TASSAZIONE DELL'ATTO DI DOTAZIONE DI TRUST IRREVOCABILE AL "NASCITURO"

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su "La rivista delle operazioni straordinarie n. 10/2020"

Il trust ha registrato negli ultimi anni un ampio utilizzo in alternativa al testamento, in quanto consente di pianificare il passaggio generazionale della ricchezza, al fine di perseguire particolari esigenze, quali la tutela di soggetti deboli o della redditività di impresa, o per eludere il limite imposto dall’ordinamento circa l’unitarietà della successione, ampiamente criticato in dottrina.

Dal punto di vista tributario, detto istituto è soggetto all’imposta di successione e donazione, sulla scorta dell’amplissima e omnicomprensiva definizione di «vincolo di destinazione» prevista dal D.L. 262/2006.

Ebbene, atteso che il trust esplica i propri effetti verso il beneficiario finale, con il presente contributo ci si interroga sulla possibilità di concluderne uno prevedendo come beneficiari soggetti individuati entro la classe dei discendenti in linea retta, in un momento in cui non ne sia nato alcuno di essi, e sui riflessi di tale negozio in materia di imposta sulle successioni e donazioni.

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EREDITÀ GIACENTE: LE ATTIVITÀ DEL CURATORE QUALE "TRAGHETTATORE" DEL RELICTUM

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su "Patrimoni, finanza e internazionalizzazione n. 28/2020"

Al fine di evitare che il patrimonio del de cuius rimanga privo di titolare e senza tutela giuridica fino all’accettazione del chiamato, è previsto l’istituto dell’eredità giacente che postula la nomina di un curatore da parte dell’autorità giudiziaria. Tale soggetto assume il ruolo di “traghettatore” del relictum, dovendo svolgere una pluralità di compiti complessi e specialistici e che richiede il possesso di particolari competenze.

Dall’apertura della successione all’effettiva accettazione dell’eredità possono decorrere sino a dieci anni, periodo in cui l’asse ereditario rimane inevitabilmente esposto ad atti pregiudizievoli che potrebbero depauperarlo. Le esigenze di garantire la certezza dei traffici giuridici e di assicurare tutela al compendio ereditario privo di dominus impongono, quindi, la nomina di un soggetto chiamato "curatore dell’eredità giacente".

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IL COMMERCIALISTA RISARCISCE IL CLIENTE IN CASO DI OMESSA DICHIARAZIONE DI UNA PLUSVALENZA IMMOBILIARE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e contenzioso n. 64/2020”

Nella quotidianità dei rapporti con il Fisco, il contribuente, stante l’ermeticità e l’eccesiva complessità della materia tributaria, ricorre alla figura del commercialista per adempiere ai propri obblighi dichiarativi e fiscali. Anche il dottore commercialista, però, da buon essere umano, può compiere degli errori, i quali sovente portano a una rideterminazione dell’imponibile a carico del cliente e l’irrogazione di sanzioni amministrative o, finanche, penali.
In questi casi, la giurisprudenza è rigorosa nel ritenere che il conferimento dell’incarico professionale non sposti la responsabilità dell’obbligo dichiarativo sul commercialista, il quale assume il ruolo di mero intermediario. Sicché, le sanzioni irrogate al contribuente restano valide, ferma restando la possibilità di avviare una controversia civile per accertare la responsabilità professionale del commercialista e condannarlo al risarcimento del danno subito.
Proprio in tal senso si sono recentemente espressi i giudici di vertice con la succinta ordinanza n. 8108/2020, laddove, discostandosi da quanto sancito dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione, hanno condannato il professionista al risarcimento del danno patito dal contribuente in conseguenza dell’omessa indicazione di una plusvalenza immobiliare.

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PATTO DI FAMIGLIA: CHIARIMENTI SULLE INCERTE CONDIZIONI PER IL TRASFERIMENTO IN ESENZIONE DI QUOTE DI SOCIETÀ DI PERSONE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su "La rivista delle operazioni straordinarie n. 7/2020"

Il patto di famiglia, così come disciplinato dall’articolo 768-bis cod.civ., consente all’imprenditore di trasferire, in tutto o in parte, la propria azienda o un ramo di essa e al titolare di partecipazioni sociali di trasferire, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti, nei limiti e nel rispetto delle norme sulle società e sull’impresa familiare.
In virtù di quanto previsto dall’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990, tale operazione può essere realizzata in totale esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni laddove sussistano talune condizioni, che da una rapida lettura del dato normativo si rivelano di difficile interpretazione, soprattutto per quanto concerne il trasferimento di quote di società di persone.
Al fine di trovare risposta ai tanti interrogativi che tale disciplina pone, è d’uopo sottolineare sin d’ora che la ratio alla base dell’agevolazione non appena indicata risiede nella volontà di assicurare una stabilizzazione e continuità intergenerazionale delle piccole e medie imprese mediante il trasferimento in esenzione d’imposta, presto atto dell’elevato valore sociale che queste hanno (anche) nella creazione di posti di lavoro.
Dunque, è in quest’ottica che deve essere interpretato l’incerto dato normativo, altrimenti si finirebbe per offrirne una visione che, seppur aderente alla lettera del citato articolo 3, comma 4-ter, non realizza la finalità perseguita dal legislatore.

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PATTO DI FAMIGLIA: CHIARIMENTI SULLE INCERTE CONDIZIONI PER IL TRASFERIMENTO IN ESENZIONE DI QUOTE DI SOCIETÀ DI PERSONE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su "La rivista delle operazioni straordinarie n. 7/2020"

Il patto di famiglia, così come disciplinato dall’articolo 768-bis cod.civ., consente all’imprenditore di trasferire, in tutto o in parte, la propria azienda o un ramo di essa e al titolare di partecipazioni sociali di trasferire, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti, nei limiti e nel rispetto delle norme sulle società e sull’impresa familiare.
In virtù di quanto previsto dall’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990, tale operazione può essere realizzata in totale esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni laddove sussistano talune condizioni, che da una rapida lettura del dato normativo si rivelano di difficile interpretazione, soprattutto per quanto concerne il trasferimento di quote di società di persone.
Al fine di trovare risposta ai tanti interrogativi che tale disciplina pone, è d’uopo sottolineare sin d’ora che la ratio alla base dell’agevolazione non appena indicata risiede nella volontà di assicurare una stabilizzazione e continuità intergenerazionale delle piccole e medie imprese mediante il trasferimento in esenzione d’imposta, presto atto dell’elevato valore sociale che queste hanno (anche) nella creazione di posti di lavoro.
Dunque, è in quest’ottica che deve essere interpretato l’incerto dato normativo, altrimenti si finirebbe per offrirne una visione che, seppur aderente alla lettera del citato articolo 3, comma 4-ter, non realizza la finalità perseguita dal legislatore.

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IL NUOVO CALENDARIO DELLE SCADENZE FISCALI A SEGUITO DELL'EMERGENZA SANITARIA DA COVID-19

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e contenzioso n. 63/2020”

L’emergenza sanitaria da virus Covid-19 ha costretto il Governo ad adottare una serie di contromisure con i DD.LL. n. 18/2020, n. 23/2020 e n. 34/2020, rispettivamente ribattezzati “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio”, i quali hanno sostanzialmente prodotto un ginepraio di rinvii di versamenti, adempimenti e scadenze fiscali.
Prese complessivamente, infatti, le disposizioni adottano criteri soggettivi, geografici, quantitativi e anche temporali tra loro diversificati, che ne rendono l’applicazione oltremodo complessa.
Con il presente contributo si cercherà, dunque, di ricostruire il nuovo calendario fiscale, tracciando una panoramica dei vari versamenti sospesi e non compiuti alle scadenze di marzo, aprile e maggio 2020; analizzando il contenuto delle nuove norme in tema di proroga delle scadenze, di sanzioni e di interessi e, infine, cosa accade per i successivi versamenti in scadenza, in caso di mancato pagamento.
È d’uopo premettersi, in ogni caso, che il calendario fiscale potrà subire ulteriori modifiche in forza della conversione in legge del D.L. 34/2020 e di interventi normativi che eventualmente seguiranno nei mesi successivi.

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RIVALUTAZIONE DEI BENI D'IMPRESA RINNOVATA ANCHE PER IL 2020

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La Rivista delle operazioni straordinarie n. 5/2020”

Quest’ultimo istituto esplica i propri effetti mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva con aliquota del 12% per i beni ammortizzabili e del 10% per quelli non ammortizzabili.
Non è certo la prima volta che il legislatore offre un’opportunità di questo tenore. Già in passato la L. 342/2000, infatti, aveva concesso simile facoltà attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto. Successivamente, poi, il legislatore ha puntualmente prorogato detto istituto, riaprendo i termini per la rivalutazione di anno in anno, mediante Legge di Bilancio .
Il presente articolo si propone di analizzare la disciplina della nuova rivalutazione dei beni aziendali, la quale richiama espressamente, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 11, 13, 14 e 15 L. 342/2000 e i DD.MM. attuativi 162/2001 e 86/2002.
Si procederà, in definitiva, ad analizzare i requisiti soggettivi ed oggettivi per usufruire della rivalutazione, unitamente alle modalità di effettuazione, riflettendo, da ultimo, brevemente sugli aspetti di convenienza dell’istituto.

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RIVALUTAZIONE DEI BENI D'IMPRESA RINNOVATA ANCHE PER IL 2020

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La Rivista delle operazioni straordinarie n. 5/2020”

Quest’ultimo istituto esplica i propri effetti mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva con aliquota del 12% per i beni ammortizzabili e del 10% per quelli non ammortizzabili.
Non è certo la prima volta che il legislatore offre un’opportunità di questo tenore. Già in passato la L. 342/2000, infatti, aveva concesso simile facoltà attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto. Successivamente, poi, il legislatore ha puntualmente prorogato detto istituto, riaprendo i termini per la rivalutazione di anno in anno, mediante Legge di Bilancio .
Il presente articolo si propone di analizzare la disciplina della nuova rivalutazione dei beni aziendali, la quale richiama espressamente, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 11, 13, 14 e 15 L. 342/2000 e i DD.MM. attuativi 162/2001 e 86/2002.
Si procederà, in definitiva, ad analizzare i requisiti soggettivi ed oggettivi per usufruire della rivalutazione, unitamente alle modalità di effettuazione, riflettendo, da ultimo, brevemente sugli aspetti di convenienza dell’istituto.

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CESSIONE DI PARTECIPAZIONI: I CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DEL VALORE FISCALMENTE RICONOSCIUTO

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La Rivista delle operazioni straordinarie n. 4/2020”

In materia di reddito di impresa, la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle azioni o quote possedute in società di capitali e di persone commerciali è disciplinata dall’articolo 86, comma 2, D.P.R. 917/1986, secondo cui le plusvalenze patrimoniali sono determinate quale differenza tra il corrispettivo percepito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il “costo fiscale” delle partecipazioni oggetto di cessione.
Al successivo comma 5-bis dell’articolo 86 citato è previsto che, nelle ipotesi di cui all’articolo 47, commi 5 e 7, D.P.R. 917/1986, costituiscono plusvalenze tassabili le somme o il valore normale di quanto ricevuto pro quota dal socio a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il “valore fiscalmente riconosciuto” delle partecipazioni. Anche tale disposizione, che attrae nella disciplina delle plusvalenze di impresa i redditi derivanti dalle fattispecie di cui al citato articolo 47, commi 5 e 7 (ordinariamente considerati redditi di capitale per assimilazione agli utili da partecipazione), fa quindi riferimento al valore fiscalmente riconosciuto.
Al fine di stabilire cosa debba intendersi per “costo fiscale” o “valore fiscalmente riconosciuto” delle partecipazioni, è possibile richiamare le norme generali sulle valutazioni di cui all’articolo 110, comma 1, lett. b), c) e d), D.P.R. 917/1986, il quale, da un lato, chiarisce che in detto costo vanno ricompresi gli oneri accessori di diretta imputazione, ad eccezione degli interessi passivi e delle spese generali, e, dall’altro, esclude le plusvalenze e minusvalenze solo iscritte e non realizzate.

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CESSIONE DI PARTECIPAZIONI: I CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DEL VALORE FISCALMENTE RICONOSCIUTO

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La Rivista delle operazioni straordinarie n. 4/2020”

In materia di reddito di impresa, la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle azioni o quote possedute in società di capitali e di persone commerciali è disciplinata dall’articolo 86, comma 2, D.P.R. 917/1986, secondo cui le plusvalenze patrimoniali sono determinate quale differenza tra il corrispettivo percepito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il “costo fiscale” delle partecipazioni oggetto di cessione.
Al successivo comma 5-bis dell’articolo 86 citato è previsto che, nelle ipotesi di cui all’articolo 47, commi 5 e 7, D.P.R. 917/1986, costituiscono plusvalenze tassabili le somme o il valore normale di quanto ricevuto pro quota dal socio a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il “valore fiscalmente riconosciuto” delle partecipazioni. Anche tale disposizione, che attrae nella disciplina delle plusvalenze di impresa i redditi derivanti dalle fattispecie di cui al citato articolo 47, commi 5 e 7 (ordinariamente considerati redditi di capitale per assimilazione agli utili da partecipazione), fa quindi riferimento al valore fiscalmente riconosciuto.
Al fine di stabilire cosa debba intendersi per “costo fiscale” o “valore fiscalmente riconosciuto” delle partecipazioni, è possibile richiamare le norme generali sulle valutazioni di cui all’articolo 110, comma 1, lett. b), c) e d), D.P.R. 917/1986, il quale, da un lato, chiarisce che in detto costo vanno ricompresi gli oneri accessori di diretta imputazione, ad eccezione degli interessi passivi e delle spese generali, e, dall’altro, esclude le plusvalenze e minusvalenze solo iscritte e non realizzate.

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