PRESTITO DI PERSONALE ALLA CONTROLLATA: IVA DETRAIBILE SOLO SE IL RIMBORSO È SUPERIORE AL MERO COSTO

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di Iva, la controllata che riceve dalla controllante il prestito o distacco di personale ha diritto alla detrazione Iva solo nel caso in cui questa rimborsi una somma superiore rispetto alle retribuzioni e agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante. In difetto di prova, da parte dell’amministrazione finanziaria, dell’esistenza di un reddito imponibile, la controllata ha diritto altresì a dedurre detto costo dalla base imponibile Irap.

È questo l’importante principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 5615, depositata ieri 2 marzo, la quale si innesta nel solco tracciato dalle Sezioni Unite con sentenza 7.11.2011, n. 23021.

La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica a due società (controllante e controllata) degli avvisi di accertamento ai fini Iva, Irap e Ires emessi dall’Agenzia delle entrate nei loro confronti in relazione alla prestazione di prestito di personale dalla controllante alla controllata.

Le due società proponevano ricorso avverso i predetti atti dinanzi alla competente CTP, che, in accoglimento parziale, rilevava che la controllante non avesse soltanto prestato il proprio personale alla controllata, ma aveva altresì reso ulteriori prestazioni, consistenti nell’utilizzo di strutture e apparecchiature della società.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


FUORI CAMPO IVA LE CESSIONI DI PARTECIPAZIONI AZIONARIE SE OCCASIONALI

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Le operazioni di cessione relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva, salvo che sia accertato che sono state effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di acquisizione di titoli per realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni o che costituiscono il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile.

È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 5156, depositata ieri 25 febbraio, la quale richiama l’orientamento euro-unitario formatosi in materia (cfr., CGUE, sent. 29 ottobre 2009, SKF, causa C-29/08).

La vicenda trae origine dalla notifica alla società Alfa S.p.A. di un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2004, con cui veniva accertata un’indebita detrazione dell’Iva, dal momento che detto sodalizio aveva detratto l’intero ammontare dell’IVA sugli acquisti senza calcolare il pro rata per la cessione della partecipazione nella società Beta S.p.A., dalla stessa fatturata in esenzione.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


AVVISO DI LIQUIDAZIONE ILLEGITTIMO SE FA RIFERIMENTO ALLA SENTENZA SENZA ALLEGARLA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, l’avviso di liquidazione emesso ex articolo 54, commi 3 e 5, D.P.R. 131/1986, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dall’articolo 7 L. 212/2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4736, depositata ieri 23 febbraio 2021, in conformità al consolidato orientamento di legittimità inaugurato dai giudici di vertice con sentenza 10 agosto 2010, n. 18532 (in senso conforme, ex multis Cassazione, sentenza n. 9299 del 17.04.2013;  Cassazione, ordinanza n. 17911 del 13.08.2014Cassazione, ordinanza n. 12468 del 17.06.2015;  Cassazione, ordinanza n. 29402 del 07.12.2017Cassazione, ordinanza n. 13402 del 01.07.2020).

La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica di un avviso di liquidazione emesso in relazione alla registrazione di una sentenza civile recante lo scioglimento di una comunione ereditaria, con attribuzione al contribuente di bene immobile dietro versamento di conguaglio.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


AVVISO DI LIQUIDAZIONE ILLEGITTIMO SE FA RIFERIMENTO ALLA SENTENZA SENZA ALLEGARLA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, l’avviso di liquidazione emesso ex articolo 54, commi 3 e 5, D.P.R. 131/1986, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dall’articolo 7 L. 212/2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4736, depositata ieri 23 febbraio 2021, in conformità al consolidato orientamento di legittimità inaugurato dai giudici di vertice con sentenza 10 agosto 2010, n. 18532 (in senso conforme, ex multis Cassazione, sentenza n. 9299 del 17.04.2013;  Cassazione, ordinanza n. 17911 del 13.08.2014Cassazione, ordinanza n. 12468 del 17.06.2015;  Cassazione, ordinanza n. 29402 del 07.12.2017Cassazione, ordinanza n. 13402 del 01.07.2020).

La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica di un avviso di liquidazione emesso in relazione alla registrazione di una sentenza civile recante lo scioglimento di una comunione ereditaria, con attribuzione al contribuente di bene immobile dietro versamento di conguaglio.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


IMPOSTA DI REGISTRO DOVUTA ANCHE SE L'ESECUTORIETÀ DEL DECRETO INGIUNTIVO È SOSPESA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è assoggettato ad imposta anche se, in pendenza del giudizio di opposizione, l’esecutorietà dello stesso venga sospesa; ciò perché solo l’intervento di una decisione definitiva che, all’esito del giudizio di opposizione, revochi o annulli o dichiari la nullità del decreto ingiuntivo opposto esclude la debenza del tributo ex articolo 37 D.P.R. 131/1986.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4327, depositata ieri 18 febbraio 2021, in conformità all’orientamento di legittimità secondo cui soltanto una sentenza passata in giudicato può porre nel nulla l’imposizione (cfr., Cassazione, sentenza n. 11663 del 17.09.2001).

La vicenda in esame trae origine dalla notifica di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, relativo ad un decreto ingiuntivo emesso con la formula della provvisoria esecuzione.

La società destinataria proponeva ricorso dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, assumendo che l’imposta di registro non fosse dovuta poiché, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, la provvisoria esecutorietà dello stesso era stata “revocata”.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


LA DEFINIZIONE DELLA LITE PER SGRAVIO LEGITTIMA IL RIMBORSO DELLE SANZIONI AGEVOLATE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Qualora sia intervenuta la definizione della lite in virtù dello sgravio della pretesa tributaria disposto dall’amministrazione finanziaria, sussiste in capo a tale ente l’obbligo giuridico di rimborsare le sanzioni, richieste nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, anche se versate in via agevolata ex articolo 17 D.Lgs. 472/1997. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3984, depositata ieri 16 febbraio 2021.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di liquidazione dell'imposta sulle successioni con contestuale irrogazione delle sanzioni ad una associazione. Quest’ultima proponeva ricorso, ritenendo di poter usufruire delle agevolazioni di cui all’articolo 3 D.Lgs. 346/1990, che esenta dall’imposta sulle successioni le associazioni senza scopo di lucro, e chiedeva contestualmente, nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, il rimborso delle sanzioni versate in via agevolata ex articolo 17 D.Lgs. 472/1997.

La competente Commissione tributaria provinciale dichiarava cessata la materia del contendere con riferimento al diritto alle agevolazioni, riconosciuto dall’amministrazione finanziaria che, nelle more del giudizio, aveva provveduto allo sgravio a seguito della modifica di cui all’articolo 8 L. 161/2014, e accoglieva la domanda di rimborso delle sanzioni pagate dall’ente.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


IL NOTAIO È RESPONSABILE SOLIDALE SOLO PER L'IMPOSTA PRINCIPALE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di imposta di registro, ogniqualvolta la pretesa impositiva non trovi riscontro cartolare o non sia direttamente desumibile dall’atto, ma richieda l’accesso ad elementi extra-testuali o anche l’esperimento di particolari accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative, l’Amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio dell’avviso di liquidazione integrativo. Al contrario, essa dovrà emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento nei confronti delle parti contraenti in relazione ad un’imposta che ha natura necessariamente complementare.

È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3456 depositata ieri, la quale richiama precedenti analoghi in materia di riqualificazione dell’atto ex articolo 20 D.P.R. 131/1986 (cfr., Cass. sent. 19.05.2008, n. 12608Cass. sent. 16.01.2019, n. 881Cass. sent. 7.06.2019, n. 15450).

Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria notificava ad un notaio apposito avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro in relazione ad un contratto di mandato a suo rogito. La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la pronuncia di primo grado favorevole al notaio.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


INUTILIZZABILI SOLO I DOCUMENTI NON ESIBITI A FRONTE DI UNA PUNTUALE RICHIESTA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

In tema di accertamento, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica.

È questo l’interessante principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3090, depositata ieri 9 febbraio 2021, la quale si innesta nel solco tracciato dalle Sezioni Unite sin dalla sentenza n. 45/2000.

La vicenda trae origine da una verifica fiscale, cui seguiva la notifica di un avviso di accertamento ai fini Ires e Irap, che recuperava a tassazione, ai fini che qui rilevano, l’ammortamento di beni strumentali, in quanto effettuato con coefficienti superiori a quelli massimi, anche alla luce del fatto che la società non aveva esibito in sede di verifica i documenti attestanti le modalità di utilizzo dei beni che giustificassero coefficienti più elevati.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


LA SPECIALE TENUITÀ NON SCRIMINA L'EVASIONE DI POCO SUPERIORE ALLA SOGLIA DI PUNIBILITÀ

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Nel 2015 il legislatore ha introdotto, con l’articolo 131-bis c.p., la causa di non punibilità per tenuità del fatto in ossequio ai principi di proporzionalità della pena e di economia processuale.

Tale disposizione prevede che, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni (ovvero la pena pecuniaria, da sola o congiunta con la prima), la punibilità sia esclusa qualora, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno (o del pericolo), l’offesa risulti di particolare tenuità e il comportamento non risulti essere abituale.

La giurisprudenza di legittimità ha confermato l’applicazione di tale istituto anche ai reati tributari per i quali è prevista una soglia di punibilità.

Con specifico riferimento ai reati di omesso versamento, la causa di non punibilità in commento è applicabile a tutte le fattispecie criminose, ivi incluse quelle in cui siano previste soglie al di sotto delle quali è esclusa la rilevanza penale.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata


LA SPECIALE TENUITÀ NON SCRIMINA L'EVASIONE DI POCO SUPERIORE ALLA SOGLIA DI PUNIBILITÀ

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Nel 2015 il legislatore ha introdotto, con l’articolo 131-bis c.p., la causa di non punibilità per tenuità del fatto in ossequio ai principi di proporzionalità della pena e di economia processuale.

Tale disposizione prevede che, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni (ovvero la pena pecuniaria, da sola o congiunta con la prima), la punibilità sia esclusa qualora, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno (o del pericolo), l’offesa risulti di particolare tenuità e il comportamento non risulti essere abituale.

La giurisprudenza di legittimità ha confermato l’applicazione di tale istituto anche ai reati tributari per i quali è prevista una soglia di punibilità.

Con specifico riferimento ai reati di omesso versamento, la causa di non punibilità in commento è applicabile a tutte le fattispecie criminose, ivi incluse quelle in cui siano previste soglie al di sotto delle quali è esclusa la rilevanza penale.

Per leggere l’articolo completo scarica il PDF

© Riproduzione riservata