LA PERIZIA TECNICA INFICIA LA LEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO DI RICLASSAMENTO PRIVO DI MOTIVAZIONE “CONCRETA”
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Il provvedimento di riclassamento deve essere adeguatamente motivato in ordine agli elementi che hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, in quanto non può ritenersi sufficiente il mero richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento, né tantomeno il riferimento alla microzona e alle sue caratteristiche come indistintamente individuate: tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto con riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona.
Sono queste le conclusioni rassegnate dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30060, depositata ieri 26 ottobre 2021.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di vertice trae origine dalla notifica ad un contribuente di un avviso di accertamento emesso all’esito del procedimento sulla revisione del classamento delle unità immobiliari site in microzone comunali, con cui veniva rideterminata la classe di merito e della rendita catastale.
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L’INESPERIENZA DEI FIGLI SUBENTRANTI AL PADRE GIUSTIFICA LO SCOSTAMENTO DEI RICAVI AZIENDALI
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Al fine di superare le presunzioni poste dall’Amministrazione finanziaria alla base dell’accertamento basato sugli studi di settore, rappresentano circostanze rilevanti, di cui il giudice di merito deve tener conto in presenza di idonea documentazione, quelle dirette a dimostrare che lo scostamento rispetto ai ricavi dichiarati è dipeso dalla inesperienza dei figli, nuovi titolari, subentrati al defunto padre, fondatore dell’azienda, essendo indubbio che tale evento determina una fase critica nel prosieguo dell’attività, dipendente dalla necessità sia di ricreare rapporti di rinnovata fiducia con interlocutori abituati ad intrattenere rapporti esclusivamente con il predecessore, sia di adottare decisioni su impegni di spesa, i cui tempi di recupero e sostenibilità potrebbero essere erroneamente valutati.
Sono queste le conclusioni che emergono dall’ordinanza n. 29470, depositata ieri 21 ottobre dalla Corte di Cassazione.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di vertice trae origine dalla notifica ad una s.r.l. di un avviso di accertamento per IVA ed IRAP, scaturito dalla verifica mediante studi di settore, con conseguente rettifica dei ricavi dichiarati. Tale atto impositivo veniva impugnato dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale accoglieva parzialmente il ricorso e procedeva alla riduzione degli importi su cui si basava la pretesa fiscale.
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CONFERIMENTO DI RAMO D'AZIENDA: CESSIONE DEL CREDITO IVA SENZA NOTIFICA AL FISCO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
Il conferimento di un’azienda (o di un suo ramo) in una società costituisce una cessione d’azienda, che comporta per legge, salvo patto contrario, la cessione dei crediti relativi al suo esercizio, compresi i crediti d’imposta vantati dal cedente nei confronti dell’erario; sicché, ai fini dell’efficacia nei confronti di quest’ultimo, non occorre procedere alla notifica ai sensi dell’articolo 69 R.D. 2440/1923, discendendo i relativi effetti dall’adempimento delle formalità pubblicitarie presso il registro delle imprese, secondo quanto disposto in via generale dall’articolo 2559 cod.civ.
È questo l’interessante principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 28787 depositata ieri 19 ottobre.
La vicenda in esame trae origine da un controllo automatizzato ex articolo 36-bis D.P.R. 600/1973 della dichiarazione presentata da Alfa s.r.l., all’esito del quale veniva notificata alla società una cartella di pagamento per carenti versamenti IVA.
La contribuente proponeva ricorso dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, che, in accoglimento dello stesso, procedeva all’annullamento dell’atto impugnato. A seguito di appello dell’Agenzia delle entrate, la Commissione tributaria regionale della Lombardia confermava la decisione di primo grado, evidenziando l’infondatezza della pretesa fiscale.
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IRRILEVANTE L’ERRORE SCUSABILE NELLA ROTTAMAZIONE-TER
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di rottamazione-ter, è legittimo il diniego all’istanza di definizione agevolata della lite fondato sull’errata indicazione dell’importo dovuto, in quanto il principio dell’errore scusabile, seppur previsto dalla similare disciplina del condono fiscale di cui all’articolo 16, comma 9, L. 289/2002, non è passibile di interpretazione analogica con riferimento al D.L. 119/2018. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 27952 depositata ieri 14 ottobre 2021.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento nei confronti di una s.r.l. con il quale l’Amministrazione finanziaria richiedeva il versamento di maggiori imposte per Ires, Irap ed Iva, oltre sanzioni ed interessi. Avverso tale atto impositivo, la società proponeva impugnazione dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso di accertamento impugnato.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, su appello dell’Agenzia delle entrate, accoglieva il gravame relativamente al recupero dell’Iva detratta, secondo i giudici, illegittimamente dalla società.
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NON VERSA L’IVA CHI EMETTE FATTURE FALSE SE PROVA LA MANCANZA DI UN DANNO PER L’ERARIO
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
La fattura concernente operazioni inesistenti e scontata in banca al fine di ottenere un’anticipazione sul credito rappresentato dal documento contabile deve ritenersi messa in circolazione, essendosi verificato lo spossessamento in favore dell’ente creditizio (che può incassare il credito in nome e per conto dell’emittente, ma anche nel proprio interesse). Tale fattura è, dunque, emessa ai sensi dell’articolo 21, comma 1, D.P.R. 633/1972, indipendentemente dalla formale consegna o spedizione alla controparte e l’emittente, la cui buona fede va senz’altro esclusa, è tenuto al versamento dell’IVA relativa ai sensi del settimo comma della citata disposizione, salva la prova dell’eliminazione degli effetti pregiudizievoli per l’Erario derivanti dalla utilizzazione del documento contabile.
È questo l’interessante principio di diritto reso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 27637 depositata ieri 12 ottobre.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla notifica ad una s.r.l. di avvisi di accertamento con cui veniva contestato il mancato versamento dell’IVA con riferimento a tre fatture relative ad operazioni inesistenti.
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COMPENSO DELL’AVVOCATO DEL COMUNE AL NETTO DEGLI ONERI CONTRIBUTIVI E DELL’IRAP
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
I compensi professionali, dovuti ai sensi dell’articolo 27 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 14 settembre 2000 per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, successivo a quello del primo settembre 1999, spettano, in conformità alla disposizione contenuta nell’articolo 2115 cod. civ., nei casi non regolati ratione temporis dall’articolo 1, comma 208, L. 266/2005, al netto degli oneri contributivi previdenziali ed assistenziali, della spesa dell’assicurazione Inail e della imposta IRAP gravante sulla Pubblica Amministrazione datrice di lavoro.
È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 27315, depositata ieri 7 ottobre.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla richiesta di un avvocato (in servizio presso l’Avvocatura civica di un Comune) della rideterminazione dell’esatto ammontare dei compensi professionali a lui spettanti, al netto di IRAP, CPDEL ed INAIL a carico del Comune e la condanna di quest’ultimo alla ricostruzione della propria posizione retributiva, contributiva e previdenziale conseguente alla rideterminazione dei compensi.
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IMPOSTE PROPORZIONALI SE IL CLUB DILETTANTISTICO SI TRASFORMA IN SOCIETÀ DI CAPITALI
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
L’atto di trasformazione di un’associazione sportiva dilettantistica in una società di capitali che persegua fini di lucro è assoggettato ad imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. a), n. 2 della Tariffa parte I, D.P.R. 131/1986.
È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 26878, depositata ieri 5 ottobre.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla trasformazione di un’associazione sportiva dilettantistica in società a responsabilità limitata, a cui seguiva il pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. Successivamente, l’Agenzia delle entrate notificava l’avviso di liquidazione dell’imposta con irrogazione delle sanzioni, applicando le suddette imposte in misura proporzionale, sul presupposto che si fosse trattato di conferimento ad una società commerciale.
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SOGGETTE A TASSAZIONE LE MANCE DEI LAVORATORI PERCHÉ REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, comma 1, TUIR e sono, pertanto, soggette a tassazione.
È questo il principio di diritto reso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 26510 depositata ieri 30 settembre, la quale rappresenta una novità nel consueto panorama giurisprudenziale.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento nei confronti di un lavoratore, con cui venivano recuperati a tassazione redditi di lavoro dipendente non dichiarati (nella specie, corrispondenti ad euro 77.321,00) relativi a mance percepite nello svolgimento delle sue mansioni di capo ricevimento in hotel.
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ILLEGITTIMO L'ACCERTAMENTO SULLE RIMANENZE SE LA DISTRUZIONE DELLA MERCE È PROVATA DAL FORMULARIO DEI RIFIUTI
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di accertamento, con riferimento alla presunzione di cessione di cui agli articoli 1 e 2 D.P.R. 441/1997, i contribuenti che necessitano di avviare a distruzione i propri beni, possono procedere all’operazione mediante consegna dei beni stessi a soggetti autorizzati all’esercizio di tali operazioni in conto di terzi, ai sensi delle vigenti leggi sullo smaltimento dei rifiuti; in tal caso, l’avvio a distruzione è dimostrato mediante il formulario di identificazione rifiuti di cui all’articolo 15 D.Lgs. 22/1997, contenente le indicazioni specifiche richieste dalle prescrizioni che, integrate dal D.M. 145/1998, sono tassative.
È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 26223, depositata ieri 28 settembre.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dagli avvisi di accertamento emessi nei confronti di una società in nome collettivo, con i quali l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione, ai fini Ires, Irap ed IVA, i maggiori ricavi derivanti dall’applicazione della presunzione di cessione delle rimanenze che non erano state rinvenute nei luoghi in cui la s.n.c. svolgeva le proprie operazioni.
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LE DICHIARAZIONI DI MADRE E SORELLA SUI VERSAMENTI SOSPETTI NON RAPPRESENTANO UNA VALIDA PROVA CONTRARIA
di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners
In tema di accertamento bancario, le dichiarazioni introdotte dal contribuente, al fine di fornire la prova contraria tale da dimostrare, in modo oggettivo e determinato, natura e origine delle movimentazioni bancarie, e così superare la presunzione legale relativamente alle operazioni di accredito ed addebito, non sono idonee se rese da terzi legati da vincoli familiari, prive di data e provenienza certa, e comunque di ulteriore riscontro probatorio. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 25804, depositata ieri 23 settembre.
La fattispecie in esame prende le mosse da un accertamento bancario con cui l’amministrazione finanziaria rideterminava il reddito del contribuente, recuperando a tassazione i (presunti) redditi non dichiarati. Al fine di contestare i maggiori ricavi dedotti dalle movimentazioni bancarie, l’avviso veniva impugnato dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale rigettava il ricorso. Anche i giudici di appello respingevano il gravame fondato sull’illegittimità del provvedimento impositivo, ritenendo corretta la valutazione del primo giudice circa i presupposti per l’accertamento operato ai sensi dell’articolo 32 D.P.R. 600/1973. Infatti, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna riteneva che le prove addotte dal contribuente non avessero offerto elementi di prova sufficienti a superare le presunzioni.
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