IL RAPPORTO TRA IL REATO DI AUTORICICLAGGIO E GLI ILLECITI FISCALI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Particolarmente interessanti appaiono le interrelazioni tra il reato di autoriciclaggio di cui all'articolo 648-ter.1c.p. ed il profitto dei reati tributari in quanto l’interpretazione estensiva che viene spesso operata del concetto di provenienza del bene riciclabile finisce per generare parecchie perplessità sulla idoneità dei reati tributari a costituire il reato presupposto dell’illecito finanziario.
Secondo l’articolo 648-ter.1 c.p. integra la fattispecie di autoriciclaggio chi impiega, sostituisce o trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità “provenienti” dalla commissione di un delitto non colposo, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Alla luce della lettera normativa appena riportata, appare quindi evidente come sia necessario chiarire cosa si intenda con il termine “provenienti”, e cioè se esso includa solo le utilità che, attraverso la commissione del reato presupposto, determinano un incremento di ricchezza nel patrimonio del reo ovvero anche quelle costituite da una mancata diminuzione del patrimonio medesimo, e cioè da un mero risparmio.
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FONDO PATRIMONIALE: SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA SOLO CON PROVA DI IDONEITÀ
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
A fronte di un fondo patrimoniale costituito per far fronte ai bisogni della famiglia, è necessario accertare, ai fini della sussistenza del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'articolo 11 D.Lgs. 74/2000, che nell'operazione posta in essere sussistano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 47827 del 17 ottobre 2017.
Nel caso di specie, all'imputata veniva contestato il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, poiché aveva costituito un fondo patrimoniale ex articolo 167 cod. civ., ritenuto idoneo a sottrarre il patrimonio della stessa alla garanzia di adempimento del debito contratto con l’Amministrazione finanziaria.
A seguito di condanna sia in primo che in secondo grado, l’imputata proponeva ricorso per cassazione, eccependo segnatamente la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla condotta integrante il reato di cui all'articolo 11 D.Lgs. 74/2000. In particolare, essa argomentava che la costituzione di un fondo patrimoniale non è idonea a rendere inefficace, né totalmente né parzialmente, la procedura di riscossione coattiva del debito fiscale.
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È INESISTENTE LA NOTIFICA DEL RICORSO A MEZZO POSTA PRIVATA
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
La notifica del ricorso a mezzo posta privata è inesistente, come tale non suscettibile di sanatoria in conseguenza della costituzione in giudizio delle controparti, potendo essa validamente avvenire soltanto quando gli operatori privati otterranno le nuove licenze sulla base delle regole che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) stabilirà in attuazione della Legge 124/2017. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 23887 dell’11 ottobre 2017.
La vicenda trae origine dalla proposizione di un ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che, confermando la statuizione contenuta nella pronuncia di primo grado, aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal contribuente avverso una cartella di pagamento per tributi erariali relativi al periodo di imposta 2006 per inesistenza della notifica avvenuta a mezzo posta privata.
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QUANDO PUÒ RITENERSI CONFIGURATA LA CONDOTTA DI AUTORICICLAGGIO?
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il reato di autoriciclaggio è disciplinato dall'articolo 648-ter.1 c.p., secondo cui la fattispecie incriminatrice si realizza in caso di sostituzione, trasferimento o impiego in attività economiche, imprenditoriali, finanziarie o speculative di denaro, beni o altre utilità che ostacoli concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Al fine di individuare quale sia la condotta rilevante, occorre chiarire che:
- per sostituzione, quale ipotesi classica di “lavaggio di denaro sporco”, si intende lo scambio del provento illecito con un bene diverso;
- per trasferimento si intende lo spostamento del bene nel patrimonio altrui, sia fisico che giuridico;
- per impiego, termine avente una chiara funzione residuale, si intendono tutte quelle modalità comportamentali non rientranti né nella sostituzione né nel trasferimento.
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QUANDO PUÒ RITENERSI CONFIGURATA LA CONDOTTA DI AUTORICICLAGGIO?
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Il reato di autoriciclaggio è disciplinato dall'articolo 648-ter.1 c.p., secondo cui la fattispecie incriminatrice si realizza in caso di sostituzione, trasferimento o impiego in attività economiche, imprenditoriali, finanziarie o speculative di denaro, beni o altre utilità che ostacoli concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Al fine di individuare quale sia la condotta rilevante, occorre chiarire che:
- per sostituzione, quale ipotesi classica di “lavaggio di denaro sporco”, si intende lo scambio del provento illecito con un bene diverso;
- per trasferimento si intende lo spostamento del bene nel patrimonio altrui, sia fisico che giuridico;
- per impiego, termine avente una chiara funzione residuale, si intendono tutte quelle modalità comportamentali non rientranti né nella sostituzione né nel trasferimento.
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LA PRESUNZIONE SUI PRELEVAMENTI OPERA ANCHE PER IL LAVORATORE IN NERO?
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L'articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973 stabilisce che i dati risultanti dalle movimentazioni bancarie possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 D.P.R. 600/1973, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.
Alle stesse condizioni tali dati possono essere altresì posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti di cui sopra, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili.
Come noto, la Corte Costituzionale con sentenza n. 228 del 6 ottobre 2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973 limitatamente alle parole “o compensi”, stabilendo che “è lesiva del principio di ragionevolezza, nonché della capacità contributiva, la presunzione che consente di desumere l’esistenza di compensi non dichiarati sulla base dei prelevamenti effettuati dai lavoratori autonomi sui loro conti correnti”.
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LA PRESUNZIONE SUI PRELEVAMENTI OPERA ANCHE PER IL LAVORATORE IN NERO?
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L'articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973 stabilisce che i dati risultanti dalle movimentazioni bancarie possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 D.P.R. 600/1973, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.
Alle stesse condizioni tali dati possono essere altresì posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti di cui sopra, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili.
Come noto, la Corte Costituzionale con sentenza n. 228 del 6 ottobre 2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973 limitatamente alle parole “o compensi”, stabilendo che “è lesiva del principio di ragionevolezza, nonché della capacità contributiva, la presunzione che consente di desumere l’esistenza di compensi non dichiarati sulla base dei prelevamenti effettuati dai lavoratori autonomi sui loro conti correnti”.
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LA NOTIFICA DELL'INTIMAZIONE DI PAGAMENTO ALLA SOCIETÀ "INESISTENTE"
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di notificazione degli atti processuali ad una società, il vano esperimento delle forme previste dall’articolo 145, commi 1 e 2, c.p.c. consente l’utilizzazione di quelle previste dagli articoli 140 e 143 c.p.c., purché la notifica sia fatta alla persona fisica che rappresenta l’ente e non già all’ente in forma impersonale. È questo il principio statuito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 21376 del 15 settembre 2017.
La vicenda trae origine dall’accoglimento della opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c., da parte di una S.r.l. in liquidazione, avverso l’atto di pignoramento notificato dall’Agente della riscossione per nullitàderivante dalla mancata preventiva notificazione dell’intimazione di pagamento di cui all’articolo 50, comma 2, D.P.R. 602/1973, in quanto eseguita, a seguito del vano esperimento delle forme previste dall’articolo 145, commi 1 e 2, c.p.c., direttamente nei confronti della suddetta società ai sensi dell’articolo 140 c.p.c..
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In tema di notificazione degli atti processuali ad una società, il vano esperimento delle forme previste dall’articolo 145, commi 1 e 2, c.p.c. consente l’utilizzazione di quelle previste dagli articoli 140 e 143 c.p.c., purché la notifica sia fatta alla persona fisica che rappresenta l’ente e non già all’ente in forma impersonale. È questo il principio statuito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 21376 del 15 settembre 2017.
La vicenda trae origine dall’accoglimento della opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c., da parte di una S.r.l. in liquidazione, avverso l’atto di pignoramento notificato dall’Agente della riscossione per nullitàderivante dalla mancata preventiva notificazione dell’intimazione di pagamento di cui all’articolo 50, comma 2, D.P.R. 602/1973, in quanto eseguita, a seguito del vano esperimento delle forme previste dall’articolo 145, commi 1 e 2, c.p.c., direttamente nei confronti della suddetta società ai sensi dell’articolo 140 c.p.c..
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ANCHE PER LA DONAZIONE DI VALORI MOBILIARI SERVE L'ATTO PUBBLICO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Il trasferimento di valori mobiliari per spirito di liberalità realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta, con la conseguenza che per tale operazione è necessaria la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 18725 del 27 luglio 2017.
La vicenda trae origine da un trasferimento di strumenti finanziari, di cospicuo valore, depositati su un conto bancario, eseguito a titolo di liberalità in favore di un terzo in virtù di un ordine in tal senso impartito alla banca dal titolare del conto, deceduto pochi giorni dopo l’operazione. Apertasi la successione ab intestato dell’ordinante, la figlia del de cuius agiva in giudizio nei confronti del beneficiario del trasferimento, al fine di far valere la nullità del negozio attributivo e ottenere la restituzione del valore degli strumenti finanziari donati in ragione della quota di un terzo ad essa spettante sul patrimonio ereditario.
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