APPLICABILITÀ DELLA “VALUTAZIONE AUTOMATICA” AL VALORE DICHIARATO, IN SEDE DI DONAZIONE DI QUOTA DI SOCIETÀ SEMPLICE, CON RIGUARDO AGLI IMMOBILI

di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Patrimoni, finanza e internazionalizzazione n. 31/2021

Con la risposta a interpello n. 5/2021, l’Agenzia delle entrate ha affrontato la vexata quaestio concernente le regole da applicare per la determinazione del valore degli immobili oggetto di successione o donazione, in mancanza di bilancio o inventario, da parte delle società semplici. È stato chiarito che il valore degli immobili detenuti da una società semplice può essere dichiarato ai fini delle imposte sulle successioni e donazioni mediante il ricorso alla c.d. “valutazione automatica” prevista dall’articolo 34, comma 5, D.Lgs. 346/1990, qualora la quota della società non possa essere valutata in base al suo ultimo inventario.

In materia di imposta sulle successioni e donazioni, l’articolo 34, D.Lgs. 346/1990 stabilisce che l’ufficio del registro, se ritiene che la dichiarazione della successione, o la dichiarazione sostitutiva o integrativa, sia incompleta o infedele, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi dalla data di notificazione della liquidazione dell’imposta principale.
In particolare, l’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta deve contenere: la descrizione dei beni o diritti non dichiarati, compresi quelli alienati dal defunto negli ultimi 6 mesi, con l’indicazione del valore attribuito a ciascuno di essi o del maggior valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti dichiarati; l’indicazione delle donazioni anteriori non dichiarate e del relativo valore, o del maggior valore attribuito a quelle dichiarate; l’indicazione dei criteri seguiti nella determinazione dei valori a norma degli articoli da 14 a 19, 8, comma 4, e 10, D.Lgs. 346/1990; l’indicazione delle passività e degli oneri ritenuti in tutto o in parte inesistenti, con la specificazione degli elementi di prova contraria alle attestazioni e agli altri documenti prodotti dal dichiarante; l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta.

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IMPUGNABILITÀ DELLA CARTELLA NOTIFICATA AL SOCIO DI SNC PER VIOLAZIONE DEL BENEFICIUM EXCUSSIONIS

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e Contenzioso n. 71/2021

Nel diritto societario, il beneficium excussionis è un istituto teso a riconoscere al debitore la facoltà di essere escusso, laddove sia obbligato in solido con altri, soltanto successivamente a questi. Esso si atteggia in maniera diversa a seconda della tipologia societaria interessata.
Con specifico riferimento alle Snc, ciascun socio ha una responsabilità personale e illimitata sussidiaria rispetto a quella della società, nel senso che il creditore di quest’ultima deve preventivamente escutere il patrimonio sociale e, solo nel caso in cui esso risulti insufficiente, può agire sui beni personali del socio.
Infatti, l’articolo 2304, cod. civ. stabilisce che:
“i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale”.
Ne deriva che il creditore può escutere il patrimonio personale del socio, senza agire esecutivamente nei confronti della società, solo nel caso in cui risulti dimostrata in modo certo l’insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione del credito.
Pertanto, nel caso in cui il creditore possa recuperare, anche solo parzialmente, il proprio credito dal patrimonio della Snc, non potrà agire contemporaneamente anche nei confronti del socio personalmente.
La responsabilità illimitata e solidale del socio per le obbligazioni contratte dalla Snc (articolo 2291, cod. civ.) trova applicazione anche in campo fiscale (cfr. Cassazione n. 9955/1998 e n. 7000/2003).
Può quindi accadere che l’Amministrazione finanziaria notifichi l’accertamento alla Snc e, successivamente, la cartella di pagamento al singolo socio, senza previa notifica a quest’ultimo dell’avviso di accertamento.
Si pone così la vexata quaestio dell’impugnabilità della cartella di pagamento, notificata al socio illimitatamente responsabile in relazione a debiti della Snc, a causa della mancata preventiva escussione del patrimonio sociale, cui hanno recentemente posto rimedio le Sezioni Unite con sentenza n. 28709/2020.

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PATTO DI FAMIGLIA: IL RECENTE REVIREMENT DELLA CASSAZIONE RENDE MENO GRAVOSA LA TASSAZIONE DELLE COMPENSAZIONI

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La rivista delle operazioni straordinarie n. 2/2021

La vexata quaestio concernente l’individuazione delle aliquote e franchigie previste dall’articolo 2, comma 49, D.L. 262/2006, di cui i contribuenti possono beneficiare nella liquidazione dell’imposta sulle donazioni dovuta sulle attribuzioni compensative gravanti in capo all’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie, ha registrato recenti e interessanti sviluppi a favore dei contribuenti.
L’Agenzia delle entrate si era limitata ad affermare che il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle donazioni ex articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990 si applica esclusivamente con riferimento al trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e non riguarda anche l’attribuzione di somme di denaro o di beni eventualmente posta in essere dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore degli altri partecipanti al contratto, con la conseguenza che tali ultime attribuzioni rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta sulle donazioni.
La dottrina ha espresso 2 orientamenti interpretativi, riassumibili in estrema sintesi nella posizione, da un lato, di coloro che ritengono che le compensazioni configurino una donazione operata dal beneficiario del trasferimento a vantaggio dei legittimari non assegnatari e, dall’altro, di quanti sostengono che dette compensazioni, seppur materialmente realizzate attraverso un trasferimento di beni da parte del beneficiario dell’azienda o delle partecipazioni societarie, configurino, in realtà, una donazione realizzata indirettamente dall’imprenditore disponente.
In ambito giurisprudenziale, invece, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con sentenza n. 29506/2020 (in senso conforme, Cassazione, sentenza n. 29500/2020), nella quale i giudici di vertice, pur replicando in larga parte la ratio decidendi sottesa alla precedente sentenza n. 32823/2018, sono giunti a conclusioni diametralmente opposte in merito al rapporto cui fare riferimento per individuare le aliquote e franchigie applicabili alle compensazioni operate dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie.

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SOCIETÀ ESTINTA: L'EX SOCIO PUÒ AGIRE PER IL RIMBORSO DELL'INTERO CREDITO IVA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e Contenzioso n. 70/2021

La Corte di Cassazione è stata recentemente chiamata a pronunciarsi sulla già ampiamente dibattuta questione relativa agli effetti della cancellazione di una società dal Registro Imprese in relazione ai rapporti giuridici pendenti e, in particolare, ai rapporti attivi, ovvero quelli in forza dei quali prima della cancellazione la società poteva vantare diritti, come i crediti d’imposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate.
Secondo l’opinione giurisprudenziale prevalente, fino alla riforma del diritto societario attuata con il D.Lgs. 6/2003, la cancellazione di una società dal Registro Imprese, era una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’estinzione dell’ente. Più precisamente, si riteneva che la società non si estinguesse per effetto della formale cancellazione qualora fossero ancora pendenti rapporti giuridici a essa facenti capo.
Secondo questo orientamento pluridecennale, ancorato alla vecchia disciplina contenuta nell’articolo 2456, cod. civ., la formale cancellazione non determinava quindi l’estinzione della società qualora e finché non fossero esauriti tutti i rapporti giuridici (attivi e passivi).
Per effetto della riforma del diritto societario del 2003, il testo della norma è confluito nel secondo comma dell’articolo 2495 cod. civ. con l’inserimento, all’inizio della disposizione, dell’inciso: “ferma restando l’estinzione della società”, attribuendo, così, efficacia costitutiva all’estinzione.

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L'ESCLUSIONE DELL'AMMINISTRATORE NELLE SOCIETÀ DI PERSONE ED EFFETTI IN CASO DI AMMINISTRATORE UNICO DI SAS

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La rivista delle operazioni straordinarie n. 1/2021

Le società di persone sono caratterizzate dalla peculiare e frequente commistione fra il rapporto societario e il rapporto gestorio, il quale conferisce i poteri di amministrazione a un soggetto, spesso dotato anche della qualifica di socio.
Questa “fusione” trova la propria giustificazione causale nell’imperfetta autonomia patrimoniale che caratterizza le società di persone: dato che i soci sono personalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali, col solo limite del beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale, è chiaro che essi debbano avere un penetrante potere amministrativo, necessario per controbilanciare l’elevato rischio d’impresa. Pertanto, il principio generale enunciato dall’articolo 2257, cod. civ., derogabile statutariamente o per atto separato, è che l’amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente.
Questo rapporto di gestione è sussumibile nella categoria giuridica del contratto di mandato ex articolo 1703 e ss., cod. civ., così come esplicitamente previsto nell’articolo 2260, cod. civ..
Tuttavia, il rinvio non opera sic et simpliciter, poiché non tutte le norme dettate per il mandato sono applicabili al rapporto di amministrazione delle società di persone, caratterizzato da proprie specificità.
In sostanza, è d’uopo analizzare la normativa del mandato calandola ed eventualmente adeguandola al contesto delle peculiarità dei poteri gestori degli amministratori.
Questo meccanismo, tuttavia, svela tutti i suoi profili di problematicità nel momento in cui il rapporto fiduciario fra i soci si incrina, richiedendo l’applicazione di rimedi specifici, volti sia all’esclusione del socio, il cui comportamento ha pregiudicato le ragioni societarie, sia a tutelare la continuità aziendale.

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PRIME CONSIDERAZIONI SULLA SUCCESSIONE MORTIS CAUSA NEL “PATRIMONIO DIGITALE”

Di Angelo Ginex, Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su "Patrimoni, finanza e internazionalizzazione n. 30/2020"

Sin dall’inizio del nuovo millennio, il concreto esplicarsi della personalità umana ha subito l’impatto dell’accelerazione delle tecnologie di telecomunicazione, le quali hanno agevolato il fiorire dei rapporti interpersonali, favoriti dall’abbattimento delle frontiere sociali.
Questo fenomeno è stato (e continua ad essere) caratterizzato sia da un’impressionante velocità evolutiva, connaturata all’ovvia mutevolezza e carica innovativa della tecnologia, sia da una contraria "resistenza" e lentezza legislativa.
La normativa di settore, infatti, appare tutt’ora anacronistica e inidonea a risolvere i problemi sollevati dalla gestione del cd. "patrimonio digitale", massa eterogenea contenente tanto i dati fruibili tramite internet e protetti mediante password, quanto le informazioni presenti nei device personali di ciascun individuo .
Lo scopo del presente elaborato è quello di individuare le principali questioni giuridiche che potrebbero sorgere all'apertura della successione per quanto concerne la sorte del patrimonio digitale, cercando altresì di fornire delle soluzioni ai problemi evidenziati, le quali devono necessariamente rispondere all’esigenza di prevenire l’inaccessibilità al "digital asset" del de cuius.
La lacunosità della legislazione italiana in materia rende particolarmente difficile affermare con certezza le modalità di trasmissione del citato patrimonio, spesso lasciato in balia di una serie di clausole contrattuali unilateralmente imposte dai provider dei servizi online che contengono i dati ai quali gli eredi vorrebbero accedere, importanti sia per il loro intrinseco valore affettivo e morale, sia per il loro probabile potenziale economico (vedasi, ad esempio, gli account dei cd. "influencer").

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AFFITTO DI AZIENDA ED EMERGENZA CORONAVIRUS: LA DEBENZA DEL CANONE E LE POSSIBILI AZIONI DA INTRAPRENDERE

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “La rivista delle operazioni straordinarie n. 11/2020

L’emergenza sanitaria provocata dalla diffusione dell’ormai tristemente celebre “Covid-19” rappresenta una situazione senza precedenti, affrontata dal nostro Legislatore mediante gli strumenti normativi della decretazione d’urgenza.
Le misure di contenimento, la paralisi delle attività economiche e il consequenziale congelamento dei flussi di cassa delle imprese hanno provocato molteplici questioni di natura giuridica, connesse spesso alla  impossibilità di far fronte alle obbligazioni contratte prima dell’avvento della pandemia.
Il presente elaborato si è posto l’obiettivo di analizzare la sorte dei contratti di affitto d’azienda, evidenziando tre profili di particolare interesse.
In primo luogo, occorre domandarsi se i canoni previsti dal contratto di affitto d’azienda risultino ugualmente dovuti, stante l’impossibilità sopravvenuta sia di poter usufruire del bene concesso in godimento, sia di poter procedere regolarmente al loro pagamento.
In secondo luogo, è necessario valutare l’eventuale sussistenza di un diritto alla rinegoziazione del contratto, in ossequio ai canoni di buona fede e correttezza, assurti a principi generali dell’ordinamento giuridico (articolo 2 Cost.).
In ultima analisi, è d’uopo riflettere sul regime della responsabilità da inadempimento ex articoli 1218 e 1223 cod.civ. in relazione al mancato pagamento dei citati canoni, soprattutto in virtù di quanto disposto specificatamente dal Legislatore mediante l’articolo 3, comma 6-bis, D.L. 6/2020.

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I LIMITI DELLA COMPENSAZIONE LEGALE IN CASO DI CONTESTAZIONE DEL CREDITO

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e Contenzioso n. 67/2020

L’istituto della compensazione rappresenta indubbiamente un importante strumento a disposizione delle imprese, poiché consente di ottimizzare la gestione della liquidità attraverso la monetizzazione dei crediti tributari da esse vantati.
In via generale, la possibilità di fare ricorso alla compensazione, intesa quale istituto che permette all’Amministrazione finanziaria e al contribuente, che siano contestualmente creditore e debitore l’uno dell’altro in forza di distinti rapporti giuridici, di estinguere le rispettive obbligazioni, è contemplata dall’articolo 8, comma 1, L. 212/2000.
Tale disposizione, che opera un rinvio alla comune disciplina del codice civile, ha carattere generale e valore immediatamente precettivo, essendo finalizzata a legittimare la compensazione in tutte quelle ipotesi che non abbiano già ricevuto una specifica regolamentazione. È verosimile infatti che il legislatore abbia introdotto la previsione in parola al fine di consentire l’esercizio di tale facoltà anche per tutta una serie di fattispecie non espressamente previste dalla legge.
Occorre però precisare che la norma citata, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, al successivo comma 8 del medesimo articolo 8 ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti in materia, demandando ad appositi regolamenti (ad oggi non ancora emanati) l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non è contemplato.
Conseguentemente, deve ritenersi che in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso è regolata da specifiche e inderogabili norme di legge.
Ed infatti, nella giurisprudenza di legittimità, si rinviene il costante confinamento dell’istituto della compensazione entro i limiti angusti della sua espressa previsione e regolamentazione, così come recentemente avvenuto con la sentenza n. 16463 del 31.07.2020, laddove la Corte di Cassazione si è spinta oltre, individuandone un limite nell’ipotesi in cui si abbia contestazione del credito, ovvero debba ancora essere accertato o riconosciuto.

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I LIMITI DELLA COMPENSAZIONE LEGALE IN CASO DI CONTESTAZIONE DEL CREDITO

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su “Accertamento e Contenzioso n. 67/2020

L’istituto della compensazione rappresenta indubbiamente un importante strumento a disposizione delle imprese, poiché consente di ottimizzare la gestione della liquidità attraverso la monetizzazione dei crediti tributari da esse vantati.
In via generale, la possibilità di fare ricorso alla compensazione, intesa quale istituto che permette all’Amministrazione finanziaria e al contribuente, che siano contestualmente creditore e debitore l’uno dell’altro in forza di distinti rapporti giuridici, di estinguere le rispettive obbligazioni, è contemplata dall’articolo 8, comma 1, L. 212/2000.
Tale disposizione, che opera un rinvio alla comune disciplina del codice civile, ha carattere generale e valore immediatamente precettivo, essendo finalizzata a legittimare la compensazione in tutte quelle ipotesi che non abbiano già ricevuto una specifica regolamentazione. È verosimile infatti che il legislatore abbia introdotto la previsione in parola al fine di consentire l’esercizio di tale facoltà anche per tutta una serie di fattispecie non espressamente previste dalla legge.
Occorre però precisare che la norma citata, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, al successivo comma 8 del medesimo articolo 8 ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti in materia, demandando ad appositi regolamenti (ad oggi non ancora emanati) l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non è contemplato.
Conseguentemente, deve ritenersi che in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso è regolata da specifiche e inderogabili norme di legge.
Ed infatti, nella giurisprudenza di legittimità, si rinviene il costante confinamento dell’istituto della compensazione entro i limiti angusti della sua espressa previsione e regolamentazione, così come recentemente avvenuto con la sentenza n. 16463 del 31.07.2020, laddove la Corte di Cassazione si è spinta oltre, individuandone un limite nell’ipotesi in cui si abbia contestazione del credito, ovvero debba ancora essere accertato o riconosciuto.

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LICEITÀ E MERITEVOLEZZA DELLA RIQUALIFICAZIONE DELLA DONAZIONE IN PATTO DI FAMIGLIA

Di Angelo Ginex, Avvocato e Ph.D. in Diritto Tributario, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Articolo pubblicato su "Patrimoni, finanza e internazionalizzazione n. 29/2020"

La donazione di aziende e partecipazioni sociali porta con sé tutte le problematiche derivanti dalla particolare causa che muove tale negozio giuridico.
Basti pensare all’obbligo di collazione di cui all’articolo 737 cod.civ. e all’azione di riduzione ex articolo 555 cod.civ., cui il donatario è esposto a seguito dell’apertura della successione mortis causa; oppure, si consideri l’azione di restituzione prevista dall’articolo 563 cod.civ. nei confronti del terzo avente causa, cui sia stata trasferita una partecipazione sociale dal donatario.
Tali ostacoli non si rinvengono invece nell’ipotesi in cui il trasferimento di aziende e partecipazioni sociali avvenga nell’ambito di un patto di famiglia.
Di qui, pertanto, la volontà di saggiare nel presente scritto la liceità e la meritevolezza del contratto di "riqualificazione" della donazione di aziende e di partecipazioni sociali in patto di famiglia.

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