PATTO DI FAMIGLIA: IL RECENTE REVIREMENT DELLA CASSAZIONE RENDE MENO GRAVOSA LA TASSAZIONE DELLE COMPENSAZIONI

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La rivista delle operazioni straordinarie n. 2/2021

La vexata quaestio concernente l’individuazione delle aliquote e franchigie previste dall’articolo 2, comma 49, D.L. 262/2006, di cui i contribuenti possono beneficiare nella liquidazione dell’imposta sulle donazioni dovuta sulle attribuzioni compensative gravanti in capo all’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie, ha registrato recenti e interessanti sviluppi a favore dei contribuenti.
L’Agenzia delle entrate si era limitata ad affermare che il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle donazioni ex articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990 si applica esclusivamente con riferimento al trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e non riguarda anche l’attribuzione di somme di denaro o di beni eventualmente posta in essere dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore degli altri partecipanti al contratto, con la conseguenza che tali ultime attribuzioni rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta sulle donazioni.
La dottrina ha espresso 2 orientamenti interpretativi, riassumibili in estrema sintesi nella posizione, da un lato, di coloro che ritengono che le compensazioni configurino una donazione operata dal beneficiario del trasferimento a vantaggio dei legittimari non assegnatari e, dall’altro, di quanti sostengono che dette compensazioni, seppur materialmente realizzate attraverso un trasferimento di beni da parte del beneficiario dell’azienda o delle partecipazioni societarie, configurino, in realtà, una donazione realizzata indirettamente dall’imprenditore disponente.
In ambito giurisprudenziale, invece, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con sentenza n. 29506/2020 (in senso conforme, Cassazione, sentenza n. 29500/2020), nella quale i giudici di vertice, pur replicando in larga parte la ratio decidendi sottesa alla precedente sentenza n. 32823/2018, sono giunti a conclusioni diametralmente opposte in merito al rapporto cui fare riferimento per individuare le aliquote e franchigie applicabili alle compensazioni operate dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie.

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FUORI CAMPO IVA LE CESSIONI DI PARTECIPAZIONI AZIONARIE SE OCCASIONALI

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Le operazioni di cessione relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva, salvo che sia accertato che sono state effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di acquisizione di titoli per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile.

È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 5156, depositata ieri 25 febbraio, la quale richiama l’orientamento euro-unitario formatosi in materia (cfr., CGUE, sent. 29 ottobre 2009, SKF, causa C-29/08).

La vicenda trae origine dalla notifica alla società Alfa S.p.A. di un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2004, con cui veniva accertata un’indebita detrazione dell’Iva, dal momento che detto sodalizio aveva detratto l’intero ammontare dell’IVA sugli acquisti senza calcolare il pro rata per la cessione della partecipazione nella società Beta S.p.A., dalla stessa fatturata in esenzione.

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SOCIETÀ ESTINTA: L'EX SOCIO PUÒ AGIRE PER IL RIMBORSO DELL'INTERO CREDITO IVA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e Contenzioso n. 70/2021

La Corte di Cassazione è stata recentemente chiamata a pronunciarsi sulla già ampiamente dibattuta questione relativa agli effetti della cancellazione di una società dal Registro Imprese in relazione ai rapporti giuridici pendenti e, in particolare, ai rapporti attivi, ovvero quelli in forza dei quali prima della cancellazione la società poteva vantare diritti, come i crediti d’imposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate.
Secondo l’opinione giurisprudenziale prevalente, fino alla riforma del diritto societario attuata con il D.Lgs. 6/2003, la cancellazione di una società dal Registro Imprese, era una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’estinzione dell’ente. Più precisamente, si riteneva che la società non si estinguesse per effetto della formale cancellazione qualora fossero ancora pendenti rapporti giuridici a essa facenti capo.
Secondo questo orientamento pluridecennale, ancorato alla vecchia disciplina contenuta nell’articolo 2456, cod. civ., la formale cancellazione non determinava quindi l’estinzione della società qualora e finché non fossero esauriti tutti i rapporti giuridici (attivi e passivi).
Per effetto della riforma del diritto societario del 2003, il testo della norma è confluito nel secondo comma dell’articolo 2495 cod. civ. con l’inserimento, all’inizio della disposizione, dell’inciso: “ferma restando l’estinzione della società”, attribuendo, così, efficacia costitutiva all’estinzione.

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AVVISO DI LIQUIDAZIONE ILLEGITTIMO SE FA RIFERIMENTO ALLA SENTENZA SENZA ALLEGARLA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, l’avviso di liquidazione emesso ex articolo 54, commi 3 e 5, D.P.R. 131/1986, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dall’articolo 7 L. 212/2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4736, depositata ieri 23 febbraio 2021, in conformità al consolidato orientamento di legittimità inaugurato dai giudici di vertice con sentenza 10 agosto 2010, n. 18532 (in senso conforme, ex multis Cassazione, sentenza n. 9299 del 17.04.2013;  Cassazione, ordinanza n. 17911 del 13.08.2014Cassazione, ordinanza n. 12468 del 17.06.2015;  Cassazione, ordinanza n. 29402 del 07.12.2017Cassazione, ordinanza n. 13402 del 01.07.2020).

La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica di un avviso di liquidazione emesso in relazione alla registrazione di una sentenza civile recante lo scioglimento di una comunione ereditaria, con attribuzione al contribuente di bene immobile dietro versamento di conguaglio.

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AVVISO DI LIQUIDAZIONE ILLEGITTIMO SE FA RIFERIMENTO ALLA SENTENZA SENZA ALLEGARLA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, l’avviso di liquidazione emesso ex articolo 54, commi 3 e 5, D.P.R. 131/1986, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dall’articolo 7 L. 212/2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4736, depositata ieri 23 febbraio 2021, in conformità al consolidato orientamento di legittimità inaugurato dai giudici di vertice con sentenza 10 agosto 2010, n. 18532 (in senso conforme, ex multis Cassazione, sentenza n. 9299 del 17.04.2013;  Cassazione, ordinanza n. 17911 del 13.08.2014Cassazione, ordinanza n. 12468 del 17.06.2015;  Cassazione, ordinanza n. 29402 del 07.12.2017Cassazione, ordinanza n. 13402 del 01.07.2020).

La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica di un avviso di liquidazione emesso in relazione alla registrazione di una sentenza civile recante lo scioglimento di una comunione ereditaria, con attribuzione al contribuente di bene immobile dietro versamento di conguaglio.

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IMPOSTA DI REGISTRO DOVUTA ANCHE SE L'ESECUTORIETÀ DEL DECRETO INGIUNTIVO È SOSPESA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è assoggettato ad imposta anche se, in pendenza del giudizio di opposizione, l’esecutorietà dello stesso venga sospesa; ciò perché solo l’intervento di una decisione definitiva che, all’esito del giudizio di opposizione, revochi o annulli o dichiari la nullità del decreto ingiuntivo opposto esclude la debenza del tributo ex articolo 37 D.P.R. 131/1986.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4327, depositata ieri 18 febbraio 2021, in conformità all’orientamento di legittimità secondo cui soltanto una sentenza passata in giudicato può porre nel nulla l’imposizione (cfr., Cassazione, sentenza n. 11663 del 17.09.2001).

La vicenda in esame trae origine dalla notifica di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, relativo ad un decreto ingiuntivo emesso con la formula della provvisoria esecuzione.

La società destinataria proponeva ricorso dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, assumendo che l’imposta di registro non fosse dovuta poiché, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, la provvisoria esecutorietà dello stesso era stata “revocata”.

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LA DEFINIZIONE DELLA LITE PER SGRAVIO LEGITTIMA IL RIMBORSO DELLE SANZIONI AGEVOLATE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Qualora sia intervenuta la definizione della lite in virtù dello sgravio della pretesa tributaria disposto dall’amministrazione finanziaria, sussiste in capo a tale ente l’obbligo giuridico di rimborsare le sanzioni, richieste nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, anche se versate in via agevolata ex articolo 17 D.Lgs. 472/1997. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3984, depositata ieri 16 febbraio 2021.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di liquidazione dell'imposta sulle successioni con contestuale irrogazione delle sanzioni ad una associazione. Quest’ultima proponeva ricorso, ritenendo di poter usufruire delle agevolazioni di cui all’articolo 3 D.Lgs. 346/1990, che esenta dall’imposta sulle successioni le associazioni senza scopo di lucro, e chiedeva contestualmente, nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, il rimborso delle sanzioni versate in via agevolata ex articolo 17 D.Lgs. 472/1997.

La competente Commissione tributaria provinciale dichiarava cessata la materia del contendere con riferimento al diritto alle agevolazioni, riconosciuto dall’amministrazione finanziaria che, nelle more del giudizio, aveva provveduto allo sgravio a seguito della modifica di cui all’articolo 8 L. 161/2014, e accoglieva la domanda di rimborso delle sanzioni pagate dall’ente.

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TRUST AL FIGLIO DISABILE SENZA CERTIFICATO

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

I benefici fiscali previsti dalla legge sul “Dopo di noi” si applicano solo se lo stato di disabilità grave risulti certificato alla data di istituzione del trust. In mancanza, se poi ne venga attestata la preesistenza, è possibile chiedere il rimborso della maggiore imposta versata.

I genitori di figli disabili si domandano molto spesso cosa ne sarà dei propri figli quando non ci saranno più, chi fornirà loro il sostegno economico necessario e, soprattutto, chi se ne prenderà cura. Fortunatamente, il legislatore, negli ultimi anni, si è posto questi stessi interrogativi, rispondendo con la cosiddetta legge sul “Dopo di noi” (L. 112/2016), la quale reca una specifica disciplina in materia di assistenza alle persone con disabilità grave e prive del necessario sostegno familiare.

Tale legge, infatti, favorisce l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità grave, prevedendo, tra le altre forme di intervento, specifici benefici fiscali diretti ad agevolare l’istituzione di trust.

Più precisamente, in relazione all’istituzione di trust in favore di persone con disabilità grave, essa prevede delle agevolazioni in materia di imposta sulle successioni e donazioni di cui all’articolo 2, commi 47-53, Dl 262/2006, di imposta di registro, ipotecaria e catastale, nonché di imposta di bollo.

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IL NOTAIO È RESPONSABILE SOLIDALE SOLO PER L'IMPOSTA PRINCIPALE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro, ogniqualvolta la pretesa impositiva non trovi riscontro cartolare o non sia direttamente desumibile dall’atto, ma richieda l’accesso ad elementi extra-testuali o anche l’esperimento di particolari accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative, l’Amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio dell’avviso di liquidazione integrativo. Al contrario, essa dovrà emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento nei confronti delle parti contraenti in relazione ad un’imposta che ha natura necessariamente complementare.

È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3456 depositata ieri, la quale richiama precedenti analoghi in materia di riqualificazione dell’atto ex articolo 20 D.P.R. 131/1986 (cfr., Cass. sent. 19.05.2008, n. 12608Cass. sent. 16.01.2019, n. 881Cass. sent. 7.06.2019, n. 15450).

Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria notificava ad un notaio apposito avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro in relazione ad un contratto di mandato a suo rogito. La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la pronuncia di primo grado favorevole al notaio.

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INUTILIZZABILI SOLO I DOCUMENTI NON ESIBITI A FRONTE DI UNA PUNTUALE RICHIESTA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di accertamento, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica.

È questo l’interessante principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3090, depositata ieri 9 febbraio 2021, la quale si innesta nel solco tracciato dalle Sezioni Unite sin dalla sentenza n. 45/2000.

La vicenda trae origine da una verifica fiscale, cui seguiva la notifica di un avviso di accertamento ai fini Ires e Irap, che recuperava a tassazione, ai fini che qui rilevano, l’ammortamento di beni strumentali, in quanto effettuato con coefficienti superiori a quelli massimi, anche alla luce del fatto che la società non aveva esibito in sede di verifica i documenti attestanti le modalità di utilizzo dei beni che giustificassero coefficienti più elevati.

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