LE CONSEGUENZE DELLE IRREGOLARITÀ NELL'ESERCIZIO DEI POTERI ISPETTIVI
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In materia di Iva e di imposte sui redditi, gli articoli 51, 52 e 63 D.P.R. 633/1972 e 32 e 33 D.P.R. 600/1973 individuano rispettivamente un articolato e differenziato quadro di poteri ispettivi che gli Uffici finanziari possono esercitare per la prevenzione e la repressione delle violazioni fiscali.
La generale estensione alla Guardia di Finanza di tali poteri è contemplata invece dall’articolo 1 R.D.L. 63/1926, a mente del quale agli appartenenti alla stessa “sono conferiti tutti i poteri e i diritti di indagine, accesso, visione, controllo e richiesta di informazioni che spettano per legge ai diversi Uffici finanziariincaricati dell’applicazione dei tributi diretti e indiretti”.
Come noto, i predetti poteri possono essere distinti in tre principali categorie:
- poteri che si caratterizzano per l’intervento diretto nei luoghi in cui il soggetto sottoposto o da sottoporre a controllo svolge la propria attività imprenditoriale o di lavoro autonomo ovvero in altri luoghi allo stesso riferibili;
- poteri che si connotano per la possibilità di inoltrare al soggetto sottoposto o da sottoporre a controllo richieste di informazioni o di documenti o inviti a comparire, allo scopo di acquisire elementi utilizzabili ai fini dell’accertamento nei suoi confronti;
- poteri che si connotano per la possibilità di inoltrare ad enti o ad organismi qualificati o a soggetti diversi richieste di informazioni o di documenti o inviti a comparire, allo scopo di acquisire elementi utili ai fini dell’accertamento del contribuente sottoposto o da sottoporre a controllo.
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PRESCRIZIONE QUINQUENNALE ANCHE PER L'IMPOSTA DI REGISTRO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
La Corte di Cassazione, con sentenza 26 gennaio 2018, n. 1997, è tornata ad affrontare la problematica relativa all'applicabilità dell’articolo 2953 cod. civ., riguardante la conversione del termine di prescrizione da breve a ordinario, in caso di decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione o opporsi avverso un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva.
Nella controversia sottoposta al suo esame, la Suprema Corte ha dovuto chiarire se il principio di diritto enunciato recentemente dalle Sezioni Unite, con sentenza 17 novembre 2016, n. 23397, risulti applicabile anche all'avviso di mora concernente l’imposta di registro.
Per comprendere meglio la soluzione prospettata dai Giudici di Piazza Cavour, è opportuno procedere ad una disamina del recente orientamento espresso in tema di contributi previdenziali.
Come noto, l’articolo 2953 cod. civ. stabilisce che, nel caso in cui la legge preveda un termine di prescrizione breve, questo si converte nel termine ordinario decennale, se riguardo ad esso sia intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato. La ratio sottesa alla norma in esame riguarda la forza del giudicato: esso è colpito non dalla prescrizione relativa al diritto cui esso si riferisce, ma dalla prescrizione sua propria, ovvero quella generale ordinaria, e quindi di dieci anni.
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TELEFISCO 2018: IRRETROATTIVA LA NUOVA IMPOSTA DI REGISTRO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
L’Agenzia delle Entrate, in occasione dell’annuale Convegno sulle novità in materia di norme fiscali (c.d. Telefisco 2018), ha fornito un importante chiarimento in materia di imposta di registro a seguito delle modifiche all'articolo 20 D.P.R. 131/1986 ad opera della legge di Bilancio 2018.
In estrema sintesi, la nuova formulazione della disposizione citata prevede che, al fine di applicare correttamente l’imposta di registro, l'interpretazione dell'atto presentato alla registrazione deve essere operata con esclusivo riguardo allo stesso, senza considerare qualsiasi elemento ad esso estraneo (ad esempio, atti collegati o altri elementi extra-testuali).
Ci si è posti dunque il problema relativo alla data di entrata in vigore della suddetta modifica: ovvero, essa opera retroattivamente oppure vale solamente per gli avvisi di accertamento effettuati dopo il 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge in esame?
Sul punto, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2007 del 26/01/2018, nella quale ha stabilito tout court l’irretroattività della nuova formulazione dell’articolo 20 D.P.R. 131/1986, sostenendo che “va affermato che l’articolo 1, comma 87, lett. a), della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio), non avendo natura interpretativa, ma innovativa, non esplica effetto retroattivo; conseguentemente, gli atti antecedenti alla data di sua entrata in vigore (1° gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati ad imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell’articolo 20 D.P.R. 131/86”.
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LA SENTENZA PENALE HA EFFICACIA DI GIUDICATO NEL PROCESSO TRIBUTARIO?
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Sovente gli atti tributari sono emanati dall'Amministrazione finanziaria sulla base del materiale probatorio emerso nel corso di indagini penali (ad esempio, processi verbali di ispezione e perquisizione, sequestri, verbali di dichiarazioni, brogliacci, intercettazioni e così via), a seguito dei rilievi fiscali eseguiti dalla Guardia di Finanza.
Secondo l’attuale assetto normativo, contenuto nell'articolo 20 D.Lgs. 74/2000 che ha introdotto il sistema del c.d. doppio binario, il procedimento amministrativo di accertamento e il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti, o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione.
Ciò significa che nessuna prevalenza è accordata ad un accertamento piuttosto che ad un altro e, pertanto, i due procedimenti e processi possono instaurarsi, proseguire e concludersi autonomamente.
Tuttavia, ciò non significa che il sistema delineato sia a compartimenti stagni, ma, al contrario, esso è caratterizzato da un apposito sistema di regole di comunicazione fissato dal legislatore e continuamente alimentato dalla giurisprudenza di legittimità.
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QUALI SONO I REQUISITI DI ACCESSO ALLA MINI VOLUNTARY DISCLOSURE?
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Tra le varie novità, il D.L. 148/2017 (“Collegato Fiscale”) ha previsto, all'articolo 5-septies, anche la c.d. mini voluntary disclosure, la quale rappresenta, in estrema sintesi, l’ennesima possibilità di regolarizzare le attività depositate su conti correnti esteri, versando il 3 per cento del loro ammontare.
In particolare, tale sanatoria risulta essere più circoscritta rispetto alla normale voluntary disclosure, dal momento che essa si rivolge soltanto ai soggetti:
- residenti fiscali in Italia (ovvero, ai loro eredi), in precedenza residenti all'estero, iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE);
- che hanno prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all'estero, in zona di frontiera o in Paesi limitrofi.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’istituto, esso viene limitato alle attività depositate e alle somme detenute su conti esteri derivanti dai redditi ...
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RUOLO IMPUGNABILE ANCHE DOPO SESSANTA GIORNI DALL'ESTRATTO
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
La conoscenza della iscrizione a ruolo mediante l’estratto di ruolo non comporta l’onere bensì solo la facoltà dell’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare successivamente, in ipotesi dopo la notifica di un atto “tipico”, la pretesa della quale il contribuente sia venuto a conoscenza. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 19 gennaio 2018, n. 1302.
La vicenda ha origine dalla impugnazione di una pluralità di iscrizioni a ruolo, di cui il contribuente asseriva di esserne venuto a conoscenza solo a seguito del rilascio degli estratti di ruolo, essendo mancata la notificazione delle cartelle di pagamento. La Commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso e la relativa sentenza veniva confermata all'esito del giudizio di appello dalla Commissione tributaria regionale della Campania. Avverso quest’ultima pronuncia l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione, cui aderiva, con controricorso contenente ricorso incidentale, l’Agente della Riscossione.
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UTILIZZO E VALENZA DELLE RISULTANZE DELLE INDAGINI FINANZIARIE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Con circolare 1/2018, la Guardia di Finanza, a distanza di ben dieci anni dal suo ultimo contributo, si è dotata di nuove direttive per contrastare il fenomeno dell’evasione e delle frodi fiscali, tenendo conto dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale intervenuta in materia.
Di notevole rilevanza è la questione relativa all'utilizzo e alla valenza della documentazione bancaria e finanziaria, dal momento che essa è l’unico materiale, fatta eccezione per la documentazione extracontabile relativa alla contabilità nera rinvenuta durante gli accessi fiscali, che attesta l’effettiva disponibilità di risorse finanziarie e la reale entità delle operazioni.
Gli articoli 32, comma 1, n. 2) D.P.R. 600/1973 e 51, comma 2, n. 2) D.P.R. 633/1972 attribuiscono alla documentazione bancaria e finanziaria efficacia probatoria di tipo presuntivo, con la conseguenza che si determina un’inversione dell’onere della prova dall’Amministrazione finanziaria al contribuente, il quale deve provare di aver tenuto conto di tali dati nell’elaborazione della dichiarazione.
La disciplina delle indagini finanziarie, contenuta nelle norme supra indicate, trova applicazione, segnatamente, con riferimento sia alle imposte sui redditi che all’Iva.
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UTILIZZO E VALENZA DELLE RISULTANZE DELLE INDAGINI FINANZIARIE
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Con circolare 1/2018, la Guardia di Finanza, a distanza di ben dieci anni dal suo ultimo contributo, si è dotata di nuove direttive per contrastare il fenomeno dell’evasione e delle frodi fiscali, tenendo conto dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale intervenuta in materia.
Di notevole rilevanza è la questione relativa all'utilizzo e alla valenza della documentazione bancaria e finanziaria, dal momento che essa è l’unico materiale, fatta eccezione per la documentazione extracontabile relativa alla contabilità nera rinvenuta durante gli accessi fiscali, che attesta l’effettiva disponibilità di risorse finanziarie e la reale entità delle operazioni.
Gli articoli 32, comma 1, n. 2) D.P.R. 600/1973 e 51, comma 2, n. 2) D.P.R. 633/1972 attribuiscono alla documentazione bancaria e finanziaria efficacia probatoria di tipo presuntivo, con la conseguenza che si determina un’inversione dell’onere della prova dall’Amministrazione finanziaria al contribuente, il quale deve provare di aver tenuto conto di tali dati nell’elaborazione della dichiarazione.
La disciplina delle indagini finanziarie, contenuta nelle norme supra indicate, trova applicazione, segnatamente, con riferimento sia alle imposte sui redditi che all’Iva.
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GLI EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE INTEGRATIVA A FAVORE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
Gli articoli 2, comma 8, e 8, comma 6-bis, D.P.R. 322/1998 stabiliscono che le dichiarazioni possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di decadenza dal potere di accertamento di cui agli articoli 43 D.P.R. 600/1973 e 57 D.P.R. 633/1972.
Ai fini delle imposte dirette, l’utilizzo in compensazione orizzontale del credito emergente dalla dichiarazione integrativa a favore:
- è sempre consentito in caso di credito derivante dalla correzione di errori contabili o di credito che scaturisce da una dichiarazione integrativa presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva;
- è consentito, con riferimento al versamento dei debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello di presentazione della dichiarazione integrativa, in caso di dichiarazione trasmessa oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ma entro il termine per l’accertamento.
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IL PAGAMENTO PARZIALE NON INTERROMPE LA PRESCRIZIONE
Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario
In tema di riscossione, il pagamento parziale delle somme iscritte a ruolo, se non accompagnato dalla precisazione della sua effettuazione in acconto, non può valere come riconoscimento del debito e, come tale, non è idoneo ad interrompere il corso della prescrizione. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 3 gennaio 2018, n. 18.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello territorialmente competente annullava l’intimazione di pagamento notificata alla società contribuente e dichiarava l’insussistenza del debito contributivo, fermi restando i pagamenti parziali già eseguiti, essendo il credito avente ad oggetto le residue somme portate nella cartella di pagamento non opposta estinto per intervenuta prescrizione quinquennale.
Pertanto, l’Inps proponeva ricorso per cassazione avverso la suddetta pronuncia di secondo grado, lamentando che la Corte territoriale:
1. non avesse ritenuto atti interruttivi della prescrizione i pagamenti parziali dei debiti portati nella cartella esattoriale in questione, eseguiti dalla società prima della maturazione del quinquennio;
2. avesse applicato la prescrizione quinquennale ai crediti azionati con le cartelle esattoriali non opposte.
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