LA PROCEDURA ANALITICO-INDUTTIVA BASATA SULLE PERCENTUALI DI RICARICO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’accertamento analitico-induttivo di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale, operato attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico medio ponderato, si effettua applicando detta percentuale sul costo del venduto accertato, sommando l’importo così ottenuto al predetto costo del venduto accertato ed, infine, detraendo dall'importo così ottenuto i ricavi dichiarati dall'impresa, o comunque accertati sulla base della sua contabilità. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 19213 del 2 agosto 2017.
Innanzitutto, si rammenta che, in materia di imposte dirette, l’accertamento analitico-induttivo dei redditi d’impresa è disciplinato dall'articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, secondo cui “l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”. Tale tipologia di accertamento può fondarsi anche sulle percentuali di ricarico, oltre che sul redditometro, sulle indagini finanziarie, sul tovagliometro, sui parametri contabili e sugli studi di settore.
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LA PROCEDURA ANALITICO-INDUTTIVA BASATA SULLE PERCENTUALI DI RICARICO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’accertamento analitico-induttivo di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale, operato attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico medio ponderato, si effettua applicando detta percentuale sul costo del venduto accertato, sommando l’importo così ottenuto al predetto costo del venduto accertato ed, infine, detraendo dall'importo così ottenuto i ricavi dichiarati dall'impresa, o comunque accertati sulla base della sua contabilità. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 19213 del 2 agosto 2017.
Innanzitutto, si rammenta che, in materia di imposte dirette, l’accertamento analitico-induttivo dei redditi d’impresa è disciplinato dall'articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, secondo cui “l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”. Tale tipologia di accertamento può fondarsi anche sulle percentuali di ricarico, oltre che sul redditometro, sulle indagini finanziarie, sul tovagliometro, sui parametri contabili e sugli studi di settore.
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DOMANDA DI RIMBORSO E SGRAVIO DEI DAZI ANCHE PER IL RAPPRESENTANTE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con nota n. 84923 del 7 agosto 2017, ha fornito alcuni chiarimenti in materia di domanda e concessione di rimborso e di sgravio dei dazi doganali, al fine di uniformare le procedure in materia.
Preliminarmente, è opportuno rammentare la differenza concettuale tra la nozione di rimborso e quella di sgravio. In virtù delle definizioni contenute nell’articolo 5 del Codice Doganale dell’Unione (Regolamento UE n. 952/2013):
- il rimborso rappresenta la restituzione dell’importo di un dazio all’importazione o all’esportazione che sia stato pagato;
- lo sgravio costituisce l’esonero dall’obbligo di pagare un importo a titolo di dazio all’importazione o all’esportazione non ancora pagato.
Ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 1, del Codice Doganale dell’Unione, è possibile procedere al rimborso o allo sgravio degli importi dei dazi all’importazione o all’esportazione quando sussiste uno dei seguenti motivi:
- importo del dazio applicato in eccesso, ovvero non legalmente dovuto;
- merci difettose o non conformi alla clausole del contratto;
- errore delle Autorità competenti;
- equità;
- invalidamento della dichiarazione in dogana ex articolo 174 del Codice Doganale dell’Unione.
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SOGGETTI A REVOCATORIA IL FONDO PATRIMONIALE E IL TRUST GRATUITI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
È legittima la dichiarazione di inefficacia degli atti di costituzione del fondo patrimoniale e di istituzione del trust per esigenze familiari, laddove i medesimi siano costituiti dal debitore con atti aventi natura gratuita successivamente all'insorgenza di un debito per consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 19376 del 3 agosto 2017.
La vicenda trae origine dalla impugnazione di una sentenza con cui la Corte d’appello territorialmente competente aveva rigettato il gravame proposto dal debitore nei confronti dei creditori avverso la sentenza del Tribunale di primo grado, che aveva accolto l’azione revocatoria ex articolo 2901 cod.civ. avente ad oggetto un fondo patrimoniale ed un trust per esigenze familiari, costituiti sugli stessi beni immobili.
Nel ricorso per cassazione, preliminarmente il debitore eccepiva la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei beneficiari del fondo patrimoniale e del trust, individuati nelle figlie del debitore, secondo cui queste ultime avrebbero avuto titolo a contraddire in giudizio.
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CONTENUTO E PERFEZIONAMENTO DELL'ACCORDO DI MEDIAZIONE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Nell'ambito del contenzioso tributario, l’istituto del reclamo/mediazione rappresenta uno strumento deflattivo finalizzato a consentire un esame preventivo della fondatezza dei motivi di ricorso e della legittimità della pretesa tributaria, nonché una verifica circa la possibilità di evitare, anche mediante il raggiungimento di un accordo di mediazione, che la controversia prosegua innanzi al giudice.
In particolare, l’articolo 17-bis D.Lgs. 546/1992, così come modificato dal D.Lgs. 156/2015, prevede che il ricorso proposto da chi riceve un atto di contestazione da parte dell’ente impositore (ad esempio, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, ecc.) produca anche gli effetti di un reclamo e possa contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa.
In altri termini, a decorrere dal 1° gennaio 2016 (ovvero, per i ricorsi introduttivi presentati a decorrere da tale termine), la presentazione del ricorso dà avvio automaticamente ad un procedimento di riesame dell’atto da parte dell’ente impositore (reclamo), con facoltà per il contribuente di inserirvi anche una proposta di accordo con rideterminazione dell’ammontare della pretesa (mediazione).
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I CHIARIMENTI SULLE MODIFICHE IN MATERIA DI ORIGINE DELLA MERCE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’Agenzia delle Dogane, con nota n. 89161 del 1° agosto 2017, ha esaminato le principali modifiche apportate dal Regolamento UE n. 989/2017 al Regolamento n. 2447/2015, il quale chiarisce le modalità applicative di alcune norme del Codice doganale dell’Unione, in materia di origine delle merci e di garanzie per le obbligazioni.
In primo luogo, si rileva che il Regolamento n. 989/2017 ha modificato l’articolo 62 Regolamento n. 2447/2015, prevedendo che la dichiarazione a lungo termine del fornitore possa essere utilizzata quando lo stesso invia regolarmente merci a un esportatore o ad un operatore e si prevede che il carattere originario delle merci sia sempre lo stesso.
Prima di tale intervento, tali dichiarazioni potevano coprire, in alternativa, sino ad un massimo di 12 mesi prima o sino ad un massimo di 24 mesi successivi rispetto alla data della compilazione, con la conseguenza che il fornitore poteva essere tenuto ad emettere nel corso dell’anno due distinte dichiarazioni relative a periodi di validità diversi.
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LA CONDOTTA ANTIECONOMICA LEGITTIMA L'ACCERTAMENTO ANALITICO-INDUTTIVO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Tra le varie tipologie di accertamento vi è quello analitico-induttivo di cui all'articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, il quale consente di rettificare la dichiarazione fiscale quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni sono ricavate, in via indiretta, dalle presunzioni di cessione e di acquisto o dalle presunzioni semplici, a condizione che esse siano gravi, precisi e concordanti.
Quindi, l’accertamento è analitico-induttivo nelle ipotesi in cui l’operato dei verificatori fiscali si fondi sulla valorizzazione di elementi che indirettamente, mediante ragionamento logico-deduttivo, consentono di ricostruire un volume d’affari diverso e superiore da quello dichiarato dal contribuente, anche sulla base di una condotta commerciale antieconomica.
A tal proposito, occorre rilevare che con ordinanza n. 20431 del 25 agosto 2017 la Corte di Cassazione ha affermato tout court che è legittimo l’accertamento analitico-induttivo quando l’esposizione dei ricavi sia talmente ridotta rispetto ai costi da indurre a ritenere la gestione aziendale antieconomica.
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IL PERFEZIONAMENTO DEL PROCEDIMENTO DI RECLAMO/MEDIAZIONE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il procedimento di reclamo/mediazione opera nella ipotesi in cui il contribuente voglia contestare in via giudiziale un atto di valore sino a 20.000 euro (50.000 euro dall'1.1.2018): in tal caso, egli è tenuto infatti a notificare, entro il termine di decadenza di 60 giorni dalla notifica, il ricorso/reclamo, che, in via eventuale, può contenere anche una proposta di mediazione.
Se quest’ultima è presente e, su iniziativa di una delle parti, si giunge alla definizione della controversia, negoziando la pretesa fiscale in contestazione e fruendo di una riduzione delle sanzioni, occorre provvedere, ai fini del perfezionamento della mediazione, al pagamento delle somme dovute o della prima rata nei termini prescritti.
In linea generale, alla luce dei diversi rinvii normativi, la disciplina sui versamenti è contenuta negli articoli 8 e 15-bis D.Lgs. 218/1997 e 15-ter D.P.R. 602/1973.
Sotto il profilo temporale, si rileva che ex articolo 17 D.Lgs. 241/1997, il versamento della totalità delle somme o della prima rata deve essere eseguito entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo di mediazione tramite versamento unitario, fatte salve le ipotesi in cui siano contemplate altre modalità di pagamento in ragione della tipologia del tributo.
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FUNZIONE STRUMENTALE DELL'IMMOBILE E DEDUZIONE DEI RELATIVI COSTI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di imposte sui redditi, il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, D.P.R. 917/1986, presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all'attività della azienda, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è in re ipsa, e potendosi prescindere, ai fini dell’accertamento della strumentalità, dall'utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provata l'insuscettibilità, senza radicali trasformazioni, di una destinazione del bene diversa da quella accertata in relazione all'attività aziendale. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19219 del 2 agosto 2017.
La vicenda trae origine dalla impugnazione di due avvisi di accertamento per Iva, Irap e Irpeg relativi agli anni 2000 e 2001 – emessi a seguito di una verifica della Guardia di finanza – con i quali venivano recuperati a tassazione una serie di costi (alcuni ritenuti non inerenti, altri non documentati, altri non di competenza).
La suddetta impugnazione veniva rigettata sia in primo che in secondo grado di giudizio e, pertanto, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, deducendo, con particolare riferimento alla contestata deduzione dei canoni di leasing e delle spese condominiali, la violazione dell’articolo 109, comma, 5 D.P.R. 917/1986 e l’errata interpretazione dell’articolo 43 D.P.R. 917/1986.
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LA VERIFICA DEI REQUISITI DI ACCESSO AL REGIME DEI NEO DOMICILIATI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L'articolo 24-bis D.P.R. 917/1986 ha introdotto un regime opzionale di imposizione sostitutiva dell’Irpef, cui possono accedere le persone fisiche (e, su loro richiesta, uno o più familiari di cui all'articolo 433 cod. civ.) che trasferiscono la residenza in Italia, dopo almeno nove periodi d'imposta sui dieci che precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione, in relazione ai redditi prodotti all'estero.
In particolare, tale opzione prevede che sui redditi di fonte estera della persona fisica sia dovuta un’imposta sostitutiva forfetaria annuale pari a 100.000 euro, fermo restando però l’obbligo di assolvere l’imposizione ordinaria sui redditi di fonte italiana. In caso di estensione dell’opzione ad uno o più familiari, ciascuno di essi è invece tenuto a versare un’imposta sostitutiva forfettaria annuale pari a 25.000 euro.
Ai sensi dell'articolo 24-bis, comma 3, citato, l’opzione deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole ad una specifica istanza di interpello “probatorio”, presentata all'Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lett. b), L. 212/2000.
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