LE NOVITÀ IVA INTRODOTTE DALLA LEGGE EUROPEA 2017

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

A partire dallo scorso 18 dicembre 2107 sono entrate in vigore, tra le altre, le novità previste in materia di Iva dagli articoli 78 e L. 167/2017 (c.d. Legge Europea), per l’adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell’Italia all'Unione Europea.

Innanzitutto, l’articolo 7 L. 167/2017 dispone che, al fine di chiudere una procedura di infrazione comunitaria, ai soggetti che richiedono un rimborso Iva di importo superiore ad euro 30.000 mediante presentazione della garanzia compete, a titolo di ristoro forfetario dei costi sostenuti per il rilascio della garanzia stessa, una somma pari alla 0,15 per cento dell’importo garantito per ogni anno di durata della garanzia.

Tale somma viene versata alla scadenza del termine per l’emissione dell’avviso di rettifica o di accertamento ovvero, in caso di emissione di tale avviso, quando sia stato definitivamente accertato che al contribuente spettava il rimborso dell’imposta.

Tali previsioni si applicano a partire dalle richieste di rimborso fatte con la dichiarazione annuale dellIva relativa all'anno 2017 e dalle istanze di rimborso infrannuali (modelli TR) relative al primo trimestre dellanno 2018.

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LA RINUNZIA ANTICIPATA ALL'AZIONE DI RESTITUZIONE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Patrimoni, finanza e internazionalizzazione n. 13/2018”

La circolazione dei beni di provenienza donativa porta con sé notevoli profili di criticità, poiché soggetta alla scure sia dell’azione di riduzione che dell’azione di restituzione, rimedi esperibili, da parte degli eredi legittimari del donante, per far dichiarare l’inefficacia delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che hanno leso il loro diritto alla quota di legittima e, successivamente, ottenere la restituzione dei beni oggetto di disposizione testamentaria o donazione.

Se vuoi ricevere maggiori informazioni, contattaci!


LA RINUNZIA ANTICIPATA ALL'AZIONE DI RESTITUZIONE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Patrimoni, finanza e internazionalizzazione n. 13/2018”

La circolazione dei beni di provenienza donativa porta con sé notevoli profili di criticità, poiché soggetta alla scure sia dell’azione di riduzione che dell’azione di restituzione, rimedi esperibili, da parte degli eredi legittimari del donante, per far dichiarare l’inefficacia delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che hanno leso il loro diritto alla quota di legittima e, successivamente, ottenere la restituzione dei beni oggetto di disposizione testamentaria o donazione.

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SÌ AL RILASCIO DEL DURC IN CASO DI ACCESSO ALLA ROTTAMAZIONE-BIS

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Con Messaggio 23 gennaio 2018 n. 322 l’Inps ha fornito interessanti chiarimenti in merito all'alveo applicativo dell’articolo 1 D.L. 148/2017, soprattutto per quanto concerne gli effetti della definizione agevolata dei crediti contributivi ai fini del rilascio del DURC.

In particolare, è stato chiarito che la presentazione dell’istanza di accesso alla definizione agevolata dei debiti contributivi consente il rilascio del DURC: quindi, il contribuente, semplicemente presentando entro il 15 maggio 2018 l’istanza di adesione avente ad oggetto i debiti contributivi affidati all'Agente della Riscossione prima del 30 settembre 2017, otterrà l’esito di regolarità contributiva (DURC).

Infatti, l’articolo 54, comma 1D.L. 50/2017 ha previsto che, nel caso di accesso alla definizione agevolata di debiti contributivi ex articolo 6 D.L. 193/2016il contribuente ha la possibilità di ottenere, rispetto ai carichi contenuti in cartelle di pagamento/avvisi di addebito oggetto di adesione, un esito di regolarità contributiva nel periodo intercorrente tra la data di presentazione dell’istanza di accesso e quella di scadenza della prima o unica rata, ferma restando la sussistenza di tutti gli altri requisiti previsti dall'articolo 3 D.M. 30 gennaio 2015.

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OGNI ACCESSO IN CONTRADDITTORIO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il diritto al contraddittorio è previsto per qualsiasi atto di accertamento a tavolino che abbia richiesto un accesso istantaneo presso la sede sociale, dovendosi procedere, anche in questo caso, alla redazione di un processo verbale di chiusura delle operazioni, con conseguente possibilità per il contribuente di comunicare osservazioni e richieste entro i termini di legge. È questo il dirompente principio sancito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3060.

La vicenda trae origine dalla impugnazione di alcuni avvisi di accertamento relativi ad Irap, Ires e Iva dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale rigettava il ricorso. La società contribuente proponeva ricorso in appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, che, in accoglimento del gravame, statuiva l'illegittimità degli atti impugnati, in quanto, anche se esitati in seguito ad accesso presso la sede sociale, non erano stati preceduti dal rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni, come previsto dall'art. 12, comma 7, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).

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OGNI ACCESSO IN CONTRADDITTORIO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il diritto al contraddittorio è previsto per qualsiasi atto di accertamento a tavolino che abbia richiesto un accesso istantaneo presso la sede sociale, dovendosi procedere, anche in questo caso, alla redazione di un processo verbale di chiusura delle operazioni, con conseguente possibilità per il contribuente di comunicare osservazioni e richieste entro i termini di legge. È questo il dirompente principio sancito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3060.

La vicenda trae origine dalla impugnazione di alcuni avvisi di accertamento relativi ad Irap, Ires e Iva dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale rigettava il ricorso. La società contribuente proponeva ricorso in appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, che, in accoglimento del gravame, statuiva l'illegittimità degli atti impugnati, in quanto, anche se esitati in seguito ad accesso presso la sede sociale, non erano stati preceduti dal rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni, come previsto dall'art. 12, comma 7, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).

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NEGATO L'ACCOLLO DEL DEBITO D'IMPOSTA IN COMPENSAZIONE

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Con risoluzione AdE 140/E/2017, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una interpretazione alquanto “bizzarra” in tema di accollo del debito d’imposta in compensazione, di cui all'articolo 8, comma 2, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti dei contribuenti) secondo cui “… è ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”.

Nel citato documento di prassi, infatti, viene negata la possibilità dell’utilizzo, in ambito tributario, dell’accollo del debito d’imposta in compensazione, sostenendo che l’istituto dell’accollo, ancorché praticabile in ambito tributario, non sia esperibile attraverso l’istituto della compensazione di cui all'articolo 17 D.Lgs. 241/1997.

In altri termini, secondo l’Amministrazione finanziaria, il contribuente che vanti un credito d’imposta verso l’Erario, nell'ipotesi in cui volesse accollarsi un debito tributario altrui, potrebbe farlo unicamente immettendo nel circuito erariale moneta contante, essendogli inibita l’utilizzazione del suo credito in compensazione.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale, secondo l’Amministrazione finanziaria, salvo alcuni casi espressamente previsti dalla legge, la compensazione troverebbe applicazione solo per i debiti (ed i relativi crediti) in essere tra i medesimi soggetti e mai tra soggetti diversi.

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LE CONSEGUENZE DELLE IRREGOLARITÀ NELL'ESERCIZIO DEI POTERI ISPETTIVI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

In materia di Iva e di imposte sui redditi, gli articoli 5152 e 63 D.P.R. 633/1972 e 32 e 33 D.P.R. 600/1973 individuano rispettivamente un articolato e differenziato quadro di poteri ispettivi che gli Uffici finanziari possono esercitare per la prevenzione e la repressione delle violazioni fiscali.

La generale estensione alla Guardia di Finanza di tali poteri è contemplata invece dall’articolo 1 R.D.L. 63/1926, a mente del quale agli appartenenti alla stessa “sono conferiti tutti i poteri e i diritti di indagine, accesso, visione, controllo e richiesta di informazioni che spettano per legge ai diversi Uffici finanziariincaricati dell’applicazione dei tributi diretti e indiretti”.

Come noto, i predetti poteri possono essere distinti in tre principali categorie:

- poteri che si caratterizzano per l’intervento diretto nei luoghi in cui il soggetto sottoposto o da sottoporre a controllo svolge la propria attività imprenditoriale o di lavoro autonomo ovvero in altri luoghi allo stesso riferibili;
- poteri che si connotano per la possibilità di inoltrare al soggetto sottoposto o da sottoporre a controllo richieste di informazioni o di documenti o inviti a comparire, allo scopo di acquisire elementi utilizzabili ai fini dell’accertamento nei suoi confronti;
- poteri che si connotano per la possibilità di inoltrare ad enti o ad organismi qualificati o a soggetti diversi richieste di informazioni o di documenti o inviti a comparire, allo scopo di acquisire elementi utili ai fini dell’accertamento del contribuente sottoposto o da sottoporre a controllo.

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PRESCRIZIONE QUINQUENNALE ANCHE PER L'IMPOSTA DI REGISTRO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Corte di Cassazione, con sentenza 26 gennaio 2018, n. 1997, è tornata ad affrontare la problematica relativa all'applicabilità dell’articolo 2953 cod. civ., riguardante la conversione del termine di prescrizione da breve a ordinario, in caso di decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione o opporsi avverso un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva.

Nella controversia sottoposta al suo esame, la Suprema Corte ha dovuto chiarire se il principio di diritto enunciato recentemente dalle Sezioni Unite, con sentenza 17 novembre 2016, n. 23397, risulti applicabile anche all'avviso di mora concernente l’imposta di registro.

Per comprendere meglio la soluzione prospettata dai Giudici di Piazza Cavour, è opportuno procedere ad una disamina del recente orientamento espresso in tema di contributi previdenziali.

Come noto, l’articolo 2953 cod. civ. stabilisce che, nel caso in cui la legge preveda un termine di prescrizione breve, questo si converte nel termine ordinario decennale, se riguardo ad esso sia intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato. La ratio sottesa alla norma in esame riguarda la forza del giudicato: esso è colpito non dalla prescrizione relativa al diritto cui esso si riferisce, ma dalla prescrizione sua propria, ovvero quella generale ordinaria, e quindi di dieci anni.

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TELEFISCO 2018: IRRETROATTIVA LA NUOVA IMPOSTA DI REGISTRO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L’Agenzia delle Entrate, in occasione dell’annuale Convegno sulle novità in materia di norme fiscali (c.d. Telefisco 2018), ha fornito un importante chiarimento in materia di imposta di registro a seguito delle modifiche all'articolo 20 D.P.R. 131/1986 ad opera della legge di Bilancio 2018.

In estrema sintesi, la nuova formulazione della disposizione citata prevede che, al fine di applicare correttamente l’imposta di registro, l'interpretazione dell'atto presentato alla registrazione deve essere operata con esclusivo riguardo allo stesso, senza considerare qualsiasi elemento ad esso estraneo (ad esempio, atti collegati o altri elementi extra-testuali).

Ci si è posti dunque il problema relativo alla data di entrata in vigore della suddetta modifica: ovvero, essa opera retroattivamente oppure vale solamente per gli avvisi di accertamento effettuati dopo il 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge in esame?

Sul punto, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2007 del 26/01/2018, nella quale ha stabilito tout court l’irretroattività della nuova formulazione dell’articolo 20 D.P.R. 131/1986, sostenendo che “va affermato che l’articolo 1, comma 87, lett. a), della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio), non avendo natura interpretativa, ma innovativa, non esplica effetto retroattivo; conseguentemente, gli atti antecedenti alla data di sua entrata in vigore (1° gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati ad imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell’articolo 20 D.P.R. 131/86”.

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