È REDDITO D'IMPRESA QUELLO PRODOTTO DALLE SOCIETÀ TRA AVVOCATI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Con risoluzione AdE 35/E/2018 l’Agenzia delle entrate ha posto lumi sulla natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati costituite ex articolo 4-bis L. 247/2012, statuendo che “l’esercizio della professione forense in forma societaria, in assenza di una specifica disposizione di carattere fiscale, costituisce attività d’impresa.”
Tale intervento è stato sollecitato in considerazione della situazione di incertezza venutasi a creare in seguito alla risoluzione AdE 118/E/2003, secondo cui le società tra avvocati costituite ex articolo 16 D.Lgs. 96/2001 producono reddito di lavoro autonomo, e alla successiva istituzione delle società tra professionisti, disciplinate dall’articolo 10 L. 183/2011.
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È REDDITO D'IMPRESA QUELLO PRODOTTO DALLE SOCIETÀ TRA AVVOCATI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Con risoluzione AdE 35/E/2018 l’Agenzia delle entrate ha posto lumi sulla natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati costituite ex articolo 4-bis L. 247/2012, statuendo che “l’esercizio della professione forense in forma societaria, in assenza di una specifica disposizione di carattere fiscale, costituisce attività d’impresa.”
Tale intervento è stato sollecitato in considerazione della situazione di incertezza venutasi a creare in seguito alla risoluzione AdE 118/E/2003, secondo cui le società tra avvocati costituite ex articolo 16 D.Lgs. 96/2001 producono reddito di lavoro autonomo, e alla successiva istituzione delle società tra professionisti, disciplinate dall’articolo 10 L. 183/2011.
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NO ALLA LIQUIDAZIONE AUTOMATICA SU QUESTIONI INTERPRETATIVE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di accertamento, qualora risulti necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegata, oppure una valutazione giuridica delle norme interessate, non può trovare applicazione la liquidazione automatica, occorrendo invece un atto di accertamento esplicitamente motivato, il quale soltanto è idoneo a rendere edotto il contribuente del percorso logico giuridico adottato dall'Amministrazione finanziaria nella diversa determinazione dell’imponibile, condizione indispensabile per permettergli di difendersi adeguatamente. Questo è il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 27 aprile 2018, n. 10204.
Nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate ricorreva alla procedura di liquidazione automatica di cui all'articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, rideterminando al 33% l’aliquota da applicare ai redditi delle società controllate dalla contribuente e residenti in paesi a fiscalità agevolata, ai sensi dell’articolo 77 D.P.R. 917/1986 e non secondo quanto disposto dall'articolo 167 D.P.R. 917/1986, ritenuto dall'Ufficio non applicabile alla fattispecie concreta sottoposta al suo controllo.
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NO ALLA LIQUIDAZIONE AUTOMATICA SU QUESTIONI INTERPRETATIVE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di accertamento, qualora risulti necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegata, oppure una valutazione giuridica delle norme interessate, non può trovare applicazione la liquidazione automatica, occorrendo invece un atto di accertamento esplicitamente motivato, il quale soltanto è idoneo a rendere edotto il contribuente del percorso logico giuridico adottato dall'Amministrazione finanziaria nella diversa determinazione dell’imponibile, condizione indispensabile per permettergli di difendersi adeguatamente. Questo è il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 27 aprile 2018, n. 10204.
Nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate ricorreva alla procedura di liquidazione automatica di cui all'articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, rideterminando al 33% l’aliquota da applicare ai redditi delle società controllate dalla contribuente e residenti in paesi a fiscalità agevolata, ai sensi dell’articolo 77 D.P.R. 917/1986 e non secondo quanto disposto dall'articolo 167 D.P.R. 917/1986, ritenuto dall'Ufficio non applicabile alla fattispecie concreta sottoposta al suo controllo.
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È DAVVERO A RISCHIO LA NATURA ASSICURATIVA DELLE POLIZZE VITA?
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Negli ultimi giorni ha destato molto clamore la pronuncia della Corte di Cassazione in tema di polizze vita (cfr., Cass., ordinanza n. 10333 del 30.04.2018), poiché – a detta dei primi commentatori – i giudici di Piazza Cavour avrebbero preso posizione sulla qualificazione di tali contratti, mettendone in discussione la natura assicurativa.
Al fine di comprendere esattamente quanto statuito dalla Suprema Corte nella pronuncia indicata, è d’uopo ripercorrerne brevemente gli elementi fattuali.
Nel 2006 una persona fisica sottoscriveva un contratto di assicurazione sulla vita, avente quale beneficiario il proprio figlio, per il tramite di una fiduciaria. Successivamente, l’assicurato e la fiduciaria convenivano in giudizio la società di assicurazioni, chiedendo, tra l’altro, la risoluzione di tale contratto per inadempimento, sia nella fase di formazione che in quella di esecuzione dell’accordo.
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INDAGINI FINANZIARIE E MOVIMENTAZIONI SUI CONTI DI SOGGETTI TERZI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di indagini finanziarie, l’Agenzia delle entrate deve provare, anche tramite presunzioni, che le movimentazioni bancarie riscontrate sui conti correnti intestati a soggetti terzi rispetto alla società verificata siano riferibili, seppure in parte, ad operazioni aziendali, onde poter recuperare a tassazione la maggiore materia imponibile accertata. È questo il principio di diritto che emerge dall’ordinanza n. 9212 del 13.04.2018 della Corte di Cassazione.
La controversia sottoposta al vaglio dei giudici di Piazza Cavour prende le mosse da un ricorso proposto dalla contribuente, una società a responsabilità limitata operante nel settore tessile, avverso un avviso di accertamento emanato dall’Agenzia delle entrate a seguito di indagini finanziarie.
L’Amministrazione finanziaria, sulla scorta dei dati rinvenienti dai conti correnti personali dell’amministratore della società verificata e, addirittura, di sua figlia, evidenziava l’esistenza di movimentazioni bancarie sospette, poiché non adeguatamente motivate. Essa procedeva pertanto al recupero a tassazione del maggior imponibile rilevato, emanando il relativo avviso di accertamento.
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L'APPELLO INCIDENTALE SALVA LA QUESTIONE RESPINTA
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di impugnazione, la parte vittoriosa nel merito, ma rimasta soccombente su una determinata questione che sia stata espressamente respinta dal giudice od oggetto di implicita ma chiara valutazione di infondatezza, deve necessariamente proporre impugnazione incidentale sul punto, onde evitare la formazione del giudicato interno. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4576 del 28.02.2018.
La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di un contribuente, cui seguiva la notifica di plurimi avvisi di accertamento con cui veniva contestato un maggior reddito d’impresa ai fini Irpef, Irap e Iva.
Il contribuente proponeva ricorso presso la competente Commissione tributaria provinciale, la quale dichiarava illegittimi gli avvisi di accertamento impugnati e, per l’effetto, li annullava. Tale provvedimento era poi confermato in appello, a seguito del rigetto dell’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate.
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ACCESSO E GRAVI INDIZI: QUANDO SI HA DESTINAZIONE AD USO PROMISCUO?
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di verifiche fiscali, la destinazione ad uso promiscuo di un locale, che non subordina l’autorizzazione all’accesso del Procuratore della Repubblica alla presenza di gravi indizi di violazioni, ricorre non soltanto nell’ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l’attività commerciale o professionale, ma ogni qualvolta l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento di documenti propri di detta attività nei locali abitativi. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 28 marzo 2018, n. 7723.
La fattispecie prende le mosse dalla pronuncia con cui i giudici di seconde cure avevano respinto il ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo un avviso di accertamento avente ad oggetto imposte sui redditi ed Iva, perché basato su un accesso svolto senza regolare autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Essi avevano, infatti, reputato corretto quanto affermato dai giudici di prime cure in quanto, secondo il loro ragionamento, la verifica fiscale veniva effettuata nell’abitazione privata del contribuente e per l’effetto richiedeva l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, la quale nulla prevedeva in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di violazione delle norme tributarie.
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LE NOVITÀ PREVISTE DAL REGOLAMENTO EUROPEO IN MATERIA DI PRIVACY
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il 25 maggio 2018 entrerà in vigore il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che ha l’obiettivo di creare regole coerenti in merito alla protezione dei dati per tutte le aziende con sede nell'Unione europea.
Anche se molti dei principi da esso previsti si basano sulle attuali norme di protezione dei dati dell'Unione europea, il GDPR prevede un ambito di applicazione più ampio, standard più prescrittivi e multe fino al 4 per cento dei ricavi globali annui per determinate violazioni.
Per avere maggiori informazioni scarica la GUIDA AL NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI predisposta dall'Autorità di vigilanza.
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NOTIFICA NULLA SENZA RACCOMANDATA INFORMATIVA
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In caso di irreperibilità relativa del contribuente, configurabile anche quando quest'ultimo non venga reperito dall'agente postale dopo diversi tentativi di accesso, la notificazione degli avvisi e degli atti impositivi segue la procedura di cui all’articolo 140 c.p.c., il quale richiede la spedizione e l’effettiva ricezione dell’avviso di avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 6 aprile 2018, n. 8478.
La vicenda trae origine dalla pronuncia con cui i giudici di seconde cure avevano ritenuto illegittima una cartella di pagamento, in quanto invalidamente notificata seguendo la procedura di cui all’articolo 60 D.P.R. 600/1973.
Essi avevano, infatti, rilevato come il soggetto fosse soltanto temporaneamente irreperibile, e non assolutamente indisponibile, in quanto residente nello stesso Comune in cui andava effettuata la notifica. Pertanto, contrariamente a quanto effettuato, la procedura da seguire era quella prevista dall’articolo 140 c.p.c..
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