CONTESTAZIONE DEL CREDITO IVA CHIESTO A RIMBORSO LEGITTIMA ANCHE CON IL DECORSO DEI TERMINI DI ACCERTAMENTO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di rimborso dell’eccedenza detraibile di Iva, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento.
È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza, resa a Sezioni Unite, n. 21765, depositata ieri 29 luglio.
In seguito al fallimento di una società in accomandita semplice, una società per azioni acquisiva un credito Iva maturato antecedentemente alla dichiarazione di fallimento e richiesto a rimborso per cessazione dell’attività. L’Agenzia delle entrate negava il rimborso facendo leva sulla relazione del curatore, il quale aveva evidenziato operazioni sospette della società qualificate come «vere e proprie truffe», tali da connotare come illegittima l’intera attività sociale. La società per azioni veniva poi incorporata da un istituto di credito.
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IL PATTO DI FAMIGLIA PER IL PASSAGGIO GENERAZIONALE DELL'IMPRESA
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Il patto di famiglia rappresenta un valido strumento per regolamentare il passaggio generazionale nell'impresa, anche alla luce delle agevolazioni fiscali previste, sempreché l'operazione venga realizzata nel rispetto delle condizioni previste dalla legge.
Con la riforma operata dalla legge 55/2006, nel nostro ordinamento giuridico, è stato introdotto l'istituto del patto di famiglia, al fine di consentire all'imprenditore di trasferire, in tutto o in parte, l'azienda, e al titolare di partecipazioni societarie di trasferire, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti, nei limiti e nel rispetto delle norme sulle società e di quelle sull'impresa familiare.
Si tratta, sostanzialmente, di un contratto inter vivos a effetti reali che comporta il trasferimento immediato della proprietà, così anticipando le disposizioni successorie, e che consente, da un lato, di prevenire liti ereditarie e la disgregazione di aziende o partecipazioni societarie e, dall'altro, di assegnare tale complesso di beni a soggetti idonei ad assicurare la continuità dell'impresa.
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EFFETTIVITÀ DELL'ACQUISTO ED INERENZA DEL BENE AI FINI DELLA DETRAIBILITÀ DELL'IVA
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di Iva, ai fini della detraibilità dell’imposta, occorre accertare l’effettiva inerenza del bene acquistato rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che occorra il concreto svolgimento dell’attività d’impresa; è l’acquisto di beni o servizi da parte di un soggetto passivo che agisce come tale a determinare l’applicazione del sistema dell’Iva e, quindi, della detrazione, mentre, l’impiego dei beni o dei servizi, reale o anche previsto, determina solo l’entità della detrazione iniziale e quella delle eventuali rettifiche.
È questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 21439, depositata ieri 27 luglio.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine da un avviso di accertamento emesso nei confronti di una s.r.l., con il quale l’Agenzia delle Entrate contestava il diritto al rimborso Iva e l’illegittima deduzione dei costi sul presupposto che era stato acquistato un capannone al solo scopo di ottenere il pagamento dal Ministero delle Attività Produttive delle ulteriori rate del contributo concesso e il rimborso dell’Iva.
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LA RIVALUTAZIONE DEI BENI D'IMPRESA PER IL 2021
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Articolo pubblicato su “La rivista delle operazioni straordinarie n. 7/2021”
Il D.L. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto), convertito in L. 126/2020, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, e la Legge di Bilancio per l’anno 2021 hanno introdotto importanti novità con riferimento alla disciplina della rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio successivo a quello dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
L’articolo 110, D.L. 104/2020 ha previsto una nuova rivalutazione dei beni d’impresa, materiali e immateriali, nonché delle partecipazioni in società controllate e collegate, purché costituenti immobilizzazioni finanziarie e rappresentate come tali nel bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, e che potrà essere effettuata nel bilancio dell’esercizio successivo, ossia in quello dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020 per i soggetti c.d. solari.
Successivamente, l’articolo 1-bis, D.L. 41/2021 ha altresì previsto la possibilità di procedere alla rivalutazione anche nel bilancio relativo all’esercizio immediatamente successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 (e dunque nel bilancio al 31 dicembre 2021, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare), con esclusivo riferimento ai beni non rivalutati nel bilancio precedente. In tal caso, la rivalutazione può avvenire solo con effetto civilistico, non essendo estesa anche la possibilità di affrancamento del saldo attivo e di riconoscimento degli effetti a fini fiscali.
Non è la prima volta che il Legislatore offre un’opportunità di questo tenore. Già in passato, infatti, la L. 342/2000 aveva concesso simile facoltà attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.
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AGEVOLAZIONE PRIMA CASA AL CONTRIBUENTE CHE ABBIA GIÀ UN IMMOBILE INIDONEO COME ABITAZIONE
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di agevolazioni “prima casa”, l’acquirente di un nuovo immobile che sia al contempo proprietario di altro immobile, acquistato senza agevolazioni nel medesimo Comune e inidoneo, per le ridotte dimensioni, ad essere destinato a sua abitazione, ha diritto alle agevolazioni fiscali, poiché la casa di abitazione deve essere intesa quale alloggio concretamente idoneo, sia sotto il profilo materiale che giuridico, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato.
È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 20981, depositata ieri 22 luglio.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine da un avviso di liquidazione emesso nei confronti di un contribuente, con il quale l’Agenzia delle Entrate revocava l’agevolazione “prima casa” di cui questi aveva fruito per l’acquisto di un immobile, recuperando a tassazione l’IVA dovuta ed irrogando le relative sanzioni. Infatti, da un controllo emergeva che il contribuente vantasse altri diritti reali su immobili ubicati nello stesso Comune.
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AGEVOLAZIONE PER L'ABITAZIONE PRINCIPALE ANCHE SENZA RESIDENZA ANAGRAFICA
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di detrazione per l’abitazione principale, in base all’articolo 8, comma 2, D.Lgs. 504/1992, il beneficio prescinde dal dato formale della residenza anagrafica e attiene, invece, al dato fattuale dell’effettiva dimora del contribuente, il quale può dimostrare tale circostanza con qualsiasi mezzo all’uopo idoneo, secondo le regole generali, non essendovi limitazioni circa la prova dell’utilizzo del bene, e potendo anche essere utilizzate ricevute di pagamento, assemblee condominiali e fatture relative alle utenze domestiche.
È questo l’interessante principio desumibile dalle argomentazioni espresse dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 20686, depositata ieri 20 luglio.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di vertice trae origine dalla notifica ad un contribuente di un avviso di accertamento ICI afferente gli anni dal 2007 al 2009. Con tale atto era stata applicata una maggiore imposta per il mancato riconoscimento dell’aliquota agevolata con riguardo all’immobile di sua proprietà, presso il quale questi dimorava abitualmente, ma in cui non aveva trasferito la residenza anagrafica.
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LA PERIZIA STRAGIUDIZIALE INFICIA LA LEGITTIMITÀ DELL'ACCERTAMENTO BANCARIO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
La presunzione semplice di cui agli articoli 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/73 e 51, comma 2, n. 2, D.P.R. 633/72, circa l’omessa sottrazione di ricavi conseguiti, correlata agli accertati prelevamenti e versamenti operati sul conto corrente bancario di un imprenditore, deve ritenersi superata qualora tali voci siano state regolarmente contabilizzate e lo stesso contribuente, attraverso una perizia giurata, fornisca giustificazioni in ordine al transito e al conteggio in contabilità dei dati in questione.
È questo l’interessante principio di diritto reso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 20132 depositata ieri 15 luglio.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di vertice trae origine dalla notifica ad un imprenditore di due avvisi di accertamento in materia di imposte dirette ed Iva e di una cartella di pagamento per la riscossione frazionata delle maggiori imposte dovute. L’Amministrazione finanziaria aveva basato tali accertamenti sulle movimentazioni bancarie del contribuente, ritenendo che non fossero giustificate fiscalmente. Tali atti venivano impugnati dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale accoglieva i ricorsi e procedeva alla riduzione degli importi su cui si basava la pretesa fiscale relativa agli avvisi di accertamento e alla riduzione di quanto dovuto in relazione alla pretesa contenuta nella cartella provvisoria di pagamento.
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LEGITTIMO IL SEQUESTRO DELLE SOMME FRUTTO DEL REIMPIEGO DI UN PATRIMONIO AZIENDALE CONTAMINATO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Il sequestro preventivo nei confronti di una società può avere ad oggetto anche le somme depositate su un conto corrente che, a prescindere dall’eventuale origine formalmente lecita dovuta alla gestione dei beni aziendali, sono composte in gran parte da importi esistenti ancor prima della dichiarazione di fallimento della società, su un altro conto alla stessa intestato e successivamente trasferiti sul conto in argomento: tali somme diventano anch’esse illecite dato che il conto viene alimentato dall’impiego di beni dell’impresa inquinata in radice dai vantaggi illeciti basati su una pregressa attività delittuosa. È questo il principio di diritto reso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 26755 depositata ieri 13 luglio.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dal provvedimento con il quale il Tribunale di Trapani disponeva il sequestro, ai fini della confisca, dell’intero capitale sociale e di tutti i beni del relativo compendio aziendale di una s.r.l. dichiarata fallita nel 2014.
La curatela procedeva a chiedere il dissequestro e la restituzione delle somme depositate sul conto corrente, ma la Corte di appello di Palermo confermava la misura cautelare, ritenendo che il denaro presente su tale conto (poiché derivante da contratti di affitto dell’azienda che la curatela aveva stipulato con un’altra società) doveva considerarsi il frutto del reimpiego dei beni della società che, realizzata con i proventi di reati fiscali, era qualificabile come impresa illecita.
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NIENTE ACCERTAMENTO AI SOCI SE IL MAGGIOR UTILE NON TRANSITA SUL CONTO ECONOMICO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, l’utile che non transita sul conto economico si presume non sia stato distribuito ai soci e quindi è infondata la contestazione del fisco sul costo derivante dall’immobile della società, regolarmente registrata e fatturata, motivo per cui, nella specie, non opera la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio ai soci. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 19442, depositata ieri 8 luglio.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice prende le mosse da un avviso di accertamento, emesso nei confronti del socio di una s.r.l. con il quale gli veniva attribuito, in proporzione alla sua quota di partecipazione, un reddito derivante da maggiori utili extracontabili accertati in capo alla società.
Detto atto veniva impugnato dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale dal contribuente, il quale contestava di non essere stato messo al corrente dell’attività di accertamento da parte dell’Ufficio e che fosse stato indebitamente determinato nei suoi confronti un maggior reddito mai percepito.
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NIENTE ACCERTAMENTO AI SOCI SE IL MAGGIOR UTILE NON TRANSITA SUL CONTO ECONOMICO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, l’utile che non transita sul conto economico si presume non sia stato distribuito ai soci e quindi è infondata la contestazione del fisco sul costo derivante dall’immobile della società, regolarmente registrata e fatturata, motivo per cui, nella specie, non opera la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio ai soci. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 19442, depositata ieri 8 luglio.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice prende le mosse da un avviso di accertamento, emesso nei confronti del socio di una s.r.l. con il quale gli veniva attribuito, in proporzione alla sua quota di partecipazione, un reddito derivante da maggiori utili extracontabili accertati in capo alla società.
Detto atto veniva impugnato dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale dal contribuente, il quale contestava di non essere stato messo al corrente dell’attività di accertamento da parte dell’Ufficio e che fosse stato indebitamente determinato nei suoi confronti un maggior reddito mai percepito.
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