AUMENTA LA LISTA DEGLI STATI CHE SI SCAMBIANO INFORMAZIONI AI FINI FISCALI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il rapporto OCSE indirizzato ai Ministri delle finanze dei Paesi del G20, riunitisi a Chengdu il 23 e 24 luglio 2016, fa il punto della situazione sulle procedure di scambio di informazioni ai fini fiscali tra i vari Stati, evidenziandone i progressi. Infatti, sono ormai 98 gli Stati o territori che hanno sottoscritto la Convenzione Multilaterale per la mutua assistenza ai fini fiscali.

Nel citato rapporto Ocse, si rileva che 55 Stati (compresa l'Italia) si scambieranno per la prima volta i dati nel 2017, con riferimento al periodo di imposta 2016. Altri 46 Stati procederanno allo scambio invece per la prima volta nel 2018, con riferimento al periodo di imposta 2017. Poi, vi sono gli Stati Uniti d'America, i quali procedono allo scambio secondo le regole FATCA.

Tra gli Stati che si sono impegnati allo scambio automatico delle informazioni ai fini fiscali per la prima volta nel 2018 vi sono a sorpresa Stati con giurisdizioni storicamente restie alla sottoscrizione della Convenzione Multilaterale, quali, ad esempio, Panama, Emirati Arabi Uniti, Libano e Hong Kong.

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AUMENTA LA LISTA DEGLI STATI CHE SI SCAMBIANO INFORMAZIONI AI FINI FISCALI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Il rapporto OCSE indirizzato ai Ministri delle finanze dei Paesi del G20, riunitisi a Chengdu il 23 e 24 luglio 2016, fa il punto della situazione sulle procedure di scambio di informazioni ai fini fiscali tra i vari Stati, evidenziandone i progressi. Infatti, sono ormai 98 gli Stati o territori che hanno sottoscritto la Convenzione Multilaterale per la mutua assistenza ai fini fiscali.

Nel citato rapporto Ocse, si rileva che 55 Stati (compresa l'Italia) si scambieranno per la prima volta i dati nel 2017, con riferimento al periodo di imposta 2016. Altri 46 Stati procederanno allo scambio invece per la prima volta nel 2018, con riferimento al periodo di imposta 2017. Poi, vi sono gli Stati Uniti d'America, i quali procedono allo scambio secondo le regole FATCA.

Tra gli Stati che si sono impegnati allo scambio automatico delle informazioni ai fini fiscali per la prima volta nel 2018 vi sono a sorpresa Stati con giurisdizioni storicamente restie alla sottoscrizione della Convenzione Multilaterale, quali, ad esempio, Panama, Emirati Arabi Uniti, Libano e Hong Kong.

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CARTELLE DI PAGAMENTO NON IMPUGNATE: LE SANZIONI SI PRESCRIVONO IN 5 ANNI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Si prescrivono in cinque anni le sanzioni derivanti da una cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione. La prescrizione decennale si applica solo se la definitività della sanzione deriva da una sentenza passata in giudicato. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza del 20 giugno 2016, n. 12715.

Nel caso di specie, nel ricorso introduttivo del primo grado di giudizio il contribuente aveva eccepito l'intervenuta prescrizione quinquennale, limitatamente agli importi per sanzioni e interessi. Tale eccezione veniva accolta dalla CTP. Di diverso avviso si mostrava la CTR, che difatti accoglieva l’appello proposto dall'Agente della riscossione.

Ebbene, la Suprema Corte, investita dell’esame della controversia, ha affermato che le sanzioni amministrative pecuniarie derivanti da una cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione si prescrivono in cinque anni.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale il diritto alla riscossione delle sanzioni previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente e in via generale la cosiddetta "actio iudicati"; mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall'art. 20 del D.Lgs. 472/1997.

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ACCERTAMENTO REDDITOMETRICO: BISOGNA DIMOSTRARE LA DURATA E L'ENTITÀ DEI REDDITI CHE INTEGRANO LA PROVA CONTRARIA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 13 luglio 2016, n. 14324, ha affermato che, in tema di accertamento c.d. redditometrico, il contribuente deve dimostrare la durata e l’entità dei redditi che integrano la prova contraria.

A tal fine, i redditi prodotti all'estero e fiscalmente irrilevanti in Italia possono quindi costituire prova contraria, se il contribuente dimostra che l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso possono costituire circostanze sintomatiche del fatto che la spesa per incrementi patrimoniali sia stata sostenuta proprio con tali redditi, non essendo invece necessaria la prova che l’esborso delle spese sia stato finanziato proprio tramite l’entrata di cassa rappresentata dai redditi esteri.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale l'art. 38 del D.P.R. 600/1973 (vigente ratione temporis) non impone che la prova contraria sia costituita dalla dimostrazione per cui le disponibilità finanziarie sono state utilizzate per sostenere la spesa relativa all'incremento patrimoniale contestato, ma richiede una dimostrazione documentale sintomatica del fatto che ciò sia potuto, ragionevolmente, accadere.

Quindi, non soltanto il contribuente deve provare l’entità delle disponibilità finanziarie, ma deve anche dimostrarne il possesso per un periodo di tempo sufficiente. In altri termini, non basta che i redditi o le risorse economiche siano transitate nella disponibilità del contribuente, ma è necessario che siano rimasti in suo possesso, così da escludere che possano poi essere stati utilizzati per un successivo investimento (cfr. Cass. nn. 8995/2014, 17663/2014, 25104/2014, 14885/2015, 22944/2015).

Tutto ciò in relazione al "vecchio accertamento" redditometrico, perché, per quello nuovo, dall'art. 38 del D.P.R. 600/1973 è stata espunta la frase "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione", il che potrebbe significare un onere probatorio attenuato rispetto a quello che la norma previgente poneva in capo al contribuente.

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IL GIUDICE TRIBUTARIO DEVE RIDETERMINARE L'IMPOSTA CORRETTA

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Laddove il giudice tributario ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può
limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 28 giugno 2016, n. 13296.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale il processo tributario non è annoverabile tra quelli di "impugnazione-annullamento", ma tra i processi di "impugnazione-merito", in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell'atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell'accertamento dell'Ufficio.

Nel caso di specie, invece, il giudice di appello aveva rimesso all'Ufficio l’onere, una volta verificato di essere "incorso nel grossolano materiale errore di computare anche l’IVA tra i maggiori ricavi" accertati, di "procedere al ricalcolo dei ricavi medesimi scorporando dagli stessi l’IVA erroneamente calcolata e rideterminare conseguentemente le imposte effettivamente dovute", nonché di "procedere all'abbattimento percentuale dei maggiori costi presumibili, correlati ai maggiori ricavi presunti" e di rideterminare le sanzioni irrogate mediante applicazione del regime del cumulo giuridico anche pluriennale (art. 6, comma 5, D.Lgs. 471/1997 e art. 12, comma 5, D.Lgs. 472/1997).

Pertanto, rimettendo alla parte pubblica tali attività, secondo la Suprema Corte, la CTR è venuta meno all'obbligo di accertare e determinare l'ammontare dell'imposta e delle sanzioni dovute dalla contribuente, "che è oggetto dei poteri del giudice tributario oltre che suo preciso dovere istituzionale" (cfr. Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 26157 del 2013).

In definitiva, la statuizione nella specie adottata dalla CTR si risolve sostanzialmente in una pronuncia parziale, sull'an della pretesa tributaria ma non sul quantum, in violazione del divieto, posto dall'art. 35, comma 3, del D.Lgs. 546/1992, di pronuncia da parte delle commissioni tributarie di sentenza di condanna generica, avente natura di sentenza non definitiva, come correttamente denunciato dalla contribuente nel ricorso per Cassazione.

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PUBBLICATA LA VERSIONE ITALIANA DELLE LINEE GUIDA SUL DAU

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L'Agenzia delle Dogane ha pubblicato, nell'apposita sezione denominata Nuovo Codice Doganale dell'Unione - CDU, la versione italiana delle linee guida sul DAU (Documento Amministrativo Unico) adottate dal Comitato codice doganale sezione integrazione e armonizzazione dei dati ed utilizzabili nel periodo transitorio.

La guida, anche se non è un atto giuridicamente vincolante, costituisce un utile strumento di ausilio nella compilazione delle dichiarazioni doganali, fornisce la base per interpretare e applicare in maniera uniforme le disposizioni dell’Unione ed è utilizzabile nel periodo transitorio durante il quale si applica, quanto ai dati richiesti per la presentazione delle dichiarazioni doganali, la nuova normativa opportunamente integrata per tener conto delle norme previste dal nuovo Codice Dell’Unione e dal regolamento delegato ed esecutivo.

Pur avendo un mero carattere esplicativo, atteso che le disposizioni giuridiche della normativa doganale prevalgono sul contenuto delle linee guida, quest'ultima si pone comunque come obiettivo principale quello di garantire un'interpretazione ed un'attuazione uniforme della normativa concernente il DAU da parte delle Amministrazioni doganali e degli operatori degli Stati membri nel periodo transitorio del CDU previsto all'articolo 2 dell'AD CDU.

Indubbiamente, tale guida rappresenta un valido aiuto perché fornisce informazioni dettagliate su una serie di questioni sollevate nelle note esplicative sull'uso del DAU nell'ADT. In particolare, fornisce un valido supporto in merito all'interpretazione da dare al concetto di esportatore/speditore, nonché in merito ai codici dei Paesi di esportazione e di origine, offrendo così un valido aiuto pratico per la compilazione passo dopo passo della dichiarazione.

Gli Stati membri si impegnano a seguirla e, ove se ne presenti la necessità allo scopo di mantenerla valida in futuro, a segnalare al gruppo di esperti CCEG-DIH gli eventuali miglioramenti da apportarvi per modificarla o integrarla.

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DAZI DOGANALI: PUBBLICATI I MODELLI PER LA RICHIESTA DI RIMBORSO O DI SGRAVIO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Con il comunicato dell'11 luglio 2016, l’Agenzia delle Dogane ha reso noto che sono disponibili, sul proprio sito, i modelli, elaborati sulla base dei requisiti indicati negli allegati dei Regolamenti UE nn. 2446 e 2447 del 2015, da utilizzare per chiedere all'Autorità doganale l’autorizzazione/decisione al rimborso o allo sgravio dei dazi all'importazione e all'esportazione.

Secondo quanto previsto dall'art. 116 del nuovo Codice Doganale dell’Unione europea (CDU), in vigore dal 1° maggio 2016, il rimborso o lo sgravio sono ammessi qualora sussista uno dei seguenti motivi:
- il dazio è stato applicato in eccesso;
- vi è stato un errore da parte delle autorità competenti (posto che l’errore non poteva essere ragionevolmente scoperto dal debitore e quest’ultimo abbia agito in buona fede);
- dalle circostanze del caso risulta chiaramente che il debitore si trova in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori che esercitano la stessa attività e che, in assenza di dette circostanze, egli non avrebbe subìto il pregiudizio della riscossione dell’importo del dazio all'importazione o all'esportazione (motivi di equità);
- la notifica dell’obbligazione doganale riguarda merci che sono state rifiutate dall'importatore perché, al momento dello svincolo, erano difettose o non conformi alle clausole del contratto.
Il rimborso dell’importo del dazio è altresì previsto nel caso in cui la dichiarazione doganale venga invalidata a norma dell’art. 174 del CDU.

I termini per la presentazione delle richieste di rimborso o di sgravio variano a seconda del motivo che le ha determinate e, ai sensi dell’art. 121 del CDU, sono:
1) entro tre anni dalla data di notifica dell’obbligazione doganale in caso di dazio applicato in eccesso, di errore delle autorità competenti o di rettifica per motivi di equità;
2) entro un anno dalla data di notifica dell’obbligazione doganale, in caso di merci difettose o non conformi al contratto;
3) entro i termini indicati dalla norma applicabile all'invalidamento, qualora ricorra quest’ultimo caso.

Tuttavia, l’Autorità doganale può procedere anche di propria iniziativa al rimborso o allo sgravio del dazio, entro gli stessi termini indicati per la presentazione delle richieste, qualora abbia constatato la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al punto 1 (e sempre che l’importo calcolato sia superiore a 10 euro).
Tale opportunità non è prevista, invece, nelle ipotesi di cui ai punti 2 e 3 (ovvero, merci difettose o non conformi e invalidazione della dichiarazione doganale).

A norma dell’art. 92 paragrafo 2 del Reg. UE 2446/2015, le domande di rimborso o sgravio possono essere presentate con modalità diverse rispetto ai procedimenti informatici previsti dall'art. 6 del CDU, conformemente alle disposizioni vigenti nello Stato membro interessato. Pertanto, come chiarito dalla circolare dell'Agenzia delle Dogane n. 8 del 19 aprile 2016, dette istanze possono ancora essere presentate dagli operatori manualmente, per posta ordinaria o raccomandata, via fax, ovvero tramite PEC.

L'istanza deve essere presentata all'Autorità doganale competente presso il luogo in cui l'obbligazione è stata notificata (la decisione è rimessa, invece, all'Autorità competente presso il luogo in cui è tenuta o è accessibile la contabilità principale del richiedente ai fini doganali).

In ogni caso, l’istanza deve essere accompagnata dalla documentazione e dalle informazioni necessarie all'Autorità doganale per adottare una decisione. Il soggetto tenuto alla presentazione dell’istanza è la persona che ha pagato o è tenuta a pagare l’importo dei dazi, ovvero qualsiasi persona ad essa succeduta nei diritti ed obblighi, mentre, secondo le indicazioni della citata circolare n. 8/2016, la domanda non può essere presentata da parte di coloro che operano in rappresentanza di tali soggetti.
Tuttavia, come evidenziato dal comunicato in parola, a seguito di specifico chiarimento fornito da parte della Commissione UE, tale ultima indicazione dell’Agenzia deve intendersi superata, per cui l’istanza può essere presentata anche dal rappresentante della persona che ha pagato o che è tenuta a pagare il dazio.

Si ricorda, infine, che, a decorrere dal 1° maggio 2016, tutte le istanze di rimborso o sgravio devono essere presentate secondo le disposizioni previste dal nuovo CDU, anche laddove le stesse siano riferite ad operazioni doganali effettuate entro il 30 aprile 2016, vale a dire in vigenza del precedente codice doganale.

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COMUNICAZIONI IN ARRIVO PER I CONTRIBUENTI DESTINATARI DI PVC

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

Al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione di specifiche categorie di contribuenti elementi e informazioni di cui è in possesso e ad essi riferibili.

In particolare, dall'analisi dei dati presenti nel sistema informativo dell'Anagrafe tributaria, sono stati individuati i contribuenti sottoposti a controlli fiscali conclusi con la consegna di un processo verbale di constatazione (c.d. PVC) di violazione di norme tributarie.

Con provvedimento del 15 luglio 2016, l'Agenzia delle Entrate individua le modalità di comunicazione - al contribuente e alla Guardia di Finanza - delle informazioni riguardanti i c.d. PVC.

I dati contenuti nelle comunicazioni sono:
- codice fiscale e denominazione/nome e cognome del contribuente;
- anno d'imposta dei rilievi riportati nel processo verbale di constatazione.

L'Agenzia delle Entrate trasmette la comunicazione agli indirizzi PEC attivati dai contribuenti ovvero, in mancanza, per posta ordinaria. La comunicazione è consultabile, da parte del contribuente, anche all'interno del cassetto fiscale.

Il contribuente può richiedere informazioni ovvero segnalare all'Agenzia delle Entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti. Infine, può regolarizzare le violazioni constatate mediante il ravvedimento operoso, beneficiando della riduzione delle sanzioni a 1/5 del minimo, presentando una dichiarazione integrativa o una prima dichiarazione qualora non siano decorsi i termini ordinari di presentazione.

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I CHIARIMENTI DELLE DOGANE IN MATERIA DI RAPPRESENTANZA DOGANALE, GARANZIE E VALORE DEI BENI

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

In data 19 aprile 2016, l’Agenzia delle dogane, con Circolare n. 8/D/2016 e Provvedimento n. 45898/2016, ha dettato le regole applicative del nuovo quadro normativo doganale in vigore dal 1° maggio 2016.

Come già evidenziato, l’Unione europea ha rinnovato la disciplina in materia di scambi internazionali, adottando una serie di complessi provvedimenti di carattere regolamentare (tra tutti il nuovo codice doganale dell’Ue di cui al Regolamento n. 952/2013) che necessitano, però, di una disciplina attuativa nazionale che illustri e dettagli le modalità operative che permettano ai player nazionali di agire nel mercato globale senza soluzione di continuità.

A tale esigenza ha fatto per ora fronte l’Agenzia delle dogane con i due documenti di prassi sopra citati, che affrontano e illustrano le novità applicative da un punto di vista giuridico e sostanziale, il primo, e tecnico-operativo, il secondo.

Un primo intervento arriva, in materia di rappresentanza in dogana che, come noto, può ancora assumere le due forme classiche della rappresentanza:
- diretta, se il rappresentante agisce in nome e per conto di un'altra persona;
- indiretta, se il rappresentante agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona.

Se è confermato che per la modalità indiretta non esistono limiti, potendo questa essere esercitata da chiunque, il ruolo di rappresentante diretto potrà essere svolto solo dal soggetto che integri alcuni requisiti indicati all'articolo 39, lettere da a) a d) del codice. Potranno, pertanto, esercitare secondo la modalità diretta i doganalisti, i CAD, tutti i soggetti AEO, nonché altri soggetti valutabili come idonei (ad esempio, soggetti la cui attività ha per oggetto la fornitura di prestazioni di servizi e di consulenza di carattere tributario e/o doganale o che hanno un’organizzazione aziendale che prevede un’adeguata struttura interna appositamente dedicata alla gestione di attività connesse a servizi doganali, in possesso o meno dello status di AEO).

Chiarimenti arrivano poi sul tema delle garanzie, dove è esplicitata la prevalenza del diritto unionale su quello nazionale e la forte riduzione dell'istituto dell'esonero nazionale dal prestare cauzione, previsto dall'articolo 90, Tuld (Testo unico delle leggi doganali). Infatti, laddove le disposizioni unionali prevedono l'obbligo della garanzia per il dazio e gli altri oneri dovuti, risulta inapplicabile l’articolo 90, Tuld, mentre nei casi in cui la garanzia sia richiesta a sola copertura del dazio ed il suo utilizzo avvenga nel territorio nazionale, invece, sarà ancora possibile ricorrere alla norma italiana, limitatamente però alla sola fiscalità interna.

Ancora, in tema di depositi doganali privati viene precisato che, poiché non esisteranno le diverse modalità operative prima in essere (tipo C, D, E), la gestione sarà unificata e, si ritiene, tendenzialmente solo contabile. Inoltre, si sottolinea la novità riguardante la possibilità di utilizzare, per i depositi, il metodo dell'equivalenza (ad esempio, per merci con lo stesso codice NC e le stesse caratteristiche commerciali e tecniche), oltre all'immagazzinamento comune di merce unionale, non unionale ed equivalente.

Per l’esportazione, poi, si chiarisce un altro tema che ha molto agitato gli operatori economici; è precisato che il soggetto titolare del regime di export deve essere stabilito nell'Ue, tale non essendo, ad esempio, il mero rappresentante fiscale e dovendo le imprese extracomunitarie individuare un rappresentante doganale da indicare nel campo 2 della dichiarazione doganale.

In ultimo, ancorché tramutate in operazioni presso luoghi designati, le limitazioni oggettive (ad esempio, merci soggette ad accisa, Cites, armamenti, etc.) vigenti nell'ambito delle procedure di domiciliazione sono confermate.

Valore dei beni in dogana
Con Nota prot. n. 69073/2016, l’Agenzia delle dogane ha pubblicato la traduzione italiana del documento comunitario contenente le linee guida del valore in dogana.

Lo strumento illustra gli orientamenti della Commissione al fine di garantire l’uniformità tra le diverse Autorità doganali della Ue nell'interpretazione e nell'applicazione concreta delle disposizioni del Codice doganale UE che riguardano il valore di transazione e i corrispettivi e diritti di licenza (royalties). Se, come accaduto nel caso dell’individuazione della figura del soggetto “esportatore”, la posizione italiana e quella comunitaria non sempre coincidono, in materia di valore i dettami di Bruxelles vengono “acriticamente” recepiti dalla nostra autorità doganale.

Fin da prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice doganale dell’Unione, avvenuta lo scorso 1° maggio, i servizi della Commissione hanno emanato una serie di documenti di lavoro (Taxud), diretti ad illustrare le novità apportate ai principali istituti doganali. Tra questi si segnala il documento Taxud B4/2016 n.808781 del 28 aprile 2016, redatto, in tema di valore, dal comitato degli esperti del Valore in dogana.

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BREXIT: OPERAZIONI DA E VERSO I PAESI FACENTI PARTE DEL REGNO UNITO

Di Angelo Ginex, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario e Avvocato, Ginex & Partners Studio Legale Tributario

L’uscita del Regno Unito dall'Unione europea dovrà seguire più fasi:
- il Regno Unito dovrà notificare al Consiglio europeo la sua decisione di voler lasciare l’Unione europea;
- l’Unione europea dovrà negoziare e concludere un accordo con il Regno Unito per definire l’uscita, l’accordo infatti dovrà essere adottato da una maggioranza qualificata degli Stati membri;
- l’accordo finale deve essere approvato dal Parlamento europeo attraverso un voto di maggioranza semplice.

Si prevede che questa procedura potrà protrarsi per i due anni successivi allo scorso 23 giugno 2016; solo allora il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall'Unione europea con la conseguenza che fiscalmente dovrà essere trattato come un Paese extra-Ue.

Adempimenti ancora in vigore
Nella considerazione che per ora nulla è cambiato in merito alle operazioni effettuate dagli operatori nazionali da e verso i Paesi facenti parte del Regno Unito, andiamo di seguito a riepilogare in sintesi gli adempimenti da compiere in caso di cessione o acquisto di beni e servizi verso e da tale paese.

Cessione intracomunitaria di beni e servizi
La fattura relativa alle cessioni intracomunitarie di beni deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, indicando che si tratta di operazione non imponibile ex articolo 41, D.L. 331/1993. Tali fatture devono essere annotate distintamente nel registro di cui all'articolo 23, D.P.R. 633/1972, secondo l’ordine della numerazione ed entro il termine di emissione, con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.
Per le prestazioni di servizi effettuate ad un soggetto passivo debitore d’imposta in altro Stato Ue, la fattura andrà emessa senza Iva ex articolo 7-ter e colui che riceverà la fattura dovrà applicare il meccanismo della "inversione contabile".

Acquisti intracomunitari di beni e servizi
Per gli acquisti intracomunitari e per le prestazioni di servizi, rilevanti territorialmente in Italia, occorre procedere alla integrazione e numerazione della fattura, indicando il controvalore in euro della base imponibile se espressa in altra valuta e l’ammontare dell’Iva secondo l’aliquota vigente.
Tali fatture vanno annotate distintamente secondo l’ordine della numerazione:
- nel registro delle fatture emesse di cui all'articolo 23, D.P.R. 633/1972, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento, ma con riferimento al mese precedente;
- nel registro degli acquisti di cui all'articolo 25, D.P.R. 633/1972, entro i termini stabiliti dall'articolo 19, D.P.R. 633/1972, ossia entro la scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo.
Restano inoltre validi gli obblighi di iscrizione al Vies e di compilazione e invio dei modelli Intrastat.

Possibili conseguenze della Brexit
L’Europa, da una parte, e il Regno Unito, dall'altra, potranno stabilire dazi doganali sugli scambi commerciali che provocheranno, chiaramente, l’aumento dei prezzi dei beni ceduti/acquistati.
Sarà dovuta l’Iva sulle importazioni in misura maggiore in quanto i dazi concorreranno all'accrescimento della base imponibile dell’imposta. Inoltre il versamento di tale imposta sul valore aggiunto non potrà più effettuarsi con il meccanismo dell’inversione contabile, applicabile ai soli acquisti intracomunitari, ma dovrà avvenire in dogana.
Non sarà più possibile chiedere il rimborso dell'Iva previsto per gli acquisti Ue; la possibilità per le imprese che acquisteranno nel Regno Unito di ottenere il rimborso dell'imposta sarà subordinata alla stipulazione di appositi accordi bilaterali.
Inoltre l'azienda inglese, ormai fuori dall'Unione europea, dovrà, in caso di operazioni svolte nel nostro paese, dotarsi di stabile organizzazione ovvero agire attraverso un rappresentante fiscale e non potrà più adottare la disciplina della identificazione diretta. Chiaramente lo stesso varrà per le imprese europee che opereranno nel Regno Unito.

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