia delle Entrate notificava alle parti di una compravendita immobiliare gli avvisi di rettifica e liquidazione relativi alla maggiore imposta di registro dovuta: gli acquirenti impugnavano gli atti impositivi, mentre la società venditrice non proponeva alcun ricorso.

Dopo aver appreso l’esito vittorioso della controversia, la venditrice decideva di impugnare la cartella esattoriale avente ad oggetto la predetta imposta di registro, provvedendo nello stesso momento al suo pagamento onde evitare l’esecuzione forzata nelle more del processo.

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AMMISSIBILE LA DOPPIA SANZIONE AMMINISTRATIVA E PENALE

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Non viola il ne bis in idem convenzionale la celebrazione di un processo penale, e l’irrogazione della relativa sanzione, nei confronti di chi sia già stato sanzionato in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, purché sussista tra i due procedimenti una connessione materiale e temporale sufficientemente stretta. È questo l’innovativo principio sancito dalla Corte Costituzionale, con sentenza 2 marzo 2018, n. 43.

La vicenda trae origine dalla ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Monza, con cui veniva sollevata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 649 c.p.p. in relazione all’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nella parte in cui non contempla l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale.

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VALORE PROBATORIO DEL PATTEGGIAMENTO NEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il patteggiamento in sede penale non sovverte il quadro probatorio in sede tributaria, in quanto il soggetto può legittimamente utilizzare autonome strategie processuali e, per tal ragione, indursi a concordare una pena per ragioni di mera opportunità, quali la riduzione dei tempi di giustizia e dei costi del procedimento. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3284.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento attraverso cui l’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente l’emissione di fatturazioni inesistenti, con conseguente recupero dell’Iva detratta. Unitamente all’atto impositivo veniva, altresì, presentata denuncia penale, la quale attivava di fatto un procedimento penale nei suoi confronti per violazione dell’articolo 2 D.Lgs. 74/2000, conclusosi con una sentenza di patteggiamento, disciplinato dall’articolo 444 c.p.p..

In sede tributaria, per converso, i giudici di prime cure provvedevano ad annullare l’atto impositivo, ritenendo fondate le ragioni addotte dal contribuente, peraltro corroborate dalla produzione di elementi probatori attestanti l’effettività dei lavori svolti e delle spese sostenute.

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LA DOPPIA SANZIONE È LEGITTIMA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Ok alla doppia sanzione. Non viola il ne bis in idem convenzionale la celebrazione di un processo penale, e l'irrogazione della relativa sanzione, nei confronti di chi sia già stato sanzionato in via definitiva dall'amministrazione finanziaria con una sovrattassa, purché sussista tra i due procedimenti una connessione materiale e temporale sufficientemente stretta. È questo l’innovativo principio desumibile dal percorso argomentativo tracciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 2 marzo 2018, n. 43, conformemente al recente orientamento espresso dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo con sentenza 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia.

La fattispecie affrontata dalla Consulta trae origine dalla ordinanza di rimessione del 30 giugno 2016, con cui il Tribunale ordinario di Monza sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nella parte in cui non contempla l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale.

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PRESUNZIONE IMPONIBILITÀ CAPITALI ESTERI: RIBADITA L'IRRETROATTIVITÀ

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La pretesa natura procedimentale della norma contenuta nell'articolo 12, comma 2, D.L. 78/2009 che pone, in favore dell’Amministrazione finanziaria, una più favorevole presunzione legale relativa rispetto al quadro normativo previgente, oltre a porsi in contrasto con il tradizionale criterio della sedes materiae, che vede abitualmente le norme in tema di presunzioni collocate nel codice civile e dunque di diritto sostanziale e non già nel codice di rito, porrebbe il contribuente, che sulla base del quadro normativo previgente non avrebbe avuto interesse alla conservazione di un certo tipo di documentazione, in condizione di sfavore, pregiudicandone l’effettivo espletamento del diritto di difesa, in contrasto con i principi di cui agli articoli 3 e 24 Cost.. È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza 2 febbraio 2018, n. 2662, conformemente al recente orientamento della giurisprudenza di legittimità.

Per comprendere meglio la portata della decisione dei giudici di legittimità e le argomentazioni da essi addotte, si rammenta che, ai sensi dell’articolo 12 D.L. 78/2009, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti in Paradisi fiscali, in violazione della legislazione sul monitoraggio fiscale ...

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NO AL RADDOPPIO DEL CONTRIBUTO UNIFICATO NEL PROCESSO TRIBUTARIO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Corte Costituzionale, con la recentissima sentenza n. 18 del 02.02.2018, è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002 in riferimento all'articolo 111, comma 2, Costituzione, laddove esso venisse applicato nel processo tributario.

L’articolo citato, al fine di scoraggiare impugnazioni pretestuose o dilatorie, prevede, a titolo sanzionatorio, che, “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis”.

Secondo i Giudici rimettenti, tale disposizione è lesiva del principio della parità delle parti di cui all'articolo 111, comma 2, Cost., in quanto essa dovrebbe poter colpire indistintamente sia la parte privata che quella pubblica, mentre il processo tributario è caratterizzato dalla presenza di un’amministrazione dello Stato che è esonerata dal pagamento del contributo unificato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, e quindi non assoggettata all'obbligo del versamento dell’ulteriore importo a detto titolo.

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