DISCONOSCIMENTO DEL RIMBORSO FISCALE ANCHE OLTRE I TERMINI ORDINARI DI ACCERTAMENTO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'Amministrazione finanziaria può procedere al disconoscimento del rimborso fiscale anche oltre il termine previsto per l'accertamento. È questo il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 5069 del 15 marzo 2016, che ha risolto il contrasto giurisiprudenziale sorto con le precedenti sentenze nn. 2918/2010 e 9339/2012.

Nella pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che la spettanza di un credito chiesto a rimborso in dichiarazione può essere disconosciuta dall'Amministrazione finanziaria anche oltre i termini ordinari di decadenza dal potere di accertamento. Ciò sulla base della considerazione per la quale - affermano gli Ermellini - appare preferibile la soluzione secondo cui i termini decadenziali in questione siano apposti solo alle attività di accertamento di un credito dell'Amministrazione e non a quelle con cui la stessa contesti la sussistenza di un suo debito, ancorché simile soluzione susciti una certa disarmonia nel sistema in quanto, decorso il termine per l'accertamento, all'Amministrazione viene consentito di contestare il contenuto di un atto del contribuente solo nella misura in cui tale contestazione consenta alla stessa di evitare un esborso. Peraltro, le Sezioni Unite hanno affermato che tale soluzione non lascia senza difesa il contribuente che ben può impugnare il silenzio dell'Amministrazione che non dia seguito alla istanza di rimborso, ottenendo sul punto una pronuncia giudiziale.

In definitiva, i Supremi Giudici hanno sancito un principio, certamente poco condivisibile, secondo cui i termini decadenziali dal potere di accertamento sono validi solo ai fini dell’accertamento di un credito dell’Amministrazione finanziaria, e non anche per la contestazione della sussistenza di un suo debito, in applicazione del principio quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum di cui all'art. 1442 c.c. secondo cui l’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto anche se prescritta l’azione per farla valere.

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DISCONOSCIMENTO DEL RIMBORSO FISCALE ANCHE OLTRE I TERMINI ORDINARI DI ACCERTAMENTO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'Amministrazione finanziaria può procedere al disconoscimento del rimborso fiscale anche oltre il termine previsto per l'accertamento. È questo il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 5069 del 15 marzo 2016, che ha risolto il contrasto giurisiprudenziale sorto con le precedenti sentenze nn. 2918/2010 e 9339/2012.

Nella pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che la spettanza di un credito chiesto a rimborso in dichiarazione può essere disconosciuta dall'Amministrazione finanziaria anche oltre i termini ordinari di decadenza dal potere di accertamento. Ciò sulla base della considerazione per la quale - affermano gli Ermellini - appare preferibile la soluzione secondo cui i termini decadenziali in questione siano apposti solo alle attività di accertamento di un credito dell'Amministrazione e non a quelle con cui la stessa contesti la sussistenza di un suo debito, ancorché simile soluzione susciti una certa disarmonia nel sistema in quanto, decorso il termine per l'accertamento, all'Amministrazione viene consentito di contestare il contenuto di un atto del contribuente solo nella misura in cui tale contestazione consenta alla stessa di evitare un esborso. Peraltro, le Sezioni Unite hanno affermato che tale soluzione non lascia senza difesa il contribuente che ben può impugnare il silenzio dell'Amministrazione che non dia seguito alla istanza di rimborso, ottenendo sul punto una pronuncia giudiziale.

In definitiva, i Supremi Giudici hanno sancito un principio, certamente poco condivisibile, secondo cui i termini decadenziali dal potere di accertamento sono validi solo ai fini dell’accertamento di un credito dell’Amministrazione finanziaria, e non anche per la contestazione della sussistenza di un suo debito, in applicazione del principio quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum di cui all'art. 1442 c.c. secondo cui l’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto anche se prescritta l’azione per farla valere.

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PROVA DEL COSTO: BASTA LA FATTURA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Ai fini della deducibilità di un costo (e della detraibilità dell’IVA corrispondentemente assolta) rileva esclusivamente l’effettività del costo stesso e la sua inerenza all'attività o ai beni da cui derivano i ricavi. A nulla rileva, dunque, il riscontro documentale del rapporto contrattuale tra le parti. Inoltre, quanto alla prova dell’inerenza medesima, qualora il costo sia documentato da regolare fattura, essa incombe sull'Amministrazione finanziaria. Sono questi i principi sanciti dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 7881 del 20 aprile 2016.

La vicenda trae origine dalla notifica ad una società di un avviso di accertamento relativo ad IRPEG, IRAP ed IVA, con cui, tra le altre cose, venivano recuperati a tassazione alcuni costi per royalties ritenuti indeducibili ed altri ritenuti non inerenti. Detta società impugnava l’atto innanzi alla CTP competente, che respingeva il ricorso. Impugnata la sentenza in CTR, i giudici di appello, accogliendo solo parzialmente il gravame, confermavano la legittimità dell’atto impositivo.
In particolare, per quanto concerneva i costi sostenuti per le royalties, la CTR affermava che agli atti non risultava alcun contratto stipulato tra le parti. Pertanto, non essendo rinvenibile tale documentazione, l'atto veniva considerato legittimo. Per quanto riguardava, invece, i costi ritenuti non inerenti, i Giudici ritenevano che la società non avesse fornito in giudizio valida documentazione per provare l’inerenza dei costi indicati nelle fatture.

Avverso la sentenza della CTR, la società proponeva ricorso in Cassazione, lamentando, quanto alla non deducibilità del costo per le royalties, che i giudici del merito non avevano correttamente individuato i presupposti per la deducibilità del costo e, quanto all'inerenza, che in presenza di costo asseverato da fattura, incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova della non inerenza e, dunque, della non deducibilità del costo stesso.

Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso della società, ha affermato che, ai fini della deducibilità di un costo (e della detraibilità dell’IVA corrispondentemente assolta), rileva esclusivamente l’effettività del costo stesso e la sua inerenza all'attività o ai beni da cui derivano i ricavi. A nulla rileva, dunque, il riscontro documentale del rapporto contrattuale tra le parti.

Inoltre, quanto alla prova dell’inerenza medesima, la Corte ritiene che tale onere incomba sull'Amministrazione, la quale deve quindi dimostrare la non inerenza e, conseguentemente, la non deducibilità del costo. Infatti, data l’incontroversa esistenza di regolare fattura, deve ritenersi operante la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato, con conseguente onere dell’Amministrazione di fornire prova dell’indeducibilità del costo per non inerenza.

In definitiva, quindi, la Suprema Corte ha espressamente chiarito che, qualora il costo sia provato (ad esempio, tramite la tracciabilità dei pagamenti e/o dimostrazione dell’operazione) e inerente (la cui prova, peraltro, incombe sull'Amministrazione finanziaria in caso di presenza di regolare fattura), la sua deducibilità è pacifica.

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SPETTA IL RISARCIMENTO SE IL FISCO RITARDA IL RIMBORSO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Se l'Amministrazione finanziaria ritarda l'esecuzione del rimborso spettante al contribuente, questi può avanzare domanda di ulteriore risarcimento da svalutazione monetaria, che deve essere accordata laddove il medesimo dimostri il danno subito. A tal fine, non può opporsi l'impiego della misura compensativa dell'iscrizione in bilancio degli interessi passivi corrisposti alla Banca, a cui si è fatto ricorso per reperire quella liquidità che il Fisco ha mantenuto indisponibile con il ritardo. È questo il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 8540 del 29 aprile 2016.

La vicenda trae origine da una richiesta di rimborso IVA eseguita molti anni dopo, quando ormai l'ingente somma si era svalutata del 68%, come dimostrato dalla stessa società ricorrente. I Giudici di merito avevano negato il riconoscimento del maggior danno in considerazione del fatto che "la società aveva fatto ricorso al rimedio di iscrivere in bilancio crediti verso l'Erario", compensando così la svalutazione monetaria.

Tuttavia, la Suprema Corte ha affermato tout court che, ai fini del riconoscimento del maggior danno, non è necessaria alcuna valutazione delle eventuali misure compensative utilizzate dal contribuente, essendo sufficiente la dimostrazione della sussistenza del danno in oggetto.

La pronuncia in commento si innesta nel solco tracciato dalla Corte di Cassazione con la precedente sentenza n. 2087/2004, che aveva già riconosciuto l'ammissibilità della richiesta del maggior danno ex art. 1224 c.c. anche ai crediti tributari, consentendo quindi al creditore di poter domandare, nel caso in cui la lentezza del procedimento di rimborso pregiudicasse l'entità del credito vantato, oltre agli interessi moratori, anche il risarcimento per il maggior danno subito.

Come chiarito dalla Suprema Corte, la liquidazione del danno da svalutazione monetaria non è però automatica. L'imprenditore che vanti un credito nei confronti dell'Amministrazione finanziaria è tenuto a provare di aver subito un maggior danno per l'indisponibilità del denaro, oltre a quello che normalmente è risarcito con il pagamento degli interessi.

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IPOTECA SU IMMOBILE IN FONDO PATRIMONIALE SOLO PER DEBITI FAMILIARI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'iscrizione ipotecaria è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall'art. 170 c.c., ovvero quando l'obbligazione tributaria è strumentale ai bisogni della famiglia. Tale circostanza non può ritenersi dimostrata, né esclusa, per il solo fatto dell'insorgenza del debito nell'esercizio dell'impresa. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7521 del 15 aprile 2016.

La vicenda trae origine dalla notifica al contribuente di un avviso di iscrizione ipotecaria ex art. 77 del D.P.R. 602/73 per il mancato pagamento di cartelle esattoriali. Quest'ultimo presentava ricorso dinanzi alla competente CTP, eccependo l'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria ai sensi dell'art. 170 c.c. poiché gli immobili ipotecati erano stati già oggetto di conferimento in un fondo patrimoniale costituito per la famiglia e destinato a far fronte solo a debiti contratti per le esigenze familiari. La CTP accoglieva il ricorso, poi confermato anche dalla CTR.

Equitalia ricorreva in Cassazione, lamentando l'erroneità della decisione della CTR sulla base della considerazione per la quale l'iscrizione ipotecaria è strumento di autotutela pubblicistica e, quindi, in alcun modo riconducibile al novero degli atti di esecuzione forzata a cui fa riferimento l'art. 170 c.c..

La Suprema Corte, pur equiparando l'iscrizione ipotecaria a un atto esecutivo, accoglieva il ricorso presentato da Equitalia, affermando che l'iscrizione ipotecaria di cui all'art. 77 del D.P.R. 602/73 è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall'art. 170 c.c., sicché è legittima se l'obbligazione tributaria è strumentale ai bisogni della famiglia, circostanza che non può ritenersi dimostrata, né esclusa, per il solo fatto dell'insorgenza del debito nell'esercizio dell'impresa.

Ma non solo. Gli Ermellini chiariscono che l'onere della prova dei presupposti di applicabilità dell'art. 170 c.c. grava su chi intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale; pertanto, ove sia proposta opposizione per contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare sia la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore, sia che il suo debito verso quest'ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

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NUOVO CODICE DOGANALE: RUOLO CHIAVE PER L'AEO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'Agenzia delle Dogane, con circolare n. 8 del 19 aprile 2016, si è soffermata sulla centralità della figura dell'operatore economico autorizzato AEO, cui il nuovo Codice Doganale dell'Unione (Reg. UE 952/2013) ha attribuito un ruolo chiave.

L'autorizzazione AEO introduce infatti un significativo indice di responsabilizzazione e di corretta gestione della compliance da parte dell'operatore economico, determinando la possibilità di accedere ad una serie di benefici e di semplificazioni nelle procedure e nei procedimenti doganali.

A partire dal 1° maggio 2016, lo status di operatore economico autorizzato non verrà più attestato mediante certificazione, ma si baserà su due diversi tipi di autorizzazione unionale, ovvero:
- settore della semplificazione doganale (AEOC), che consente di ottenere i benefici e le semplificazioni previsti dalla normativa doganale;
- settore della sicurezza (AEOS), che consente di ottenere le agevolazioni in materia di sicurezza.

Nella circolare citata, l'Agenzia delle Dogane ricorda anche i criteri che devono essere rispettati per acquisire lo status di AEO, ovvero conformità, sistema efficace di gestione delle scritture commerciali e relative ai trasporti, solvibilità, standard pratici di competenza, di qualifiche professionali e di sicurezza.

Con particolare riferimento alla conformità, si evidenzia che, nel caso in cui il richiedente sia una persona fisica, questa e, se del caso, l'impiegato responsabile delle questioni doganali del richiedente non devono aver commesso violazioni gravi o ripetute della normativa doganale e fiscale e non devono avere precedenti per reati gravi in relazione alla loro attività economica.

Nel caso in cui il richiedente non sia una persona fisica, invece, il criterio risulta soddisfatto se, negli ultimi tre anni, il richiedente, la persona responsabile del richiedente o che esercita il controllo sulla sua gestione e l'impiegato responsabile delle questioni doganali non hanno commesso violazioni gravi o ripetute della normativa doganale e fiscale o non hanno avuto precedenti per reati gravi in relazione alla propria attività economica.

Per quanto riguarda i certificati AEO in essere al 1° maggio 2016, viene specificato che non occorre presentare una nuova istanza, in quanto i medesimi restano validi sino al loro riesame. Infatti, tenuto conto della necessità di conformare lo status AEO alla nuova normativa doganale unionale, a partire dal prossimo 1° maggio e sino al 1° maggio 2019, tutti i certificati AEO dovranno essere riesaminati. La decisione positiva che seguirà al riesame sostituirà il certificato esistente.

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I CHIARIMENTI DELL'AE PER LA RIAMMISSIONE DEI CONTRIBUENTI DECADUTI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Legge n. 208/2015 ha previsto una speciale forma di riammissione per i contribuenti decaduti da determinate tipologie di dilazione. A tal fine, entro il 31 maggio 2016 deve iniziare la ripresa dei pagamenti per i soli contribuenti decaduti nei 36 mesi antecedenti il 15 ottobre 2015. Con circolare n. 13 del 22 aprile 2016, l'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito agli aspetti applicativi dell'istituto.

Innanzitutto, l'AE chiarisce che, stante il tenore letterale della norma, la riammissione concerne solo le dilazioni di istituti disciplinati dal D.Lgs. 218/97, ovvero accertamento con adesione, acquiescenza, adesione ai verbali di constatazione e adesione agli inviti al contraddittorio. Non rientrano, invece, le dilazioni derivanti da conciliazione giudiziale, mediazione ed avvisi bonari. Per quanto concerne le imposte che possono fruire della riammissione, l'AE chiarisce che vi rientrano imposte sui redditi, addizionali e IRAP. Resta fuori invece l'IVA.

La riammissione non postula alcuna domanda, ma si perfeziona con un comportamento concludente che si concretizza nel pagamento dell'ultima rata, ovvero di quella che ha dato origine alla decadenza. Quindi, entro il prossimo 31 maggio, occorre provvedere al pagamento di tale rata e, successivamente, trasmettere all'AE la relativa quietanza, cui seguirà la comunicazione del piano di ammortamento rielaborato.

Preme rilevare che la scadenza delle rate successive dipende dal giorno in cui si è provveduto al pagamento di quella che ha dato origine alla decadenza e che, per effetto della riammissione, viene meno la sanzione del 60%, che è stata irrogata unitamente alla cartella a seguito della decadenza dalla rateazione. Quest'ultimo importo sarà dunque detratto dalle rate ancora dovute.

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I CHIARIMENTI DELL'AE PER LA RIAMMISSIONE DEI CONTRIBUENTI DECADUTI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Legge n. 208/2015 ha previsto una speciale forma di riammissione per i contribuenti decaduti da determinate tipologie di dilazione. A tal fine, entro il 31 maggio 2016 deve iniziare la ripresa dei pagamenti per i soli contribuenti decaduti nei 36 mesi antecedenti il 15 ottobre 2015. Con circolare n. 13 del 22 aprile 2016, l'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito agli aspetti applicativi dell'istituto.

Innanzitutto, l'AE chiarisce che, stante il tenore letterale della norma, la riammissione concerne solo le dilazioni di istituti disciplinati dal D.Lgs. 218/97, ovvero accertamento con adesione, acquiescenza, adesione ai verbali di constatazione e adesione agli inviti al contraddittorio. Non rientrano, invece, le dilazioni derivanti da conciliazione giudiziale, mediazione ed avvisi bonari. Per quanto concerne le imposte che possono fruire della riammissione, l'AE chiarisce che vi rientrano imposte sui redditi, addizionali e IRAP. Resta fuori invece l'IVA.

La riammissione non postula alcuna domanda, ma si perfeziona con un comportamento concludente che si concretizza nel pagamento dell'ultima rata, ovvero di quella che ha dato origine alla decadenza. Quindi, entro il prossimo 31 maggio, occorre provvedere al pagamento di tale rata e, successivamente, trasmettere all'AE la relativa quietanza, cui seguirà la comunicazione del piano di ammortamento rielaborato.

Preme rilevare che la scadenza delle rate successive dipende dal giorno in cui si è provveduto al pagamento di quella che ha dato origine alla decadenza e che, per effetto della riammissione, viene meno la sanzione del 60%, che è stata irrogata unitamente alla cartella a seguito della decadenza dalla rateazione. Quest'ultimo importo sarà dunque detratto dalle rate ancora dovute.

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LE ISTRUZIONI DELLE DOGANE PER IL NUOVO CODICE DOGANALE

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Con la circolare n. 8/D del 19 aprile 2016, l’Agenzia delle Dogane fornisce una prima disamina delle principali novità introdotte dal nuovo Codice doganale europeo (in vista dell’entrata in vigore a decorrere dal 1° maggio 2016) ed impartisce le direttive procedurali ed operative relative a taluni profili di immediato impatto per gli Uffici delle dogane e per gli operatori. È previsto in ogni caso un periodo transitorio, fino al 1° maggio 2019, per consentire l’adattamento di decisioni e autorizzazioni alle nuove disposizioni giuridiche.

Validità e uso delle autorizzazioni alle procedure di domiciliazione
Le disposizioni del nuovo Codice Doganale a maggior impatto sull'operatività dell’utenza riguardano l’eliminazione delle procedure di domiciliazione che interessano circa l’85% delle dichiarazioni doganali. Secondo quanto previsto, le autorizzazioni alle procedure di domiciliazione rimangono valide sino al loro riesame - da concludersi entro il 30 aprile 2019 -, ma possono essere utilizzate secondo le nuove regole.

Presentazione dei documenti di accompagnamento
Il nuovo Codice Doganale prevede che i documenti di accompagnamento alla dichiarazione necessari all'applicazione delle disposizioni che disciplinano il regime doganale - a partire dal prossimo 1° maggio - sono forniti alla dogana, non più sistematicamente, ma solo se la normativa UE lo richiede o se sono necessari per i controlli doganali.

Nuova disciplina per la rappresentanza
È costituita in AIDA la Banca dati dei Rappresentanti, contenente l'elenco dei soggetti cui è riconosciuto il potere di rappresentanza in dogana. Tale banca dati è stata precaricata con le informazioni in possesso dell’Agenzia, inserendo, in qualità di rappresentanti diretti i Doganalisti iscritti all'albo, i Centri di Assistenza Doganale -– CAD, iscritti all’albo ed i soggetti ai quali è stato concesso lo status di AEOC/F. Successivamente, saranno inseriti in tale banca dati i soggetti stabiliti in Italia o in altro Stato Membro che richiedano di agire in qualità di rappresentanti, previo accertamento dei requisiti e rilascio dell’apposita abilitazione da parte del competente Ufficio centrale.
La circolare in disamina ribadisce che la nuova normativa doganale in materia di rappresentanza si fonda sul principio secondo il quale chiunque ha il diritto di nominare un rappresentante per le sue relazioni con le autorità doganali. La rappresentanza può essere sia diretta, se il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un'altra persona, sia indiretta, se il rappresentante doganale agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona.
Per "rappresentante doganale" si intende una qualsiasi persona (una persona fisica, una persona giuridica e qualsiasi associazione di persone che non sia una persona giuridica ma abbia, ai sensi del diritto dell’Unione o nazionale, la capacità di agire) nominata da un'altra persona affinché la rappresenti presso le autorità doganali per l'espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale. È necessario che il rappresentante doganale sia stabilito nel territorio doganale dell’Unione e, salvo diversa disposizione, tale requisito può venir meno se il rappresentante doganale agisce per conto di persone che non sono tenute a essere stabilite nel territorio doganale dell'Unione.
Il rappresentante doganale è tenuto a dichiarare di agire per conto della persona rappresentata ed a precisare se la rappresentanza è diretta o indiretta. Resta inteso che le persone che non dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali o che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali senza disporre del potere di rappresentanza sono considerate agire in nome proprio e per proprio conto. Il Codice specifica, infine, che le autorità doganali possono imporre alle persone che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali di fornire le prove della delega conferita loro dalla persona rappresentata e che, in casi specifici, le stesse non richiedono di fornire tali prove soprattutto quando l’attività di rappresentanza è svolta su base regolare, purché il rappresentante sia in grado di presentarle su richiesta delle dogane.

Presentazione della dichiarazione telematica
L’invio della dichiarazione telematica è consentito solo per merci presentate in dogana o c/o luogo approvato (e quindi disponibili per eventuali controlli) e nei casi in cui si assumono come presentate (i.e. sdoganamento in mare). Dunque, è fatto obbligo al soggetto che invia la dichiarazione garantire il rispetto della condizione di “merci presentate”.
Qualora l’ufficio accerti la violazione di tale condizione, procede senza indugio a contestarla al trasgressore applicando le misure previste quali, ad esempio, la sospensione/revoca delle autorizzazioni concesse, essendo venuti a mancare i presupposti per un rapporto fiduciario con l’amministrazione.
La dichiarazione telematica può essere presentata dall'importatore/esportatore/speditore o da un suo rappresentante (indiretto/diretto) preventivamente autorizzati al Servizio telematico doganale. La dichiarazione telematica è firmata digitalmente dal sottoscrittore, ovvero dalla persona fisica delegata dall'importatore/esportatore/speditore o dal suo rappresentante all'atto dell'adesione al Servizio telematico doganale.

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LE ISTRUZIONI DELLE DOGANE PER IL NUOVO CODICE DOGANALE

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Con la circolare n. 8/D del 19 aprile 2016, l’Agenzia delle Dogane fornisce una prima disamina delle principali novità introdotte dal nuovo Codice doganale europeo (in vista dell’entrata in vigore a decorrere dal 1° maggio 2016) ed impartisce le direttive procedurali ed operative relative a taluni profili di immediato impatto per gli Uffici delle dogane e per gli operatori. È previsto in ogni caso un periodo transitorio, fino al 1° maggio 2019, per consentire l’adattamento di decisioni e autorizzazioni alle nuove disposizioni giuridiche.

Validità e uso delle autorizzazioni alle procedure di domiciliazione
Le disposizioni del nuovo Codice Doganale a maggior impatto sull'operatività dell’utenza riguardano l’eliminazione delle procedure di domiciliazione che interessano circa l’85% delle dichiarazioni doganali. Secondo quanto previsto, le autorizzazioni alle procedure di domiciliazione rimangono valide sino al loro riesame - da concludersi entro il 30 aprile 2019 -, ma possono essere utilizzate secondo le nuove regole.

Presentazione dei documenti di accompagnamento
Il nuovo Codice Doganale prevede che i documenti di accompagnamento alla dichiarazione necessari all'applicazione delle disposizioni che disciplinano il regime doganale - a partire dal prossimo 1° maggio - sono forniti alla dogana, non più sistematicamente, ma solo se la normativa UE lo richiede o se sono necessari per i controlli doganali.

Nuova disciplina per la rappresentanza
È costituita in AIDA la Banca dati dei Rappresentanti, contenente l'elenco dei soggetti cui è riconosciuto il potere di rappresentanza in dogana. Tale banca dati è stata precaricata con le informazioni in possesso dell’Agenzia, inserendo, in qualità di rappresentanti diretti i Doganalisti iscritti all'albo, i Centri di Assistenza Doganale -– CAD, iscritti all’albo ed i soggetti ai quali è stato concesso lo status di AEOC/F. Successivamente, saranno inseriti in tale banca dati i soggetti stabiliti in Italia o in altro Stato Membro che richiedano di agire in qualità di rappresentanti, previo accertamento dei requisiti e rilascio dell’apposita abilitazione da parte del competente Ufficio centrale.
La circolare in disamina ribadisce che la nuova normativa doganale in materia di rappresentanza si fonda sul principio secondo il quale chiunque ha il diritto di nominare un rappresentante per le sue relazioni con le autorità doganali. La rappresentanza può essere sia diretta, se il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un'altra persona, sia indiretta, se il rappresentante doganale agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona.
Per "rappresentante doganale" si intende una qualsiasi persona (una persona fisica, una persona giuridica e qualsiasi associazione di persone che non sia una persona giuridica ma abbia, ai sensi del diritto dell’Unione o nazionale, la capacità di agire) nominata da un'altra persona affinché la rappresenti presso le autorità doganali per l'espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale. È necessario che il rappresentante doganale sia stabilito nel territorio doganale dell’Unione e, salvo diversa disposizione, tale requisito può venir meno se il rappresentante doganale agisce per conto di persone che non sono tenute a essere stabilite nel territorio doganale dell'Unione.
Il rappresentante doganale è tenuto a dichiarare di agire per conto della persona rappresentata ed a precisare se la rappresentanza è diretta o indiretta. Resta inteso che le persone che non dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali o che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali senza disporre del potere di rappresentanza sono considerate agire in nome proprio e per proprio conto. Il Codice specifica, infine, che le autorità doganali possono imporre alle persone che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali di fornire le prove della delega conferita loro dalla persona rappresentata e che, in casi specifici, le stesse non richiedono di fornire tali prove soprattutto quando l’attività di rappresentanza è svolta su base regolare, purché il rappresentante sia in grado di presentarle su richiesta delle dogane.

Presentazione della dichiarazione telematica
L’invio della dichiarazione telematica è consentito solo per merci presentate in dogana o c/o luogo approvato (e quindi disponibili per eventuali controlli) e nei casi in cui si assumono come presentate (i.e. sdoganamento in mare). Dunque, è fatto obbligo al soggetto che invia la dichiarazione garantire il rispetto della condizione di “merci presentate”.
Qualora l’ufficio accerti la violazione di tale condizione, procede senza indugio a contestarla al trasgressore applicando le misure previste quali, ad esempio, la sospensione/revoca delle autorizzazioni concesse, essendo venuti a mancare i presupposti per un rapporto fiduciario con l’amministrazione.
La dichiarazione telematica può essere presentata dall'importatore/esportatore/speditore o da un suo rappresentante (indiretto/diretto) preventivamente autorizzati al Servizio telematico doganale. La dichiarazione telematica è firmata digitalmente dal sottoscrittore, ovvero dalla persona fisica delegata dall'importatore/esportatore/speditore o dal suo rappresentante all'atto dell'adesione al Servizio telematico doganale.

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